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Ho appena finito di leggere “Lontano dal tramonto”, questo romanzo scritto a quattro mani da Alessandro Baila e Luciano Da Ros, e non posso nascondere un filo di commozione. Sì, perché alla fine del libro non rimane che riflettere alcuni minuti sulla domanda che si è obbligati a porsi: «perché non esiste veramente un uomo come Matteo?» E la risposta è che se ci fosse, lo chiamerebbero Gesucristo e lo inchioderebbero ad una croce, probabilmente. No, qui la religione c’entra poco. Matteo, il protagonista antieroe schiacciato dal peso di una vita inutile, incarna quella parte di ognuno di noi che si ribellerebbe al lato oscuro della società, se solo ne avessimo il coraggio e l’opportunità di farlo. Il resto delle domande è già sorto durante la lettura e ha avuto risposta di volta in volta: “è possibile che in una società civile si debba subire una vita del genere? Quanti Matteo esistono al mondo? E quante mogli e quanti figli di Matteo? Voglio essere anch’io Matteo? E soprattutto, quanti piccoli e grandi pazienti potrebbero essere aiutati a vivere meglio il dramma della sofferenza fisica, se solo un Matteo qualsiasi stringesse loro la mano, solo per il desiderio di farlo?". Matteo è un umile gigante, un Marcovaldo dei giorni d’oggi che scopre di essere più potente di qualsiasi liturgia o terapia d’urto. E questa potenza viene non altro che dalla semplicità di un gesto di cui troppo spesso si dimentica la portata. Il contatto umano. E allora perché la realtà è così differente? Vi lascio cercare la risposta tra le pagine di questo libro breve ma toccante. Una “Fiaba moderna,” per citare la frase del sottotitolo, che deve far riflettere su quanto un gesto di semplice e gratuito altruismo possa avere un valore immenso per chi non si aspetta più nulla dall’esistenza.
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