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Libro di grande erudizione, molto ben scritto, di lettura avvincente e gradevole. Presuppone una conoscenza preliminare non superficiale dell'epopea napoleonica. Nel complesso presenta tutti gli snodi fondamentali della vita dell'imperatore con chiarezza ed efficacia anche dal punto di vista della qualità letteraria; l'opera è supporta da una bibliografia imponente. Da leggere eventualmente in connessione con la bibliografia di Lefebvre.
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Per descrivere la struttura di questa biografia si può immaginare un disegno a cerchi concentrici e in parte sovrapposti che riproducono ciascuno il profilo del protagonista su scale sempre diverse. Napoleone è anzitutto l'archetipo dell'eroe romantico; l'uomo che, per quanto imbevuto di cultura illuminista e partecipe dei valori della Rivoluzione francese, incarna contemporaneamente, nella sua vicenda biografica ed epocale, il superamento di quegli ideali e la loro ricomposizione in un quadro diverso. Si tratta di una prima e più ampia cornice cui corrisponde subito dopo un'altra figura di dimensioni più ridotte. Napoleone, infatti, esprime la sintesi storica possibile che l'esperienza rivoluzionaria ha prodotto, e al tempo stesso la trascende o la contamina con elementi spuri. La sua biografia è la "la storia di una Rivoluzione che si era fatta impero"; contemporaneamente, però, per una lunga stagione la storia francese sembra coincidere con l'esistenza di un uomo sempre pronto a seguire "un disegno suggestivo e impreciso", che nel suo delinearsi segna una coincidenza, a tratti stupefacente, tra vicenda personale e spirito dei tempi.
In ogni momento della parabola questa doppia chiave di identificazione fornisce l'orizzonte entro cui incanalare il racconto. Si prendano, ad esempio, le vicende militari che hanno largo spazio nel libro. Le capacità strategiche di Napoleone risultano eccezionali anzitutto perché il materiale umano adoperato trova in lui una convincente personificazione delle idealità rivoluzionarie, sia quando vengono declinate in termini di eguaglianza delle opportunità e non più di disequilibrio cetuale all'interno dell'armata, sia quando si presentano come affermazione della nazione unita contro le vecchie dinastie europee. Pure, la forza della nazione in armi viene poi utilizzata per costruire un edificio imperiale che è guidato soprattutto dalla preoccupazione di fondare e consolidare una nuova dinastia.
Se questa è la cornice generale del lavoro, a essa corrisponde una nitida periodizzazione che fissa la scansione biografica in modo da marcarne i punti di svolta essenziali. Alle due estremità della parabola napoleonica stanno le date del 1793 e del 1812. La preistoria di Bonaparte finisce quando, in rotta con Paoli, decide di non tornare più in Corsica. Da quel momento la sua personalità, svincolata dalle anguste rivalità isolane, può spaziare su orizzonti più ampi: la Francia rivoluzionaria prima, l'Europa imperiale poi. Quasi venti anni dopo, la conclusione disastrosa della campagna di Russia segna la fine di quella "singolare coincidenza tra avventura collettiva e vita personale che aveva, fino a quel momento, caratterizzato l'epopea napoleonica". Quasi a metà strada tra questi due momenti, il punto di svolta è in un episodio che non vede Napoleone protagonista: la disfatta di Trafalgar.
La sconfitta navale priva la Francia della flotta e ridimensiona inevitabilmente la portata delle sue iniziative. Fino a quella data la prospettiva di uno sbarco in Inghilterra e la possibilità di esportare oltremanica la Rivoluzione aveva una sua, sia pur problematica, plausibilità. Dopo Trafalgar, l'avventura napoleonica si vede costretta all'orizzonte continentale europeo; i profili rivoluzionari si stemperano e si accentuano quelli imperiali. La perdita della flotta costringe Napoleone al vano tentativo di un'egemonia continentale per imporre il blocco economico e commerciale verso l'Inghilterra. Blocco che si configura come un'impropria ideologia in contrasto con la realtà del tempo e "con lo spirito profondo dell'epoca". In definitiva, limitata allo scenario dell'Europa continentale, la politica estera napoleonica risulta sempre squilibrata. La radice rivoluzionaria e la precaria legittimità rendono l'impero un convitato impossibile dell'equilibrio europeo. Troppo debole per imporre un ridisegno completo del continente, troppo forte per farsi accettare nella polifonia delle potenze.
Sul piano della resa storiografica Trafalgar inserisce nel racconto una nota di disincanto: i fuochi delle conquiste militari brillano con un fascino maggiore, perché la sorte dell'eroe è già segnata. In altri termini il realismo storiografico, la presa in considerazione dei fattori geopolitici dell'equilibrio e del concerto di stati, serve a uno scopo espressivo che riporta alla prima e più ampia cornice: Napoleone come epitome del romanticismo, annuncio enigmatico e numinoso della modernità.
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