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Il racconto di un'avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell'uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Un classico da rileggere a Natale.
«Nella letteratura di ogni paese ci sono libri che sono come monoliti. Il pastore d'Islanda è uno di questi» – Jòn Kalman Stefànsson
Chi non l'ha mai bevuto in una buca nella terra, a trenta gradi sotto zero e in mezzo a un deserto di montagne e tempesta, non sa cos'è un caffè.
Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica d'Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. Nessuno osa sfidare il buio e il gelo dell'inverno islandese per accompagnarlo nella rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare sull'aiuto dei suoi due amici più fedeli: il cane Leó e il montone Roccia. Comincia così il viaggio dell'inseparabile terzetto, la «santa trinità», come li chiamano in paese, attraverso l'immenso deserto bianco, contro la furia della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo, cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo. È qui che Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in realtà «la condizione stessa dell'esistenza», con il compito cui non può sottrarsi e che porta avanti fiducioso, costi quel costi, in un continuo confronto con gli elementi e con se stesso, per riconquistare un senso alla dimensione umana. Nella sua semplicità evocativa, Il pastore d'Islanda è il racconto di un'avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell'uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Esce per la prima volta in Italia un classico della letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato Hemingway per Il vecchio e il mare, considerato in Islanda il vero canto di Natale.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
..quando finirete di leggerlo vorrete subito ricominciare, ritornare nel freddo dell' Islanda in un tempo lontano e indefinito. un racconto che vi scalderà pagina dopo pagina.
Coinvolgente ed edificante, questo racconto mette in pace l'animo, come un fuoco caldo nel gelo invernale.
In queste giornate, quello di leggere racconti sul Natale é un piccolo rito che dedichiamo ai bambini. Ma piace anche a noi adulti, per ritrovare, in una dimensione più intima, i valori che stanno alla base di questa festa, e che allo stesso tempo sono valori universali, che ci accomunano indipendentemente dal proprio credo. Sono tanti i racconti che sanno farci sentire il senso reale di concetti come quello di attesa, di cura, di attenzione, di fratellanza. È il caso di questa breve e intensa parabola di Gunnar Gunnarsson rivolta a noi adulti e che ci condurrà nel bianco più consistente del remoto paesaggio innevato islandese. Arrancheremo nella bufera, affonderemo nella neve soffice e alta accompagnando il pastore Benedikt, il cane Leo e il montone Roccia, nella loro personale missione per salvare dal freddo polare le pecore smarrite tra i monti e che nessuno ha reclamato. In questa avventura che precede il Natale, in queste condizioni estreme, Benedikt e i suoi amici Leo e Roccia, la loro saggezza spontanea e semplice, l’autenticità del loro rapporto con una Natura maestosa e dominante, ci ricordano la necessità di recuperare a una dimensione più umana nella vita quotidiana, nei rapporti con le persone, guardando a ciò che ha effettivamente valore. Un bellissimo racconto, puro e profondo, che ci allontana dal rumore delle feste restituendoci le condizioni per una riflessione.
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