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Terzo romanzo di Nathacha Appanah, trasferitasi in Francia dalle isole Mauritius dove è nata e cresciuta, Le nozze di Anna ne conferma le qualità di scrittura e d'inventiva. Colpisce, nella leggibilissima produzione di questa scrittrice poco più che trentenne, la capacità di cambiare luoghi, storie, personaggi. E anche genere narrativo. Dal breve e intenso romanzo storico, Le rocce di Poudre d'Or, in cui narrava le drammatiche vicende degli indiani reclutati a fine Ottocento nell'India britannica per farli a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero delle Mauritius; a Blue Bay Palace, storia di un amour fou ambientata nell'isola in cui la scrittrice è nata e di cui coglie l'artificiosa trasformazione in meta turistica di lusso, Appanah passa qui a una storia tutta francese. Non solo perché è ambientata a Lione, ma perché l'oggetto dell'osservazione è il molto francese e molto borghese matrimonio di una figlia osservato con gli occhi perplessi e talora increduli della madre. "Devo raccontare lentamente. Con calma, senza fretta. Aspettare che le parole si stacchino dal profondo di me stessa" esordisce la voce narrante, quella della madre, svegliandosi all'alba il giorno del matrimonio. E in un lungo flashback ricostruisce la propria storia di donna, immigrata in Francia da molti anni, scrittrice di discreto successo nonché editor soddisfatta di una rivista femminile, e madre di una figlia che ha perseguito con successo sia la propria carriera sia un'inquieta sottolineatura di differenza da colei che l'ha cresciuta, da sola, mantenendo una sorta di fedeltà al ricordo del padre della ragazza, un compagno di studi di molti anni prima. Sottolineatura che costringe la madre a una costante e spesso spiritosa autocoscienza. Che porterà, proprio il giorno del matrimonio, a un epilogo inaspettato, di profondo e amichevole riconoscimento reciproco.
Anna Nadotti
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