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Contravvenendo alla lezione di Hegel e di Nietzsche, che reputano presunzione o illogicità pronunciare un giudizio sul mondo, questo testo lo fa. Più precisamente, esprime una protesta nei confronti del mondo, al quale contesta il “vizio”, l’errore originario di ospitare la molteplicità, di presentarsi come l’arena abitata da molteplici individui, di essere il luogo della non-immediatezza in cui innumerevoli individui devono mediarsi tra loro e lo fanno essenzialmente confliggendo e raccontando-contrapponendo ciascuno agli altri la sua verità, senza che sia possibile stabilire quale sia la verità. Rensi è colui che pronuncia l’atto di accusa contro il reale, di cui ha analizzato e sofferto l’assurdo con particolare profondità. Kierkegaard è l’autore che, per un verso, offre argomenti a favore della doverosità per l’uomo di conciliarsi col tempo e di integrarsi e svolgere un ruolo nello scacchiere storico-sociale, ma, per altro verso, risolve il suo pensiero in rivendicazione di una presa di distanza radicale dal mondo fino ad evocare-invocare con la sua stessa scrittura filosofica la figura del nulla.
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