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Un libro molto complesso, non di facile lettura anche se i temi trattati sono molto interessanti.
Testo capitale per dissipare molti dubbi e fraintendimenti tanto sulla dottrina particolare dell’India tradizionale quanto, per analogia, sulle dottrine simili delle altre tradizioni sul delicato argomento del post-mortem (non mancano infatti accostamenti tra l’una e le altre). Filippi, con precisione accademica unita a una competenza che fa sospettare una confidenza con le dottrine tradizionali di tipo iniziatico, fa luce non solo sui diversi passaggi implicati dalla morte profana (alla morte iniziatica è dedicato un altro, e più recente, volume), ma anche sui rigorosi rituali previsti dalla dottrina vedica per assicurare all’anima del morto un viaggio senza intoppi verso il pitri-yana (la porta degli antenati), e soprattutto sulla condizione di esistenza psichica (svapna-sthana) che, prima e dopo l’incarnazione, concerne qualunque jiva/anima. Testo dalla cui lettura, comunque, s’evince da un canto che la morte non è nulla di più, o nulla di meno, che un passaggio da un condizione di esistenza a un’altra, ovvero che a ogni morte corrisponde necessariamente una rinascita su un altro piano, e nondimeno che questo passaggio di soglia è un momento critico, che comporta rischi non di poco conto.
Libro molto interessante ed esaustivo. Aiuta il lettore a comprendere e conoscere l'approccio degli indiani nei confronti della morte scevro da fatalismo e, comunque, molto diverso da come la cultura occidentale lo ha interpretato e lo interpreta tutt'ora
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