Le origini dell'universo

“Se credete di aver capito la teoria dei quanti, vuol dire che non l'avete capita”… Questo detto, forse apocrifo, attribuito a R. Feynman è la prima cosa che mi è venuta in mente dopo la seconda rilettura del libro di Barrow, un’opera che negli intenti dell’autore vorrebbe essere divulgativa. Purtroppo la esotericità delle attuali conoscenze (o supposizioni) sulla meccanica dell’infinitamente piccolo e sulle sue correlazioni con l’infinitamente grande (giustappunto l’universo) fa sì che un lettore di media cultura ma non specialista (come il sottoscritto) si trovi a fissare nella mente una serie di concetti indubbiamente interessanti, e tali da essere usati con profitto “pour epater le bourgeois” lasciandoli cadere con nonchalance in una conversazione da cocktail, ma che vanno accolti un po’ come atti di fede. Verrebbe da pensare che la posizione degli “addetti ai lavori” sia migliore, se non fosse che guardando alle attribuzioni dei Nobel per la fisica degli ultimi decenni vediamo premiati con uguale convinzione studiosi che sono i paladini di teorie spesso opposte tra di loro e mutualmente inconciliabili le une con le altre… Il cammino della scienza risulta quindi correttamente come una serie successiva di approssimazioni, senza forse che si possa mai giungere alla certezza assoluta…poiché, per parafrasare (come ama fare Barrow stesso) Sherlock Holmes, “l'universo è infinitamente più strano di tutto ciò che la mente dell’uomo possa inventare”…