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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2015
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L’anziano farmacista, Nino Sgarbi, padre di Vittorio, viste riconosciute le sue capacità narrative, in questo secondo romanzo ci stupisce nuovamente. Prosegue infatti con piacevole sicurezza ad ampliare le sue memorie, ricostruendo nuovi fatti, approfondendo ricordi di persone e avvenimenti che hanno caratterizzato la sua vita. Il suo narrare è molto ampio e ricco di sensibilità. E’ talmente bravo a raccontare, che riesce persino a far parlare i silenzi. Da leggere
Perché un libro così bello e pieno di poesia mi lascia un amaro in bocca? Cosa manca a queste belle pagine per passare dalla prosa delicata al canto d’Amore? Ripercorrendo i quadri della sua vita Giuseppe mi stupisce con la sua pacata saggezza e sembra d’essere a tavola con lui mentre racconta di se e dei suoi trascorsi. Parole che mi fanno vibrare di simpatia ed emozione. Ma alla fine manca qualcosa, ed è evidenziato dall’ultima poesia dialettale che cita, quel “fiàt” che forma il titolo dell’ultimo capitolo. Se tutta la poesia, i silenzi, gli incontri del suo trascorso portano a questo banale finale, a che serve? Se non abbiamo una “missione” da compiere, come dice in un’altra poesia citata, cosa serve essere dei semplici spettatori di un’opera che non ci vede protagonisti? Ecco cosa mi manca in queste pagine, il passaggio dal gusto estetico, presente in maniera enorme in questo libro, al gusto etico. La mancanza della ricerca di un perché del bello che ha sapientemente raccontato. Che è venuto a fare Gesù se alla fine non incontrerò il Suo sguardo e come Pietro non scoppierò in pianto? Tutto il bello esiste ed è bello che venga cantato. Ma alla fine ha ragione Ungaretti .. … Fa piaga nel Tuo cuore la somma del dolore che va spargendo sulla terra l'uomo; il Tuo cuore è la sede appassionata dell'amore non vano. Cristo, pensoso palpito, astro incarnato nell'umane tenebre, fratello che t'immoli perennemente per riedificare umanamente l'uomo, Santo Santo che soffri, maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo, Santo che soffri per liberare dalla morte i morti e sorreggere noi infelici vivi; d'un pianto solo mio non piango più. Ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri. Possiamo anche fare da spettatori e bearci del creato, ma ciò che bramo è incontrare quello sguardo e piangere non più da solo.
Una sorprendente abilità nello scrivere e ancor più nel penetrare il cuore del lettore. Una persona piena di voglia di vivere, che ha vissuto una vita piena di esperienze e di incontri, con una immensa cultura e passione per la buona lettura, che ha tradotto in pagine piene di poesia e di amore. Amore per la natura, la famiglia, il lavoro di farmacista, il fiume Po, la terra, il mulino dei genitori, il cinema, la caccia, la pesca. Con semplicità descrive la sua esperienza di vita, utilizzando con estrema cautela e precisione le parole adatte a tradurre concetti e pensieri che diventano universali, proprio perché comuni a tante persone, scavando dentro di noi e facendo emergere emozioni che aspettano il momento giusto per rivelarsi. Un vero scrittore e poeta della vita e della morte, che affronta senza timore alcuno, epilogo naturale e inevitabile di ogni uomo. Complimenti per lo stile, la lucidità, l'entusiasmo e anche per la ritrosia e la timidezza con cui affronta il suo pubblico durante la presentazione dei suoi libri. Una persona ricca di sentimenti, di simpatia, di umiltà. Un uomo maturo, ma anche fortunato (per sua stessa ammissione), che ha saputo ascoltare i silenzi della natura e apprezzare le cose belle della vita e gli affetti familiari, traducendo i suoi ricordi e le sue emozioni in pagine toccanti. Pare incredibile che sia solo alla sua seconda opera letteraria. Perché non ha trovato prima il tempo e la voglia (o il coraggio) di misurarsi con i suoi maestri?
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