Utopia

L'album comincia bene con 2 canzoni cantate bene e dal ritmo elettrico che si fonde bene con i flauti e altri strumenti più classici. Poi arriva una quaterna di canzoni (The Gate, Utopia, Body Memory e Features Creatures) che riportano Bjork ad essere "inascoltabile": esagerata la sinfonia, troppi cinguettii e angeliche visioni. Sembra a volte che la musica vada da una parte e il testo da un'altro, senza una vera e propria armonia. Poi tutta la seconda parte è un andare indietro e avanti tra sinfonie eteree e campionamenti più evidenti. Ormai Bjork non è più una cantante, ma un'artista da studiare come un grande pittore e scultore. La sua è arte che non pensa più forse al grande pubblico che ascolta le sue canzoni, ma alla creazione stessa che soddisfa solo chi la crea. Comunque un passo avanti nei confronti del precedente e pesante Vulnicura.

un'artista con la "A" maiuscola, più unica che rara. ogni nuovo lavoro è un viaggio musicale indescrivibile e indimenticabile

Bjork torna gioiosamente all'armonia nella melodia, flauti, arpa, violoncello, contrabbasso cuciono la trama musicale di Utopia riportando l'elfo islandese a suggestioni da fiaba grazie anche ai cinguettii di uccelli tropicali e l'elettronica gentile di Arca che legano tutti i brani dell'album. Il Disco non ha certo il groove irresistibile del trittico londinese Debut/Post/Homogenic, ma ha un'anima vispa e vibrante con tenui rimandi a Vespertine e Drawing Restraint 9 e l'abito sonoro solo all'apparenza scarno di Medulla. Brulicante.