No Shame

Con il suo quarto album Lily Allen ha raggiunto la maturità artistica. Abbandonando il mainstream e soprattutto le sonorità del precedente lavoro, in questi nuovi 14 brani (tra i produttori compare Mark Ronson) lascia trasparire tutta la propria vulnerabilità senza alcun filtro, con testi intimi, personali, autobiografici, il tutto accompagnato da melodie leggere e a tratti parlate, mescolando pop, elettronica, tropical-house, un pizzico di trap, il tutto condito da un (forse troppo eccessivo) utilizzo di autotune – che comunque con la voce di Miss Allen non guasta affatto. Non avrà scalato le classifiche, ma sicuramente Lily può ritenersi più che soddisfatta, avendo rilasciato, a mio personalissimo parere, il miglior album del 2018, nonché composto i migliori testi. Ben tornata Lily!

Finalmente, dopo 4 anni da "Sheezus", Lily Allen ritorna con No Shame, il cui titolo, in due parole, racchiude il contenuto del disco. Nelle varie canzoni, Lily si mette in discussione apertamente, ci racconta dei problemi con l'alcohol, delle critiche ricevute sul suo essere mamma o star, delle sue relazioni, su ogni aspetto della sua vita, con il suo solito stile ironico e pungente, ma anche riflessivo e audace. Un album che oltre a spaziare tra vari temi, spazia anche tra vari generi: il sound catchy di Cake, quello minimal di Higher, gli xilofoni di Lost My Mind, il raggae di Your Choice. Un altro grande album targato Allen.