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Le pareti della solitudine - Tahar Ben Jelloun - copertina
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pareti della solitudine

Descrizione


Momo, il protagonista di questo romanzo, è un immigrato nordafricano “inventato” dall’autore per farsi portatore di una lucida denuncia del razzismo, in un’opera letteraria dal grande respiro poetico.

Arrivato a Parigi negli anni ’70, Ben Jelloun ha lavorato come psicologo in un centro per le malattie psicosomatiche: qui ha incontrato e ascoltato per anni un centinaio di pazienti nordafricani, entrando così in quel mondo emotivo segreto che gli immigrati custodiscono, spesso ignorati dal resto della società. Cosa sognano? Cosa soffrono? Come sopportano la mancanza, la solitudine, il desiderio, le privazioni fisiche? Per Ben Jelloun nessun approccio scientifico o saggistico può davvero raccontare la verità di queste esperienze, solo la letteratura può tentare di farlo. Così nasce Momo, il protagonista di questo romanzo, un immigrato nordafricano “inventato” dall’autore per farsi portatore di una lucida denuncia del razzismo, in un’opera letteraria dal grande respiro poetico.
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Dettagli

2017
29 giugno 2017
112 p., Brossura
9788893441421

Valutazioni e recensioni

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A.C.
Recensioni: 5/5

Una descrizione realistica e facilmente contestualizzabile al giorno d'oggi degli immigrati, dei loro sentimenti e di come possono vivere il cambiamento. Quello che secondo me affascina è vedere le cose dal punto di vista dell'altro e riuscire a mettersi nei loro panni.

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alida airaghi
Recensioni: 3/5

Lavorando come psicologo con gli immigrati nordafricani a Parigi, Jelloun capiva che il rapporto da stabilire con loro (tutti uomini giovani e soli, poiché allora non si prevedeva il ricongiungimento familiare) doveva utilizzare strumenti esplorativi e curativi basati sul colloquio, sulla solidarietà e sulla comprensione. “Ero al centro di un disperato disagio, che non si poteva sospettare incontrando quegli uomini grigi e un po’ stanchi che passavano la domenica a sognare il paese lontano o a fare la coda davanti a un sordido albergo, dove qualche prostituta accettava di alleviare un po’ la loro solitudine”. Per raccontare questa esperienza, vissuta sulla sua pelle di studioso ma anche di immigrato marocchino, immaginò un giovane di cui ricostruire il passato attraverso squarci di malinconica nostalgia, di rabbiosa protesta e rivendicazioni economiche, sindacali e sessuali, con tutto l’odio e il rancore di chi si vede privato di ogni dignità e di ogni futuro. Jelloun non conosce remore nel descrivere in prima persona l’abbruttimento fisico a cui il protagonista si riduce: la scarsa pulizia, i rapporti promiscui, la masturbazione, le fantasie malate. Lo fa alternando monologhi e descrizioni poetiche, dialoghi surreali e brani di giornali, brani di lettere e favole riemerse da ricordi dell’infanzia, utilizzando anche gli strumenti della retorica e delle immagini più abusate, per rendere esplicita quale e quanta sia l’angoscia di chi si riduce a vivere come una larva. Nelle due lunghe e meditate introduzioni al romanzo, l’autore si sofferma sulla questione tormentata dell’immigrazione africana in Europa, sulle derive prive di qualsiasi prospettiva politica del razzismo: lo fa con la pacatezza di chi ha meditato per anni sul fenomeno, e con l’empatia dello psicologo e dell’artista. Sapendo che per il mondo occidentale non c’è altra speranza di salvezza che questa: “L’avvenire sarà nel meticciato, nella mescolanza dei colori, delle spezie e delle immaginazioni”.

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Tahar Ben Jelloun

1944, Fès

Tahar Ben Jelloun è uno scrittore marocchino di religione islamica. In Italia ha pubblicato molti volumi tra saggi, opere di narrativa e poemi. Ha trascorso la sua adolescenza a Tangeri e ha compiuto gli studi di filosofia a Rabat. Ha insegnato in un liceo a Tétouan e a Casablanca ed è stato collaboratore del magazine «Souffles». Dal 1971 vive a Parigi. Suoi articoli in Italia appaiono di frequente su «La Repubblica»; ha collaborato anche con «Il Corriere della sera», «Panorama», «L'Espresso». Scrive inoltre per «Le Monde». Per il profondo messaggio del libro Il razzismo spiegato a mia figlia (Bompiani 1998) gli è stato conferito dal segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il Global Tolerance...

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