Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Shopper rossa
Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 41 liste dei desideri
Il popolo di legno
Attualmente non disponibile
17,10 €
-5% 18,00 €
17,10 € 18,00 € -5%
Attualmente non disp.
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
17,10 € Spedizione gratuita
disponibile in 7 settimane Non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
17,10 € Spedizione gratuita
disponibile in 7 settimane Non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Chiudi
Il popolo di legno - Emanuele Trevi - copertina
Chiudi

Promo attive (0)

Chiudi
popolo di legno

Descrizione



Vincitore Premio Corrado Alvaro-Libero Bigiaretti 2016.

Una delle piú folgoranti testimonianze di nichilismo letterario dell’ultimo decennio.

«Scavando piú a fondo, si arriva a un livello in cui la vita umana si limita a ronzare come un frigorifero, rumore indistinto fra gli altri rumori della notte, e ispira solo indifferenza. Ma a un livello ancora piú profondo, piú vicino al nucleo, la vita umana fa ridere. Un riso cretino, come quando Stanlio e Ollio combinano un guaio».

Anarchico, ribelle, scorretto, Il popolo di legno ci fa vedere il mondo con gli occhi di un personaggio infimo e irresistibile, che non ha paura di svelare quanto assurda sia la convinzione degli esseri umani di poter migliorare la propria vita. Nella cupa ilarità dei sermoni del Topo, il protagonista, vibra un sentimento dell’esistenza che non lascia spazio alla redenzione. I suoi strampalati monologhi radiofonici trovano un immediato successo di folla. In un sorprendente ribaltamento ironico, il Topo diventa il profeta di una paradossale innocenza collettiva. Con questo romanzo Emanuele Trevi rade al suolo i miti, sempre piú svuotati di senso, di ogni forma di progressismo.
Leggi di più Leggi di meno

Dettagli

2015
13 ottobre 2015
182 p., Brossura
9788806214302

Valutazioni e recensioni

3,6/5
Recensioni: 4/5
(5)
Scrivi una recensione Scrivi una recensione
5
(2)
4
(1)
3
(0)
2
(2)
1
(0)

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Osbarri55
Recensioni: 5/5

Una curiosa opera di narrativa che racconta la storia di un nichilismo in salsa calabrese facendo l'occhiolino al Pinocchio di Collodi

Leggi di più Leggi di meno
Gaspare Subissoni
Recensioni: 4/5

Come sempre la scrittura di Trevi è impeccabile (l'autore ci ha abituati davvero bene), e, come negli altri suoi libri, ogni pagina riflette la sua ironica, colta intelligenza, eppure Il popolo di legno non convince fino in fondo. Viene da pensare che allo scrittore e critico letterario romano la forma romanzo tout court si addica un po' meno di quella forma ibrida (autofiction?) che ha reso indimenticabili libri come I cani del nulla e Qualcosa di scritto.

Leggi di più Leggi di meno
Martina
Recensioni: 5/5

È una storia amara per chi ama letture attuali che aiutino, con punti di vista insoliti, a comprendere sempre meglio il mondo che ci circonda. In una Calabria quasi ancestrale, due personaggi, il Topo e il Delinquente, nichilisti ma al tempo stesso profondamente umani. Dedicato a chi voglia tentare di comprendere un po' il nostro tempo

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Recensioni

3,6/5
Recensioni: 4/5
Scrivi una recensione Scrivi una recensione
5
(2)
4
(1)
3
(0)
2
(2)
1
(0)

