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La pittura in Italia. Il Settecento. Ediz. illustrata
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Dettagli

5
1990
1 gennaio 1997
2 voll., 900 p., ill.
9788843532797

Voce della critica


scheda di Romano, G., L'Indice 1991, n. 9

Una limpida premessa del curatore introduce alla lettura dei vari capitoli regionali, assai diversi tra loro per estensione e per carattere, integrati da tre capitoli "trasversali" sulla pittura di genere, sui quadri di canonizzazione e sulle accademie; completano l'opera il dizionario biografico degli artisti e gli utilissimi indici dei nomi e delle opere. Segnalando sull"'Indice" i volumi dedicati alla pittura del Quattrocento, ho accennato ai pregi e ai rischi di questa ambiziosa storia pittorica, e mi sembra di non dover cambiar opinione ora che l'opera ha superato il mezzo del cammino. La divisione in capitoli regionali è un poco burocratica, per lo più non corrisponde alla reale geografia pittorica italiana, ma ha il pregio di scardinare le gerarchie assodate della nostra produzione artistica e può riservarci delle sorprese. In questi due tomi settecenteschi la parte più inattesa è quella sulle province piemontesi, e anche per i conoscitori più agguerriti non sarà facile decifrare le componenti culturali della stupenda pala del Rapous per San Filippo di Mondovì (fig. 44). Non altrettanto può dirsi dei capitoli veneti, un po' sovradimensionati, così da rendere ancora più evidenti le ripetizioni e le assenze (Bellotto è il più sfortunato). Purtroppo non si è avuto il coraggio di dedicare una rassegna settecentesca alla Sardegna, n‚ alla Valle d'Aosta (che inavvertitamente trattiamo da paesi stranieri), e anche quattro regioni meridionali sono del tutto assenti: Abruzzi, Puglia, Lucania e Calabria. Non dico che ospitino un Settecento eccellente, ma sono accertatamente meno disadorne di come risulta nelle pagine dedicate alla "pittura del Settecento nell'Italia meridionale". Per la verità vi si parla solo di pittura napoletana e lascia dubbiosi anche la scelta delle illustrazioni: su ottanta opere solo sedici si trovano presso enti pubblici o musei meridionali e in un unico caso si tratta di un affresco (del Palazzo Reale di Caserta). Sarà anche colpa della dispersione del patrimonio artistico napoletano, ma perché costringere chi non conosce Napoli ad immaginarsi senza sussidio le meraviglie di Luca Giordano ritornato dalla Spagna, di Solimena in San Domenico maggiore, di De Mura alla Nunziatella, ecc., ecc. Spicca a confronto il capitolo romano, condotto con mano attentamente selettiva da Liliana Barroero: vi si susseguono, in ordine cronologico e di gravitazione ideologica, i protagonisti e i comprimari, sorpresi nei momenti più significativi e portanti della loro carriera, a colloquio con prestigiosi committenti non meno che con conoscitori e teorici del momento. Dominano ovviamente Piranesi, Batoni e David, ma hanno il giusto riconoscimento Benefial, Subleyras, Parrocel, Corvi, Cades. Il quadro romano, così abilmente intarsiato di voci italiane e straniere, è supportato dai capitoli sulle Marche e sull'Umbria oltre che ovviamente da quello, già citato, sui quadri di canonizzazione, e risulta pertanto il più esauriente, regge il confronto solo il capitolo sul Settecento fiorentino. Roma, Venezia, Napoli, Firenze... ma il mettere a fuoco soprattutto le città capitali ha giocato a sfavore dei fenomeni eccentrici, per quanto di alto livello. Manca a Napoli, come a Roma, il grande vedutista Lusieri; manca una considerazione adeguata per il ciclo dei grandi teleri tardosettecenteschi nel Duomo di Pisa; ancora nel Settecento Livorno sembra una città sguarnita di opere d'arte. La ricchezza e la varietà del nostro patrimonio figurativo sfidano dunque anche i progetti più onnicomprensivi e richiedono oggi dimensioni di lavoro cui non riusciamo ad adeguarci; la maxi-impresa dell'Electa ha svolto in più di una regione italiana un encomiabile lavoro di indagine analitica, anche attraverso le campagne fotografiche, ma molto ancora resta da fare alle future generazioni di storici dell'arte.

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