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Politica e amore. Storia dell'educazione ai sentimenti nell'Italia contemporanea
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2003
12 settembre 2003
344 p.
9788815094568

Voce della critica

Sosteneva Max Weber, nella celeberrima conferenza Politik als Beruf (1919), che "la politica si fa col cervello, e non con altre parti del corpo o con altre facoltà dell'animo. E tuttavia la dedizione alla politica, se questa non dev'essere un frivolo gioco intellettuale, ma azione schiettamente umana, può nascere ed essere alimentata soltanto dalla passione". Per lungo tempo, la storia della politica è stata in effetti storia del cervello dei politici. Nessuno, per la verità, ignorava che anche le passioni avessero molto a che fare con la politica, ma la "vera" storia da fare sembrava quella delle elevate sfere della strategia, della ragione, dell'ideologia. Eppure, capitava anche di avvertire che in questo racconto della politica come mondo degli intelletti più puri mancava, a dirla tutta, quel che magari ritrovavi nelle memorie individuali, nell'aneddoto, nello scenario in cui si muovevano personaggi in carne e ossa. Non solo l'aneddoto vivido, ma la vividezza stessa che comunicava (e deliziava), rimanevano però - nell'opinione comune - un pittoresco orpello.

Molta acqua è da allora passata sotto i ponti della storiografia politica. L'interesse per la militanza politica come dimensione concreta e quotidiana doveva stimolare, a partire dalla fine degli anni settanta, percorsi storiografici di grande interesse, come le ricerche, compiute tra anni ottanta e novanta, sui militanti del Pci e sull'esperienza politica delle donne. E una più ampia attenzione verso la "pedagogia" politica - intesa come strategia dei gruppi dirigenti, ma anche come effetto di questa in termini di crescita culturale e civile dei/delle militanti - ha poi iniziato a emergere in pubblicazioni recenti. È un'attenzione che oggi, a giudicare da numerosi segnali, non è affatto scemata, ma promette, al contrario, di contribuire in modo rilevante a una storiografia politica come storia delle culture politiche nella loro interezza (non più, quindi, come una mera storia delle idee politiche).

Il volume di Anna Tonelli costituisce indubbiamente una novità importante in tale direzione. Intendendo la pedagogia politica nel duplice senso di "controllo della sfera privata" dei singoli, e "costruzione del senso comune e della mentalità", l'autrice delinea un ampio percorso intorno all'asse del rapporto fra etica e politica nelle culture cattolica, comunista e socialista. Sul piano interpretativo, la sfera del "privato" è del resto qui considerata non già come campo periferico o residuale della politica "alta", e neppure come mero piano strumentale del disciplinamento ideologico e moralistico, ma - molto più efficacemente - come dimensione primaria del rapporto fra progettualità politica e società, dove la prima non si proietta unilateralmente sulla seconda, ma di quest'ultima segue, in più occasioni, l'evoluzione complessa. Un'insistenza non casuale sulle identità di genere attraversa poi la ricerca. E prima ancora che un'opzione interpretativa, e già a monte - nella fonte stessa, insomma - il genere risalta come ineludibile declinazione discorsiva per una pedagogia del quotidiano che si vuole concreta, incisiva, pervasiva. Così la precettistica cattolica, comunista, socialista, che addita la via del bene non a individui astratti, ma a giovani, ragazze, a padri di famiglia, a fresche spose, si misurerà inevitabilmente con i temi della sessualità, della purezza, della famiglia, ma anche di un uso "morale" del tempo libero che non si vorrà certo identico per uomini e donne. Analogamente, i processi di modernizzazione che fanno da costante controcanto alla volontà normativa dei precettori non produrranno affatto gli stessi effetti sui due generi.

Riemerge come cospicuo registro (ancorché parziale) delle dinamiche fra culture politiche e società di massa, in tale contesto analitico, una letteratura generalmente ritenuta "minore": manuali per signorine perbene, catechismi socialisti, opuscoli edificanti e vari articoli di periodici di partito. Si tratta di una produzione documentaria attinente a temi che un approccio superficiale potrebbe sbrigare come politicamente poco "seri": la moda, il ballo, il trucco, l'abbigliamento balneare, lo sport. Pure altre fonti ugualmente suggestive - ma anch'esse potenzialmente screditabili in quanto gossip, se utilizzate in modo meno storiograficamente felice di quanto Tonelli è riuscita a fare -, come ad esempio le carte del Tribunale di San Marino, al quale ricorrevano alcuni dirigenti del Pci per divorziare, forniscono tra le righe ampie indicazioni in merito a una certa ortodossia del rapporto matrimoniale, e quindi dell'essere uomini o donne. Impotenza, isteria e altre cose consimili abbondano infatti quali cause invalidanti, riproducendo i codici culturali più tradizionali. Altrettanto ricchi di indicazioni sulla "politica del privato" sono inoltre i documenti delle scuole di partito: in primo luogo, per ovvie ragioni archivistiche, di quelle del Pci.