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Voce della critica



Potremmo entrare nello spirito di questo romanzo così ferocemente ispirato da una lettura controcorrente delle Avventure di Pinocchio di Carlo Collodi elaborando un occhiellodel genere: come andò che Emanuele Trevi, prosatore italiano fra i più raffinati e consapevoli degli ultimi vent'anni, trovò il personaggio di un cinquantenne calabrese (chiamato "il Topo"), che ammoniva e risvegliava le coscienze come il più bizzarro dei luterani; e come poi fu che l'autore decise finalmente di abbandonare le sue vesti terrene, dopo le precedenti prove sospese fra scomposta autobiografia e saggio critico senza rete di protezione (da I cani del nulla, 2003, fino a Qualcosa di scritto, 2012), per indossare la maschera di un uomo per molti versi radicalmente opposto a lui (e a noi che lo leggiamo). A provare la metamorfosi, sono anzitutto i dettagli biografici: studioso accademico (mancato) in un insipiente mondo medio borghese Trevi, machiavellico prete senza più tonaca, gettato in una sterminata arena di uomini ridotti quasi a bestie, il Topo; Trevi, romano sofisticato e preso da se stesso – senza però accartocciarsi nelle architettoniche egolatrie della scrittura di molti colleghi –, il Topo uno che sembra aver espunto l'io dal proprio chirurgico rimuginare, tanto che, ci viene detto nell'incipit, "aveva imparato a guardare a sé proprio come si guarda a un altro, vivendo e nello stesso tempo considerando la sua vita dal punto di vista di una spia". I rovesciamenti si spingono più a fondo. Se da una parte Trevi, impostando i suoi precedenti romanzi come argute e profonde conversazioni sulla letteratura, si mostrava un critico equanime e pietoso verso le vite di carta e di carne oggetto delle sue divagazioni, senza rinunciare di quando in quando all'affondo sociopolitico o alla vertigine epifanica, dall'altra il Topo di Il popolo di legno conduce le sue letture predicatorie del libro di Collodi su un'emittente regionale senza alcuna dolcezza né complicità, appellandosi risentito al "popolo calabrese" che, come Pinocchio, rigetta la violenza del diventare adulti civili e la finta intelligenza delle api industriose dell'Occidente. È come, a ben vedere, se l'adulto Trevi, raggelato nella cordialità della sua figura intellettuale, avesse deciso di farsi lui stesso burattino ghignante e riottoso per concedersi una voce eretica. A stretto contatto, seguiamo i sermoni del Topo su Pinocchio (ennesimo pezzo di stralunata, efficacissima critica letteraria che ripudia le cautele della critica standard), alternati alle scene del suo passato, fra il lento apprendistato e l'amore con la moglie Rosa, enigmatica reincarnazione ferina della fata Turchina, in una Calabria sospesa nella propria ferocia cruda e fiabesca. Questi flashback sono tra i pezzi migliori del libro, perché nell'andamento saggistico e argomentativo dell'insieme (dato che il Topo disprezza "l'idea, degna degli imbecilli senza rimedio, che la vita fosse una specie di romanzo) restano sospesi sul baratro della propria insensatezza (difatti, contro il romanzo, "ogni storia vale solo per se stessa, e non ci insegna nulla"). Ma, nell'atto di mutarsi nel proprio simmetrico opposto, Trevi ha giocoforza conservato qualcosa di suo. Sorprende anzitutto rilevare la continuità di questo libro con Qualcosa di scritto: Il popolo di legno è intimamente pasoliniano per la concezione dell'Italia meridionale come "mondo millenario" sconquassato negli anni Sessanta dalla mutazione antropologica di "una devastazione che aveva tutte le apparenze di una festa". Anzi, nell'invito apocalittico del Topo ai calabresi a conservare la propria integrità e la propria "stupidità" lontano dalle pastoie dell'istruzione si scorge almeno il riflesso delle lezioni di Pasolini allo scugnizzo napoletano Gennariello: a margine, può lasciare perplessi che, pur servendosi di un avatar, un intellettuale benestante si compiaccia di predicare la conservazione del proprio stato, se non la regressione, a persone più povere, impotenti e ignoranti di lui. Infine, dopo aver predicato, contro la modernità, che "non è mai possibile migliorare la nostra vita, renderla più buona, più efficiente", a causa della sua esposizione mediatica anche il Topo (come, altrimenti, Pasolini) viene ucciso per mano degli Zii, alcuni boss 'ndranghetisti che dapprima gli avevano dato visibilità per la sua trasmissione, cercando di farne un caso mediatico alla Saviano. La morte per esecuzione rimanda al martirio, che consacra le prediche del Topo ed è l'ultimo dei segni di una poetica che appartiene solo a Trevi, immutata dagli esordi. In essa, domina la rivelazione cieca del potere della letteratura, "così profondo ed oscuro che al confronto sarebbero impalliditi tutti gli Zii di questo mondo". Senza i conforti della religione, Trevi ripone il senso del proprio vivere in una scrittura ("preghiera atea", in Istruzioni per l'uso del lupo, 1994) che corteggia la metafisica e a volte vi si abbandona, in Il popolo di legno più che nelle opere precedenti. A lettura ultimata, ci si chiede: nel tentativo di farsi demone di legno Trevi ha composto "una delle più folgoranti testimonianze di nichilismo letterario dell'ultimo decennio" (così recita la quarta di copertina), o una morale secondo cui non dobbiamo mai cambiare né metterci in discussione, ma solo buttarci in ginocchio davanti alla letteratura?     Lorenzo Marchese  

Leggi di più Leggi di meno

Conosci l'autore

Emanuele Trevi

1964, Roma

Emanuele Trevi è uno dei critici più celebri della sua generazione oltre che premiato scrittore. Ha tradotto e curato edizioni di classici italiani e francesi: si ricordano testi dedicati a Leopardi, Salgari, e autori italiani del Novecento. Tra le sue collaborazioni citiamo: il «Manifesto» (Alias) e la trasmissione radiofonica Lucifero di Radio Tre, con una sezione dedicata alla poesia. Il suo libro Istruzioni per l’uso del lupo ha riscosso un notevole successo. Redattore di «Nuovi Argomenti», ha fatto parte della giuria del premio Calvino nel 2001, e del premio Alice 2002. Nel 2012 esce per Ponte alle Grazie il libro Qualcosa di scritto.È stato editor per Fazi e ha collaborato con la casa editrice Quiritta. Tra le sue pubblicazioni: Istruzioni...

Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi