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I lavori di Glissant sono poco tradotti in Italia, ma ottimamente, il che offre ai lettori non francofoni la possibilità di avvicinarsi a un eminente intellettuale. D'altronde, la lingua francese non è certo l'unico ostacolo che si frappone tra i lettori italiani e l'opera di Glissant: il filosofo usa infatti la lingua in modo difficile e volutamente opaco; i termini scelti sono densi di significati, portatori della loro stessa etimologia, di contaminazioni con altre lingue, in particolare con la lingua creola, e di assonanze con parole straniere. Anche l'argomentare è ostico: i frammenti e i capitoli che si susseguono sulla pagina scaturiscono l'uno dall'altro a seguito di improvvise illuminazioni, per il lettore fonte di ispirazione, nonché traccia da seguire per approfondire le tematiche più prossime. Le pagine di Glissant possono anche insegnare molto sulle Antille, e soprattutto sulle articolazioni del pensiero che questo arcipelago può suscitare. Il lettore europeo è affascinato, infatti, dai sottili quanto solidi legami che uniscono l'attenzione per le Antille al discorso filosofico, il dato paesaggistico al ragionamento. La comparazione tra la condizione umana e ciò che all'autore è dato per esprimerla – le storie, le geografie, le lingue e i linguaggi delle Antille – sottende il discorso glissantiano e si fa più proficua per chi antillano non è. "Ovunque guardiamo siamo circondati da Piantagioni nelle quali siamo costretti a vivere insieme e a condividere, ma le condizioni sono così terribili che spesso possiamo scegliere solo tra l'essere invasi dalla paura e il delirio dei carnevali. Eppure, è da questo qui-là, da questa mescolanza di orizzonti, che potremmo trarre forza". Il mondo di Glissant è terribile e grandioso, ma il suo pensiero insegna l'attenzione all'altro.
Paola Ghinelli
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