Nell'affrontare le diverse culture politiche, differenti scenari temporali vengono posti al centro dell'analisi. Per la cultura cattolica la ricerca si è concentrata su un periodo compreso per lo più fra gli anni trenta e quaranta; un arco temporale non amplissimo, ma fortemente significativo per i temi affrontati. Sono questi gli anni, in particolare, di un progetto di "riconquista cattolica" della società dopo il preoccupante dilagare - così almeno si diceva - del "paganesimo" e della "degenerazione" morale. L'analisi dell'"educazione ai sentimenti" compiuta dalle sinistre è invece cronologicamente più ampia. Da Gramsci agli anni settanta, nel caso del Pci. Dall'"apostolo" del movimento operaio Prampolini alle piroette di De Michelis in discoteca, negli anni ottanta, nel caso del Psi.

Nel complesso, la ricerca di Tonelli aggiunge nuovi e interessanti tasselli a un mosaico complessivo talvolta non imprevedibile. Come stupirsi, ad esempio, se padre Gemelli avverte nel '24 che le donne "stanno perdendo la testa", se certi moralisti cattolici giungono a esaltare l'analfabetismo delle classi rurali, perché così si resta immuni dalle "porcherie" moderne, se la direzione del Pci sollecita la "soluzione" delle imbarazzanti traversie matrimoniali del segretario e vicesegretario del partito? In altre circostanze, tuttavia, il quadro non è scontato: come nella proposizione di una figura femminile meno passiva all'interno della coppia, suggerita dai pur cattolici "Taccuini della giovane"; nella drastica e circostanziata accusa di maschilismo avanzata in una lunga inchiesta di "Noi donne", nel 1969, sull'"uomo di sinistra"; nella professione di fede inflessibilmente antidivorzista da parte del deputato socialista Sansone, che nel 1954 passò alla storia come il promotore del "piccolo divorzio".

Le analogie fra le culture politiche non si risolvono qui in facili sovrapposizioni interpretative - giustamente insufficiente è considerata, ad esempio, la nozione del "clericalismo rosso" - ma vengono sempre valutate entro un contesto ben più ampio della loro logica interna. Per le culture cattolica e comunista, in particolare, è evidenziato il difficile e complesso rapporto che esse intrattengono con le dinamiche di modernizzazione sociale e culturale e con le crescenti istanze di maggiore autonomia espresse dalle donne nel pubblico e nel privato. Ma anche i socialisti appaiono impegnati, per buona parte del secondo dopoguerra, in un arduo esercizio di equilibrio fra il moralismo diffuso e quella "modernizzazione dei costumi" che è una delle ragioni sociali stesse del socialismo storico: e le battaglie più significative in questa direzione sono da ascrivere al merito più di singole persone (Merlin, lo stesso Sansone, Fortuna, e, aggiungerei, il sorprendente Umberto Calosso), che di una netta strategia del partito nel suo complesso. Così come eccentrica si può considerare la figura di Anna Kuliscioff, "antesignana di un 'nuovo corso' sentimentale che non pone una gerarchia fra pubblico e privato, ma punta a una concliazione fra due piani che si intersecano".

In conclusione, emergono con chiarezza le rilevanze di una dimensione - quella dei sentimenti, dell'amore, delle mille questioni del privato - che non attiene soltanto all'esperienza della politica vissuta nei decenni scorsi da innumerevoli uomini e donne, ma anche e soprattutto alla cultura politica, al partito, alla "comunità" militante cui quegli uomini e quelle donne hanno scelto di appartenere. Da questo punto di vista, la ricerca supera felicemente l'impasse storiografica denunciata dalla stessa autrice, quando critica una certa concezione che relega "le storie amorose nella sfera delle biografie, dei resoconti giornalistici e dell'aneddotica, trascurando un terreno che può fornire invece spunti essenziali per l'interpretazione storica". Il libro costituisce un buon esempio, insomma, di come l'ampliamento dell'analisi al di là del weberiano "cervello" possa tradursi non solo in una maggiore pienezza del quadro storico che si ricostruisce, ma anche in una cornice storiografica davvero ampia e articolata. E persino appassionante e appassionata.

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La recensione di IBS

Il binomio politica-amore ha un'importanza centrale nella ricostruzione della storia sociale e politica contemporanea, legato come è alla volontà dei partiti di estendere la propria influenza disciplinatrice sulla vita privata dei militanti e dei cittadini. Occuparsi di questa dimensione privata significa lavorare alla definizione di una morale funzionale anche a fini politici. Amore, sessualità, matrimonio, famiglia sono temi dibattuti nelle sedi e negli organismi istituzionali dei partiti, dando luogo a consigli e divieti, provvedimenti disciplinari, norme di comportamento, inviti circa le letture da fare e i film da vedere. Anche sul terreno della morale individuale nell'Italia del dopoguerra si confrontano e scontrano cultura laica e cultura cattolica. Nella sua originale indagine l'autrice studia la morale cattolica attraverso l'attività dell'Azione Cattolica, mentre per la morale comunista utilizza i severi codici formulati dagli organismi istituzionali del Pci, dalle scuole di partito così come dalla Direzione nazionale. I caratteri della morale socialista sono riassunti nella battaglia per la modernizzazione dei costumi che parte dai catechismi socialisti ottocenteschi per arrivare alla legge Merlin sulle case chiuse e alla battaglia per il divorzio.

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