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Come in Cristo si è fermato a Eboli e Le parole sono pietre anche questo libro è a tutti gli effetti una commistione fra romanzo e saggio, per quanto, nel caso specifico, l'analisi storica prenda il sopravvento, fornendo un quadro altamente esauriente di come lo spirito originario della Resistenza fu ben presto soffocato dalla caratteristica tipica di noi italiani, vale a dire un radicato conformismo che fa di ogni occasione di rinnovamento un semplice paravento, dietro il quale si cela sempre un immobilismo, una difesa ottusa del privilegio che sarà ben delineata in seguito da Tomasi di Lampedusa con Il Gattopardo. E così tutto cambia per restare poi uguale, una verità sacrosanta che possiamo verificare qutidianamente. Del resto Levi aveva ben individuato i mali insanabili di questo paese, dominato da una burocrazia del tutto ottusa e da una classe politica avulsa dalle reali esigenze dei cittadini, una vera e propria casta che negli anni si è di fatto impadronita del potere, delegato da un popolo ancora lontano dalla consapevolezza dei suoi diritti e incapace di concretizzare un'autentica democrazia. Nel libro risuonano così del tutto retoriche parole come libertà, potere al popolo, democrazia. Esse sono semplicemente degli specchi messi ad arte per non riflettere ciò che nascondono e così l'ideale di profondo rinnovamento della Resistenza si è perso assai velocemente per strada nell'Italia derelitta del dopoguerra; venuto meno l'impulso della guerra di liberazione, tutto si è afflosciato e così si è ancora una volta gettata al vento un'opportunità storica, ma forse perché le rivoluzioni abbiano successo non devono avere mai fine. L'orologio è senz'altro un libro eccellente che, se non ha il pathos proprio di Cristo si è fermato a Eboli, è tuttavia una testimonianza storica unica e del tutto indipendente. Da leggere, senz'altro, per meglio comprendere il presente.
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