I libri hanno bisogno di noi

"E' incalcolabile il potere indeterminato dei libri" durante la vita, che cambia come cambia la lettura di quel libro. I libri come "chiave d'accesso (..) per arricchire la nostra esistenza" ricreando un testo nel comprenderlo. Solo complicità tra autore e lettore? Il giudaismo è ossessionato dal testo (il letteralismo della Sinagoga che accecava) che rischia di diventare auctoritas nelle capziosità dei commenti rabbinici etc.Il cristianesimo cerca il libero pneuma dello spirito, fuori dal contratto tra la Parola e il Mondo, tra Logos e significato. Gli ebrei si omologano? Il commento ha una logica inerziale ,l'oralità aiuta fuori dalla rimemorazione, pur se nell'istantaneità. "la genialità non lineare dei vangeli sinottici sembra derivare da una forte tensione tra un'oralità sostantiva e una scrittura performativa". San Paolo entra nella retorica, nell'allegoria strategica, nel paradosso e nella pena straziante. La cristologia paolina confluisce nel cattolicesimo romano : sant'Agostino, Tommaso d'Aquino etc.I protestanti poi hanno un atteggiamento più centrale sulla lettura del Libro. La rivoluzione digitale e la realtà virtuale che effetti hanno sulla lettura dei libri? "In un mondo di monotonia asettica, precondizionata, ogni giorno muoiono centinaia di migliaia di esseri umani sui nostri schermi televisivi (..) Lo studioso, il lettore autentico, lo scrittore, è permeato della spaventosa intensità della narrativa, è formato per rispondere al più alto grado d'identificazione con il testuale, con il fittizio" , Conclude l'A.: abbiamo il privilegio di vivere queste nostre passioni stringendo tra le mani la meraviglia di un nuovo libro...

Saggio delizioso. Nonostante la sua brevità, sa come catturare l'interesse del lettore. Ovviamente non fatevi ingannare dal titolo: non è un'apologia o un elogio del libro.

Nel primo e nel terzo dei tre saggi che compongono questo volume di George Steiner, l'illustre critico (Parigi, 1929) esibisce una sua appassionata, vibrante, devota, apologia del libro, "oggetto" culturale e di culto a cui ha dedicato tutta la vita, da quando, a sei anni, suo padre iniziò a leggergli Omero, Shakespeare, Heine. E del libro indaga con arguta intelligenza teoremi e corollari, introducendo il lettore alle sottili distinzioni tra testo e percezione del testo, al mistero dell'incontro con la lettura (talvolta casuale) che può cambiare la vita, alla "neurochimica" dell'atto creativo: e poi al ruolo collaborativo del lettore, alla ottusa perfidia del potere che si esprime nella censura, alla vitalità eterna dei personaggi romanzeschi capaci di sopravvivere ai loro creatori, al destino futuro dell'editoria davanti all'implacabile avanzare di nuove tecniche informatiche, al declino inevitabile della lettura tradizionale, basata su memoria, concentrazione, silenzio, competenza letteraria. Se questi due saggi sono espressi in uno stile accattivante e con temi totalmente condivisibili, è invece il secondo testo del volume ad offrire al lettore spunti di riflessione più originali e polemici, capaci di suscitare permalosità e discussione. Con il titolo di "Il popolo del libro", Steiner esamina da ebreo il rapporto del popolo ebraico con la scrittura, che per due millenni si è totalmente identificata con Le Scritture, mettendone in luce la pericolosa ossessione per l'esegesi, che ha immobilizzato la cultura ebraica in una sostanziale aridità letteraria e filosofica per molti secoli. Ma proprio in questa sua intransigente fedeltà alla "lettera" Steiner individua la particolare passione del popolo ebraico, capace di garantirne la millenaria sopravvivenza a dispetto di ogni persecuzione.