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Ventidue autori e autrici scelti fra le generazioni che si sono susseguite a partire dai nati negli anni Venti, come Ishimure Michiko, fino a Fuzuki Yumi che è nata nel 1991
«Il gusto e le preferenze personali, la conoscenza di una realtà più ampia di quella direttamente testimoniata e, di conseguenza, la responsabilità delle scelte, accompagnano continuamente la riflessione critica, con il risultato che l'antologia si può leggere con molto piacere e profitto» - Roberto Galaverni, la Lettura
È la piú ampia panoramica della poesia giapponese contemporanea. I temi sono vari, da quelli politici (soprattutto nell’immediato dopoguerra e nel 1968 e dintorni) a quelli mistico-naturalistici, a quelli del disagio esistenziale. Diversissime le tendenze stilistiche in una feconda dialettica fra influenze letterarie occidentali e legami piú o meno stretti con la tradizione classica giapponese; unico tratto formale in comune: il verso libero. L’introduzione di Maria Teresa Orsi e le note di Alessandro Clementi degli Albizzi sugli autori (quasi dei piccoli saggi) ci permettono di entrare nel modo migliore in un mondo poetico lontano, poco frequentato dall’editoria italiana, ma ricco di voci profonde e originali.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Sono le parole che si presentano ai poeti, che vanno fiduciose a cercarlo bussando a quella porta cigolante? O è il poeta che fatica una vita per conoscerle e tentare di legarle fra loro presentando un verbo a un complemento, un sostantivo a un avverbio? E' un dilemma insolubile, resa e scintilla insieme, frana e ispirazione, acredine di dolce delirio, più o meno come ordinare a un sogno malvagio di virare verso sponde migliori. Viene da gettarsi così a commento di una poesia inserita nel libro, a cui basta il titolo per squarciare d'incanto sfondi e richiami per nulla irrilevanti nel cielo poetico: "In principio non si conoscevano le parole". Stupendo! "Ora che l'acqua si è ritirata/di cosa serbano traccia le mani rimaste? Il palmo delle mani,/un arenile che il sole del tramonto trascina via/disegnato dalle increspature delle onde/dal fondo del mare, una voce...". Scrosciano così i versi di questa raccolta, in una delicatezza d'immagini quasi dosata a pastello, tenue e proprio per questo incisiva, sfiorata da quelle divine fragranze che i millenni d'oriente non smetteranno mai di seminare: "Il mare non è forse freddo?/Il vento non è ancora infuocato? Eppure la luce è già un agile leopardo/e le dita delle nuvole si fanno strada nella baia dei ricordi/quando nel lato nascosto degli uomini/la primavera comincia a levigare la pelle". Chi sfoglierà queste pagine allora sappia che sentirà addosso il raso e la lamiera, assaggerà l'osso ed il candito, sorseggerà liquori scelti e sentirà nell'animo l'aspra lava con cui ci inonda il mistero. Eppure la sorgente è semplice quando leggiamo che "essere vivi vuol dire libertà,/essere vivi vuol dire gente che ama/il tepore della tua mano,/vuol dire vita". Ma se anche la poesia somigliasse a una screditata bottega dall'insegna pignorata, si sappia che dentro quelle mura uomini e parole si amano e si proteggono, ricordano e studiano, rattoppando ogni giorno, con aghi più che unici, la camicia strappata del verbo, la sua meraviglia.
Un'antologia che ci fa conoscere alcune voci della poesia giapponese. Nello stesso tempo non del tutto convincente.
Mancava, nel nostro panorama letterario, un’antologia aggiornata della poesia giapponese contemporanea, e l’iniziativa di Einaudi di inserire una tale accurata rassegna nella sua “collana bianca” risulta pertanto opportuna e lodevole. Tratto comune ai 22 autori presentati è l’utilizzo del verso libero, introdotto nella poesia giapponese alla fine del XIX secolo su imitazione dei modelli occidentali, e in seguito adottato continuativamente, in un reciproco e intenso scambio con la produzione americana ed europea, pur nel rispetto della tradizione classica nipponica. A questa compenetrazione tra oriente e occidente, si aggiunse la perenne influenza esercitata sulla poesia giapponese dalla cultura e dalla lingua cinese, proficuo terreno di formazione letteraria per intere generazioni. Alla fine della seconda guerra mondiale, si impose necessariamente la volontà di rompere con un passato di celebrazioni nazionalistiche e retoriche, di esasperata liricità e simbolismi, nella ricerca di contenuti che rendessero evidente la critica ideologica a ogni fanatismo ideologico, testimoniando invece il dolore e il lutto collettivo di una nazione, la fatica della ricostruzione, il senso opprimente di disperazione e morte. Negli anni del dopoguerra, con la veloce sterzata dell’economia in direzione di uno sviluppo capitalistico e consumistico, divennero più frequenti e vivaci i contatti con altri fenomeni artistici, dalla pittura al teatro, dal cinema alla pubblicità. A una dinamica attività editoriale volta a diffondere la poesia si affiancarono negli anni ’70 i festival, le letture in pubblico, le performance, dando un valore sempre più accentuato all’oralità, al suono, alla recitazione dei versi. Molti testi alternano ai versi brani prosastici, utilizzando tecnicismi, slang, dialetti; altri riprendono stilemi classicheggianti e metri tradizionali, soprattutto quando tratteggiano in modi sfumati il paesaggio, o affrontano concetti spirituali e atmosfere magico-religiose.
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