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È il 63 a.C., e Marco Tullio Cicerone, homo novus, è candidato al consolato. Concorrenti sono, con altri, Gaio Antonio Ibrida e Lucio Sergio Catilina. È probabilmente in questo contesto che il fratello minore Quinto scrive il Commentariolum petitionis, un vero e proprio “vademecum elettorale” che prescrive all’illustre oratore una serie di norme di comportamento mirate a creare le condizioni per la non facile elezione. Marco Tullio fu eletto console. A distanza di piú di venti secoli, questa testimonianza offre uno sconcertante confronto tra le tecniche di conquista del consenso praticate nell’antica Roma e quelle in uso oggi.
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Lo stato romano di età repubblicana non può certo essere considerato una repubblica in senso moderno, poiché il diritto di voto era di fatto esercitato solamente da una porzione molto ridotta degli aventi diritto. Eppure l'attitudine dei cittadini antichi nei confronti della cosa pubblica può ancora offrire spunti attuali: la bontà politica di questo lavoro, che Quinto Cicerone rivolge al più celebre fratello maggiore, è ben sottolineata dalla presentazione di Giulio Andreotti.
Breve trattato di propaganda elettorale che l'autore scrive nel 64 a.C. ad uso non solo del suo più famoso fratello Marco Tullio Cicerone (candidato ad un posto da Console della Repubblica romana) ma soprattutto dei suoi potenziali elettori. Il libretto, con testo latino a fronte, è corredato da una lunga e dettagliata introduzione del latinista e filologo classico Paolo Fedeli. Lettura interessante per il suo valore di testimonianza storica, per certi aspetti ancora attuale, lo si può considerare un anticipatore delle tesi sostenute nel 1513 da Niccolò Machiavelli nella sua celebre opera Il Principe: "Il fine giustifica i mezzi".
Quando ho visto il nome dell'autore ho subito pensato che il libro fosse una parodia. Invece no: l'autore è il fratello minore di Cicerone, che gli scrisse questo libretto su come fare per riuscire a farsi eleggere console nel 64 a.C. Molti di questi consigli sono utilizzabili ancora oggi, e quindi non è un caso che il libro sia stato ripubblicato in prossimità delle politiche del 2006. Il guaio è che questo è per l'appunto un "commentariolum", quindi occupa poche pagine. Anche rimpolpandolo con il testo a fronte e aggiungendo un'introduzione forse più lunga del testo, occorreva ancora inserire del materiale e così possiamo trovare anche due testi del Vero Cicerone: la concisa <em>Lettera ad Attico</em>, scritta mentre pensava di entrare in campagna elettorale, e l'orazione <em>In difesa di Murena</em>, tenuta mentre era console e a favore di un altro candidato al consolato. Vabbè, anche questi testi sono a loro modo interessanti. Ma nonostante introduzione e note in gran copia, confesso di non essere riuscito a trovare uno schemetto conciso che spiegasse quali erano le cariche elettive nella Repubblica e soprattutto come avvenissero effettivamente le elezioni al consolato. Chissà, forse non sono state ritenute sufficientemente degne.
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