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Perché negli Stati Uniti non c'è il socialismo? - Werner Sombart - copertina
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Perché negli Stati Uniti non c'è il socialismo?
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Perché negli Stati Uniti non c'è il socialismo? - Werner Sombart - copertina
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Descrizione


A cento anni dalla pubblicazione, questo breve saggio di Sombart è un invito a riflettere sulla società americana. Per l'autore, come del resto per Marx, il socialismo è figlio del capitalismo e delle sue contraddizioni. Così egli si chiede perché nel luogo ove il capitalismo ha raggiunto la massima espansione non vi sia anche un forte movimento socialista. Le interpretazioni di Sombart si possono ricondurre a due fattori: la particolare configurazione del sistema politico con i suoi meccanismi di trasmissione della domanda politica e rappresentanza degli interessi, da un lato, e l'esistenza della frontiera che permette di assorbire le contraddizioni e allargare illimitatamente le basi dell'accumulazione, dall'altro.
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Dettagli

2006
1 gennaio 2006
XXXVIII-153 p., Brossura
9788842492894

Valutazioni e recensioni

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Dario
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Molto interessante, un analisi attenta del capitalismo americano che porta a contraddire la tesi marxista sul rapporto tra socialismo e capitalismo, il primo inteso come conseguenza del secondo.

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lilimarlene
Recensioni: 5/5

Werner Sombart è un grande sociologo,questo libro confronta la situazione americana e quella tedesca egregiamente con dati alla mano.

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Voce della critica

Le riflessioni del grande sociologo tedesco Werner Sombart qui riproposte possono essere annoverate a buon diritto tra i "classici" della letteratura europea sugli Stati Uniti, come la Democrazia in America di Alexis de Tocqueville (1835-40) o la Repubblica americana di James Bryce (1888). Sombart, che presentò per la prima volta i suoi studi sul movimento operaio e sul socialismo negli Stati Uniti dalle pagine dell'"Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik", mise innanzitutto in luce come il Nordamerica fosse la "terra di Canaan" per il capitalismo, grazie alle sue ricchezze naturali apparentemente illimitate e a un popolo la cui predisposizione alla razionalità capitalistica era stata potentemente forgiata dalla mentalità protestante. Nella città americana, concepita in base a "principi razionali", non vi era traccia del modello comunitario da cui erano nate le città europee. Il fondamento meramente razionale della mentalità urbana statunitense si esprimeva primariamente, secondo Sombart, nel dominio assoluto del "principio quantitativo". Il valore monetario diveniva perciò l'unità di misura di tutte le cose, anche dell'arte: "Lei ha già visto, poteva essere, ad esempio, l'argomento di una conversazione, il Rembrandt da 50.000 dollari in casa del signor X?". Orbene, l'elemento distintivo dell'anima americana, concludeva Sombart riprendendo un'osservazione di Bryce, era la tendenza a scambiare la bigness per greatness, e dunque "l'ammirazione di ogni grandezza misurabile o pesabile", dall'altezza dei monumenti alla velocità delle ferrovie.
Contrariamente a ogni previsione teorica marxista sulla proporzionalità diretta tra lo sviluppo capitalistico e la maturità del movimento operaio, il proletariato americano, secondo il sociologo tedesco, era del tutto estraneo, esclusa un'esigua minoranza, al socialismo: vedeva ottimisticamente il mondo, condivideva sostanzialmente la fede patriottica di ogni cittadino statunitense nella "missione" dell'America e non intendeva affatto distruggere il sistema economico capitalistico, ma solo "guadagnare di più". Lo spiccato senso per le grandezze misurabili si esprimeva altresì nell'adesione delle masse operaie ai due grandi partiti. Nei giorni delle elezioni, di fronte ai massimi livelli di "estasi per il successo numericamente quantificabile", emergeva chiaramente l'incompatibilità delle posizioni minoritarie con il "tipico temperamento dell'americano". Ai partiti repubblicano e democratico mancava peraltro una configurazione classista o "una qualsivoglia fondamentale divergenza tra i punti di vista relativi alle questioni politiche più importanti", sicché la forza lavoro salariata poteva vedersi rappresentata, a seconda delle circostanze, tanto dall'uno quanto dall'altro partito, assicurandosi i vantaggi che si riprometteva.
Il valore delle riflessioni di Sombart, come forse si potrà evincere già da questi pochi elementi, risiede soprattutto, analogamente ai casi di Tocqueville e di Bryce, nel loro essere il punto di vista di un europeo che si interroga sul significato dell'esperienza americana, analizzandola con profondità e con un occhio sempre rivolto, nel contempo, a eventuali indicazioni sul futuro del Vecchio continente.
  Giovanni Borgognone

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