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Descrizione


Uno scorcio di storia italiana dagli anni Trenta all'inizio della guerra, tra una valle bergamasca e Roma. Il mondo duro, ostile e chiuso della religione, della miseria, visto attraverso gli occhi allegri e feroci di Cecilia che, nonostante tutto, riesce a crescere. Che cos'era la scuola in quegli anni, in cui i piccoli montanari intabarrati nelle mantelle nere imparavano l'ABC del fascismo, l'Abissinia, i "tucul" dei negri? Abbandonati un'igiene e a un'alimentazione pietose e imbottiti di catechismi, i bambini alternavano gli stornelli come Pimpì oselì... alle ben più minacciose e altisonanti note di Garrisci al sol che abbella, gagliardo tricolore... Gli espedienti per sopravvivere si rivelano infiniti: i ragazzi si salveranno e salveranno il mondo.
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Dettagli

4
2006
Tascabile
10 luglio 2006
224 p.
9788807813832

Valutazioni e recensioni

4,67/5
Recensioni: 5/5
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antonella
Recensioni: 5/5
libro amatissimo

un romanzo che amo molto che regalo solo alle persone per me speciali. storia cruda e struggente

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Maura
Recensioni: 5/5

Testo intenso, lo spaccato di un'epoca visto con gli occhi di bambini, ai quali è negato l'affetto e la chiarezza ... triste e dolcissimo!

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Fr
Recensioni: 5/5

uno spaccato di un'epoca, reso ancora più reale dall'uso sapiente della lingua italiana e dalle espressioni dialettali pure o tradotte in italiano. veramente bello.

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Voce della critica


scheda di Lanfranco, C., L'Indice 1995, n.11
recensione pubblicata per l'edizione del 1995

È lo sguardo affilato dell'infanzia, di una bambina delle scuole elementari, quello che si posa sul mondo nell'ultimo lavoro della Gianini Belotti. Romanzo dalla non dissimulata aspirazione documentaristica, "Pimpì oselì" propone la storia di una famiglia nell'Italia fascista degli anni trenta, divisa tra la periferia romana e una frazione delle valli bergamasche, tra gli affetti e il lavoro. Una madre maestra, dura e rancorosa e tuttavia indiscutibile "anello forte" delle dinamiche familiari, costretta a lasciare la capitale per insegnare a bambini di montagna. Un padre dimesso, dolce e disoccupato, che resta a Roma. E due bambini, che seguono la mamma nei suoi spostamenti obbligati (la legislazione fascista prevede che una maestra possa insegnare unicamente nella provincia dove si è diplomata), sempre fuori posto, mal visti e mal compresi, dai ragazzi romani compagni delle vacanze come dai bambini delle valli del nord. Tanti bambini, nelle pagine della Belotti: bambini violenti, costretti a dure discipline di scuola e all'irreggimentazione fascista da maestri maneschi e distanti, bambini mal lavati e male ascoltati. Soprattutto bambini poveri, falcidiati dalle malattie, storpiati da tare ereditarie, piccoli zoppi, epilettici, tubercolotici, ritardati. La corporalità attraversa costantemente le pagine di "Pimpì oselì", la pregnanza del dato biologico si rivela attraverso la malattia che aggredisce e devasta i corpi, i geloni dell'inverno, le morti precoci dei piccoli figli dei montanari poveri, ma anche attraverso una sessualità vitalissima, fatta delle prime carezze scambiate da Cecilia con i compagni, delle voci sussurrate a mezza bocca, della curiosità verso le anatomie degli animali domestici, che sfugge alle maglie di una religiosità bigotta e oppressiva. Le pagine della Belotti seguono attente il percorso che dall'obbligo alla mortificazione del corpo femminile - le bambine stiano al proprio posto, tengano gli occhi bassi e la bocca chiusa, sarà unicamente colpa loro se si cacceranno nei guai torbidi del sesso - porta direttamente all'imposizione dei ruoli e delle gerarchie all'interno della famiglia.
Ma proprio su questo tema "Pimpì oselì" presenta uno scarto significativo. Nella famiglia di Cecilia, nella quale peraltro tutti gli stereotipi educativi dell'epoca vengono fedelmente perseguiti; i ruoli sono di fatto rovesciati, con la madre che lavora lontano da casa e si assume la responsabilità economica della famiglia. L'anormalità della situazione, vista con sospetto da parenti, compaesani e ispettori scolastici, viene pagata ad altissimo prezzo: incapace di ridisegnare la propria fisionomia in relazione ai reali rapporti che la attraversano, la famiglia di Cecilia legge se stessa come un esperimento fallimentare, e soprattutto la madre, che accusa il marito di farsi mantenere, vive con rabbia e difficoltà questo suo ruolo "maschile" e la necessità di lavorare per tutti e quattro. Il detonatore di questa crisi è evidentemente il contrasto fra l'iconografia proposta dalla retorica ufficiale - donne a casa, uomini che lavorano e comandano - e la realtà, e il libro della Belotti scava ammirevolmente tra le aporie delle dinamiche familiari e restituisce intatto il senso di disagio e di sofferta anormalità vissuto da Cecilia e dai suoi cari. E il lettore accosta senza difficoltà questa sensazione all'altra, che permea l'intero libro, di irregolarità diffusa, che si fa visibile nei corpi di adulti e bambini: in questo senso, "Pimpì oselì" è un'autentica galleria di casi disperati, di bambini con sei dita per piede, microcefali, epilettici, di adulti alcolizzati o suicidi. L'Italia fascista, stracciona e piena di prosopopea, è incapace di custodire la propria infanzia, e di ben altre incapacità si rivelerà responsabile. Il libro si chiude significativamente sul discorso di Mussolini del 10 giugno 1940, la cui enfasi, amplificata dagli altoparlanti, si rovescia su bambini e maestre riuniti nel cortile della scuola per la consegna delle pagelle, sul paese dei poveri, degli storti e di una ragazzina che guarda.

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Conosci l'autore

Elena Gianini Belotti

1929, Roma

Di origine bergamasca, ha diretto per vent’anni il Centro Nascita Montessori di Roma. Ha esordito nella saggistica nel 1973 con Dalla parte delle bambine (Feltrinelli 2013) sul precoce condizionamento al ruolo femminile, seguito da Prima le donne e i bambini (Feltrinelli 1998), Non di sola madre (Rizzoli 1985) e altri. È tornata alla narrativa nel 1985 con il romanzo Il fiore dell'ibisco (Rizzoli 1985, Premio Napoli) e poi, Pimpì Oselì (Feltrinelli 2002), Apri le porte all'alba (Feltrinelli 1999), Voli (Feltrinelli, Premio Rapallo Carige 2001), Prima della quiete (Rizzoli 2005 Premio Grinzane Cavour, Premio Viadana, Premio Maiori) e Pane amaro (Rizzoli 2006), Cortocircuito, Milano (Rizzoli, 2008), Onda lunga, (nottetempo 2013).

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