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Anno edizione: 2023
Anno edizione: 2006
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bellissimo libro,molto originale,humor nero,fiabe al contrario,un po kafkiano. Consiglio di leggerlo
Se c'è una storia di quello che accadde con l'olocausto diversa dai soliti drammi è quella raccontata in questo libro. Max Shultz il genio criminale che ci tocca nel più profondo dell'anima è il personaggio più freddo che si possa trovare nelle pagine dei libri tg. marcos y marcos,non è poi così difficile che queste cose siano potute accadere, un libro che si legge volentieri ed in fretta, riesce anche a far divertire, in certi punti si resta increduli, ma c'è sempre quel senso di amaro, perchè quello che viene tradito in questo libro è l'amicizia ed il senso di aiuto che la famiglia Finkestein da a Shultz...Un capolavoro per chi volesse aprire gli occhi.
Bel libro, scritto bene, riesce a coinvolgerti e quindi a farti schifo in alcuni punti e ad incuriosirti su altri. Una storia con delle fondamenta crude e molto credibili. Duro e da interpretare. Divertente non mi pare e la redenzione beh, più che altro è autoillusione di Max Schulz. Davvero consigliato.
Recensioni
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Occorre innanzitutto spiegare il motivo della pluritraduzione interessante dal punto di vista della ricezione. Hilsenrath nato nel 1926 a Lipsia in una famiglia di ebrei orientali dopo molte vicissitudini emigrò negli Stati Uniti nel 1951. Nel 1964 fu pubblicato il suo primo romanzo in Germania in soli mille esemplari negli Stati Uniti con grande successo. Questo il secondo uscì nell'ordine negli Stati Uniti in Italia (Mondadori 1973 tradotto dall'inglese) Francia e Gran Bretagna. Nel 1975 Hilsenrath si stabilì a Berlino e finalmente trovò un editore e l'attenzione che meritava ricevendo nel corso degli anni molti importanti premi letterari.
L'io narrante Max Schulz è ariano ma sembra la caricatura di un ebreo e cresce in un quartiere prevalentemente ebraico di una cittadina tedesca; il suo migliore amico è un ragazzo ebreo biondo con gli occhi azzurri Itzig Finkelstein (diminutivo di Isacco ma anche termine spregiativo con cui i tedeschi chiamavano gli ebrei e dunque improbabile come nome di battesimo). Max impara dai Finkelstein il mestiere di barbiere le preghiere la lingua e le usanze ebraiche ma poi aderisce con slancio al nazionalsocialismo entra nelle SA poi nelle SS e diventa sterminatore in un lager. Alla fine della guerra si appropria di un sacco pieno di denti d'oro e dell'identità dell'amico d'infanzia che ha probabilmente ucciso lui stesso. Ma non basta: lo sterminatore si fa circoncidere tatuare un numero di Auschwitz e con una carta d'identità da displaced person eccolo trasformato nel borsaro nero ebreo Itzig Finkelstein. Decide quindi di emigrare in Palestina dove torna a fare il barbiere combatte per il paese diventando un eroe della guerra dei Sei giorni si sposa e fa carriera.
In questa edizione come in quella tedesca Max muore dopo aver inscenato con un vecchio giudice ebreo tedesco il processo allo sterminatore che però non ha una conclusione perché non esiste punizione che possa riconciliarmi con le mie vittime mentre nell'edizione americana Dio lo vorrebbe condannare per aver seguito la corrente; Max però rifiuta la condanna perché Dio è più colpevole di lui e non può giudicarlo essendosi limitato a guardare. La diversità dei due finali non è cosa da poco; l'autore ha scelto per l'edizione italiana il meno duro.
Evidentemente non è vero che dopo Auschwitz non si può più fare poesia: la cifra del grottesco e della satira anche se inusuale è una possibilità concreta naturalmente per uno scrittore ebreo perché come dice Hilsenrath i tedeschi sono diventati filosemiti e non oserebbero. Non sorprende l'odissea editoriale degli inizi; prima della serie americana Holocaust la Shoah era un argomento spinoso da evitare e Hilsenrath ebbe parecchie critiche. Questo romanzo è a tratti sgradevole la banalità del male vi è dimostrata paradigmaticamente: Max Schulz ha il cervello bacato forse perché il patrigno lo violentava fin da neonato ma non odia gli ebrei anche se afferma di averne uccisi circa diecimila tanto che è perfettamente integrato in Israele dimostrazione vivente dell'intercambiabilità dell'identità umana.
Il complesso lavoro della traduttrice sembra riuscito anche se personalmente era preferibile una completa traduzione ex novo dal tedesco; il testo risente talora del plurilinguismo: i giornali tedeschi vengono citati con incongrui titoli inglesi e la ballata di Goethe Erlkönig è intitolata Il re degli eruli (tribù germanica) anziché degli ontani (alberi). Complimenti al disegnatore Lorenzo Lanzi per la riuscita sintesi di copertina.
Marina Ghedini
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