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Descrizione


"Simulacro della voce narrante, nostra Signora dei Turchi si ricongiunge all'orale come corpo minerale della lingua e come edificio vocale della scrittura. Le molte voci del romanzo sono, d'altro canto, le voci ritornanti di chi è in grado di ascoltare ancora sia il minerale sia i residui filamentosi dell'organico: voci di storie barbare e di sangue antico; voci della interiorità di un morto, sopravvissute nelle reliquie di 'lettere non spedite', favoleggianti portentosi incontri di cavalieri bianco-piumati con ancelle, misericordiose 'infermiere per amor dell'arte'. Voci, sempre e comunque voci, che narrano la risonanza interiore della scrittura da esse impregnata e sequestrata. Voci come minerali preziosi dell'orale-barocco, di una infinita piegatura dell'essere fra l'ascolto e il narrato." (Dall'introduzione di Maurizio Grande)
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Dettagli

2
2005
Tascabile
23 marzo 2005
144 p., Brossura
9788845233487

Valutazioni e recensioni

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Sandro G '74
Recensioni: 5/5

Dissacrante, iconoclasta ma a suo modo spirituale, poetico, folle, filosofico, sperimentale e visionario. Grande artista, grande antipatico, grande opera letteraria. Si consiglia la visione (molto psichedelica) dell'omonimo film, nonchè della trasposizione teatrale.

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Margherita Barile (MB)
Recensioni: 5/5

Visioni. Colte di striscio, dal dormiveglia di una lucida follia. Carmelo Bene coltiva il sonno della ragione come l’alba di una nuova dimensione psichica, in cui la verità si declina in onirica frenesia, in un vertiginoso gioco di sovrapposizioni sceniche. Il suo teatro mentale fa scorrere, dietro le quinte, gli sfondi del passato e del presente, che si scoprono contigui nella poesia di chi crede fortissimamente che niente al mondo sia mai stato immaginato invano. Il protagonista narrante è attore e direttore delle danze, comparsa che nessuno ha mai visto, che predica al deserto, che ha per compagni solo fantasmi, santi, madonne, presenze inesistenti. L’invasione turca della penisola salentina è la drammatica realtà storica che, nella solitudine di un disperato tentativo di vivere oltre il tempo, può essere convertita in una sgargiante e sofferta fantasia, per dare spessore umano, carnale, spirituale ad una rievocazione che è l’interminabile recita di un oggi sconfinato: un giorno ribelle, che ha scelto di rimanere fuori dal calendario, per poter essere inclassificabile e universale, abbracciare l’amore e l’odio, la gioia e il dolore, l’appariscenza e il nascondimento. Il testo letterario si gonfia al vento di un pensare incessante che non dà pace agli attimi, affollandoli di suggestioni pulsanti che fanno a gara per arrivare per prime al cuore. Leggere quelle pagine, senza interpunzioni logiche né suddivisioni cronologiche, è come lasciarsi trascinare dalla corrente irriverente di un divenire che punta ad un assoluto sui generis, sfaccettato di mille relativismi, tutti magistralmente orchestrati da un genio che non ha paura di nulla, nemmeno della contraddizione. Perché il suo eroismo è cavalcare la coerenza attraverso la foresta infuocata del Caos, per uscirne grottescamente cambiato, ma, in definitiva, più se stesso che mai.

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Il Bene che in assoluto preferisco è l'artista che va a braccio in qualsiasi trasmissione e supera se stesso, ogni sterile dialogo, ogni inutile ascolto e ogni bieco formalismo demolendo nella genialità irraggiungibile del dire, o non dire(diciamo dello sdire come vorrebbe lui) qualsiasi patologica e orrenda normalità. Il teatro è come la vita, non si spiega, Carmelo aveva ragione. Ma anche in questo meraviglioso scritto c'è il seme istrionico e la grandezza poetico filosofica dell'autore in tutte le loro paradossali alate capriole. Tributo al padre e a una terra mai abdicata, racconto di folle disperata perfezione e di sensibilità rarissima.

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Carmelo Bene

1937, Campi Salentina (Lecce)

Figlio di genitori molto credenti, compie i primi studi classici presso un collegio di Scolopi, e li conclude dai Gesuiti. Nel 1957 si iscrive all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, per lasciarla l'anno dopo considerandola inutile. Debutta come attore nel 1959 a Roma quale protagonista del Caligola di Albert Camus. Successivamente diventa regista di se stesso, iniziando a compiere un'opera di manipolazione integrale dei classici, da lui chiamata «variazioni». Esplode infine il «caso Carmelo Bene»: Alberto Moravia, Angelo Maria Ripellino, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini sono solo alcuni degli intellettuali che vengono affascinati da lui. Comincia poi l'esperienza cinematografica, prima come attore nel film di Pasolini Edipo Re, poi come regista del film Nostra...

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