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Sam Shepard (1943), autore drammatico, sceneggiatore e attore di grande e meritato successo, scrisse questo testo teatrale nel 1986. Con la prefazione di Claudio Gorlier, venne pubblicato in Italia dall'editore Costa&Nolan due anni dopo. Passati quasi trent'anni, "A Lie of the Mind" (chissà perché reso con un plurale) mantiene tutta la sua carica di violenta denuncia delle ipocrisie familiari e sociali, delle sconfitte ideologiche e politiche, delle ambiguità morali che fanno da sfondo a un' America in dissolvimento: genialmente metaforizzata dalla sua bandiera che alcuni protagonisti ritrovano nascosta sotto un letto, e di cui si rivestono e con cui si travestono, strappandosela vicendevolmente di dosso, calpestandola, e infine ripiegandola per riporla ingloriosamente in un cassetto. I sei personaggi dei tre atti in questione sono membri di due diverse famiglie, una del Montana e una californiana, imparentate tra loro non solo attraverso il matrimonio tormentato di Beth e Jake, ma anche da un comune destino di incomprensioni e difficoltà economiche, di sopraffazioni e fallimenti esistenziali, di malattie mentali e alcolismo. In una società maschilista, i padri se ne vanno di casa, i figli si ribellano, i mariti picchiano le mogli, i fratelli vagheggiano incesti, le donne tentano di resistere... Shepard fornisce accuratissime indicazioni di scena, segnalando anche i giochi di luce che devono illuminare i doppi ambienti in cui si situano contemporaneamente azioni e attori, con una tecnica da effetto cinematografico, che riesce anche ad alternare nei dialoghi notazioni assolutamente prosastiche e marginali (aprire le lattine di birra, sfilare i calzini, cucinare minestroni, scuoiare cervi...) con affermazioni più riflessive ("Dovrebbe essere tutto il contrario! La parte peggiore della vita dovrebbe venire per prima e non per ultima! Perché la tengono in serbo per quando si è troppo vecchi per poterci fare qualcosa?")
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