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I poeti davanti al ritratto. Da Petrarca a Marino - Federica Pich - copertina
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I poeti davanti al ritratto. Da Petrarca a Marino
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I poeti davanti al ritratto. Da Petrarca a Marino - Federica Pich - copertina
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Descrizione


Nelle Demoiselles de Rochefort di Jacques Demy, un romantico marinaio­pittorericonosce nella bionda Delphine la donna di cui, senza averla mai vista, ha dipinto il ritratto: la donna che aspettava e che, sapeva, fatalmente avrebbe amato. Non solo l"arte, attraverso la fantasia, anticipa la vita, ma l"amore si annuncia come amore di un'immagine, di un idolo più che di un essere umano. Che nasca prima ancora dell'incontro tra i futuri innamorati o, più comunemente, quando i loro sguardi si incrociano, il simulacro mentale o dipinto dell'oggetto amato ha un ruolo essenziale in ogni storia d"amore e, di conseguenza, quasi in ogni narrazione, privata o letteraria, dell'amore. In poesia si assiste a un fenomeno più complesso, che ha i tratti di una vera e propria fondazione idolatrica: in quanto poesia d'amore, poesia del desiderio e dell'assenza, la lirica occidentale è per eccellenza poesia del ritratto. Costruita intorno a un oggetto assente, che vanamente tenta di evocare e rappresentare, essa trova nelle effigi dipinte o scolpite dagli artisti altrettanti specchi nei quali studiare i propri poteri e i propri limiti.
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Dettagli

2010
1 gennaio 2010
400 p., ill. , Brossura
9788865500019

Voce della critica

  Se «imaginare», nell'italiano delle origini, non indica solo l'attività della mente, ma anche la rappresentazione artistica vera e propria –si pensi alla Vergine «imaginata», insieme con altri esempi di umiltà, sullo zoccolo della prima cornice del Purgatorio–, ecco che l'immagine, reale o mentale, dell'amata, elemento costitutivo della nostra tradizione poetica, altro non sarà che un ritratto (anche se mero simulacro della mente) da riconoscersi dunque quale tratto fondativo della lirica occidentale. Questo l'assunto alla base del poderoso lavoro di Federica Pich, argomentato in un accuratissimo percorso testuale che intesse la diacronia con la trattazione tematica. L'amore, l'encomio e la riflessione filosofica si intrecciano con le specificità proprie di ciascun autore esaminato, sulla linea che muove «da Petrarca a Marino», come recita il sottotitolo, ma l'autrice non manca di guardare indietro al mondo classico e in avanti, sia pure per cenni, alla filmografia di Demy o alla pittura concettuale di Barcelò, per poi centrarsi su Quattro-Cinquecento. F. Pich, dando seguito a quel minuto commento ai testi che già corredava la sezione antologica del saggio di Lina Bolzoni, Poesia e ritratto nel Rinascimento (Laterza 2008), torna così a studiare le mutue iterazioni tra due codici linguistici differenti ma anche reciprocamente condizionati: quello verbale e quello visivo, colti sulla linea di confine, ossia la lirica dedicata al ritratto, un vero e proprio «sottogenere» dotato a sua volta di un codice espressivo ben definito e spesso derivato, nella scelta lessicale e nell'elaborazione retorica, dalla cultura figurativa. Ma l'analisi vuole uscire dall'«equivoco» dell'ekphrasis (la descriptio è effettivamente rara o del tutto assente), per guardare alla genesi di un «canone» della poesia che paradossalmente elude la descrizione mimetica, per riscrivere il 'visibile' iuxta propria principia. L'effetto è quasi l'obliterazione del dato visivo, 'sostituito' da aspetti differenti ed estranei alla pittura, per esempio la voce, l'interiorità, in una competizione continua giocata sui limiti dell'espressione verbale e figurativa. La poesia «davanti al ritratto», al di là dell'inevitabile deriva encomiastica, direttamente proporzionale alla sua fortuna, diviene pertanto luogo topico dell'espressione di ciò che non si può vedere, appropriandosi dei codici espressivi dell'arte e allo stesso tempo tessendo un discorso autoreferenziale e quasi metapoetico sulle capacità rappresentative della letteratura. Veronica Pesce    

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