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Un film la cui visione non lascia nulla, se non forse il senso di non aver capito bene la trama.
Il film La Linea è come una sorta di tributo alla "Linea di Sbadigli". Più che costruire un film James Cotten sembra solo scimmiottare il genere noir a cui aspira. La sua opera si rivela fatalmente un involucro (neanche tanto attraente) con il nulla dentro: un vuoto pneumatico in cui viene inserito un cast di discreto spessore, ma che qui è al minimo sindacale di espressioni facciali e di recitazione in genere. Quella che all'inizio sembra essere strutturata come una tragedia shakespeariana presto diventa il solito action thriller di dubbia fattura, e di impostazione paratelevisiva a cui neanche le varie sorprese finali riescono a dare un tono e un aspetto un po' più rispettabile. E poi sinceramente basta con questi traumi psicologici repressi e/o rimossi e/o confinati in un angolino di cervello pronti a venir fuori esattamente nel momento sbagliato. Basta anche di Escort dal cuore d'oro; uno dei cliché più abusati nei polizieschi e affini. Peccato per Andy Garcia: un quasi morto che resuscita, e Ray Liotta, killer dal cuore di panna e vaniglia, e dal cervello che sta andando in pappa a forza di psicofarmaci. Non sono questi i film che possono risollevare le loro quotazioni ultimamente abbastanza in ribasso. Di Mexico se ne vede pochino; di nuvole ancora meno. In compenso c'è Danny Trejo: il suo volto in questo genere di film è sempre presente. Mentre ormai sembra diventata un'abitudine far interpretare il ruolo del prete a Armand Assante.
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