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Anno edizione: 2018
Hanif Kureishi conferma ancora una volta la qualità della sua scrittura, densa, ironica e provocante, in questi racconti brevi e saggi (...). Sono testi che parlano della Londra bohémien degli anni sessanta e del suo presente multiculturale, della complessità del rapporto padre-figlio, ma anche delle riflessioni sui mutamenti sociali e sui flussi migratori, all’epoca del crollo dell’impero britannico e nella nostra confusa contemporaneità.
Come spesso accade con questo prolifico autore, lo stile rivela interessi di carattere psicologico e filosofico indicativi della sua formazione, con riferimenti da Winnicott a Nietzsche, da Freud a Kant. In parallelo vi sono altri accenni importanti, come la musica, altra grande passione per Kureishi, da David Bowie ai Velvet Underground. Al ruolo dello scrittore, e al rapporto fra arte e realtà in generale, sono dedicate alcune parti che offrono lo spunto per osservare il senso dell’identità, ma anche uno strumento di comprensione del mondo (...). Fra i temi significativi presenti in questa raccolta vi sono la diaspora, l’immigrazione, il razzismo, la cui valenza culturale e sociale si applica sia alla Gran Bretagna del dopoguerra sia al mondo contemporaneo, e che l’autore affronta nella scrittura creativa, e anche a livello critico.
Se oggi come ieri vi sono grotteschi figuri che seminano odio e incitano le folle, occorre ripensare alla dimensione vera dell’uomo, alla sua dignità e al suo valore, poiché “ciascuno di noi è un migrante venuto da qualche parte, e se ce lo ficchiamo bene in testa forse potremmo anche arrivarci da qualche parte: tutti assieme”.
Recensione di Esterino Adami
Kureishi da un capo all’altro dei sentimenti
Da un capo all’altro dei sentimenti c’è lui, Hanif Kureishi. Conclamato nelle sue opere più felici, nei romanzi e nelle raccolte di short stories, confermato dai saggi brevi e dai racconti d’occasione, già comparsi su alcuni quotidiani e riviste, anche in Italia, e adesso raccolti nel volume Love + Hate. Racconti e saggi (195 pagine, 17 euro), tradotto da Davide Tortorella. Quest’ultimo libro, dedicato al figlio Sachin, pubblicato come tutti gli altri in Italia da Bompiani, rinsalda, se ce ne fosse bisogno, il legame con la sua storica casa editrice. Nel senso che Kureishi è uno dei pochi nomi di grido che non ha seguito Elisabetta Sgarbi – poche affinità elettive? – nel mare aperto de La Nave di Teseo, un pesce grosso che ha preferito nuotare per conto proprio, continuando a farlo in mezzo a onde conosciute.
Sono storie di opposti e contrasti, quelle presenti nell’ultima raccolta. Storie che hanno sempre affascinato Kureishi, per nulla intenzionato a rallentare o concludere anzitempo la pubblicazione di opere (come spiegava in questa recente intervista). Che scriva un acuto saggio su Kafka («progenitore onnipotente» lo definisce, dopo aver sviscerato perché…), di quanto sia inesorabile la terza età, di una truffa subita (e del sentimento ambivalente per chi l’aveva ingannato, sottraendogli i risparmi di una vita), dei suoi figli o di suo padre (anche quando scrive di Kafka), o un surreale racconto in cui un aereo non atterra mai, lo scrittore de Il budda delle periferie e Nell’intimità finisce sempre per essere affascinato dalle contraddizioni, declinandole ogni volta in modo diverso: i contrasti fra generazioni, fa genitori e figli, i conflitti fra mariti e mogli (leggere, per credere, Il corridore), fra individui nati a diverse latitudini.
Nella forma breve, a volte brevissima, di questi suoi “pezzi”, Kureishi si conferma eclettico e colmo di immaginazione come nei precedenti decenni di carriera, in cui ha saputo misurarsi con romanzi, testi teatrali, sceneggiature cinematografiche. Si diverte a scandagliare i sentimenti in ogni loro paradosso, in ogni piega struggente, lo scrittore anglo-pakistano, in particolare le sfumature della disperazione, il rancore e il rammarico, le debolezze umane, il razzismo come droga della politica, in definitiva più odio che amore, probabilmente.
Recensione di Micol Treves
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