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Propizio è avere ove recarsi - Emmanuel Carrère - copertina
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Propizio è avere ove recarsi

Descrizione


Una fondamentale via di accesso al laboratorio dell'autore, e soprattutto un appassionante autoritratto involontario.

«Il fatto è che sino a pochi anni fa mi sembravano di una imperdonabile e piatta volgarità la presenza invadente di Balzac nei suoi libri, i suoi commenti, le sue opinioni su tutto - spesso bizzarre, qualche volta idiote - e la sua petulante presunzione. Invece in questo momento (ma l'ago della bilancia può ancora tornare a pendere dall'altra parte) trovo piatti e - in un modo loro caratteristico, più velato e di conseguenza più imperdonabile - volgari gli illustri scrittori di stretta obbedienza flaubertiana, ossessionati dall'impersonalità e dalla perfezione formale di libri che si reggono solo sulla forza dello stile.»

«Propizio è avere ove recarsi» è una delle risposte che fornisce, quando lo si interroga, l'I Ching, l'antico libro oracolare cinese. Seguendo questa preziosa indicazione, Emmanuel Carrère è partito innumerevoli volte, con una meta e uno scopo sempre diversi (e non necessariamente scelti da lui): è andato nella Romania del dopo Ceausescu sulle tracce del conte Dracula, nei tribunali della «Francia profonda» a seguire processi per atroci delitti, nella Russia di Putin a immergersi nell'infinito caos del postcomunismo, al Forum di Davos a «chiacchierare» con i potenti della terra, nel Nord dello Stato di New York a incontrare il fantomatico «uomo dei dadi» - imbattendosi non di rado in storie e personaggi sorprendenti, e a volte sconvolgenti, che avrebbero offerto materia a L'Avversario, Un romanzo russo, Limonov. Negli stessi anni faceva anche altri viaggi, per così dire, attorno alla sua mente: inventando soggetti di film che non avrebbe mai girato, riflettendo sul proprio modo di fare letteratura, scoprendo libri folgoranti o rileggendone altri immensamente amati. Questo, e molto altro, è ciò che troviamo nei testi qui raccolti, molto diversi tra loro eppure legati da un tono riconoscibilissimo e peculiare - a riprova di quanto Carrère ha sempre sostenuto, ossia che gli sembra vano contrapporre letteratura e giornalismo, e quel che gli importa è scrivere un reportage nello stesso modo in cui scrive i suoi libri: «alla prima persona, menando il can per l'aia e raccontando le cose in maniera un po' sinuosa».
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Dettagli

2017
16 marzo 2017
429 p., Brossura
9788845931512
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Indice

Indice

I. Tre fatti di cronaca
- «Sono felice che mia madre sia viva»
- Resilienza di una infanticida
- Lettera alla madre di un assassino

II. La Romania nella primavera del 1990

III. Moll Flanders di Daniel Defoe

IV. Breve vita di Alan Turing

V. Il caso Romand
- Cinque delitti per una doppia vita
- Alla Corte d'assise dell'Ain

VI. Due mesi a leggere Balzac

VII. Philip K. Dick

VIII. Il cavaliere svedese, di Leo Perutz

IX. L'ungherese disperso

X. Addio, amico mio

XI. Siberia, di Nikolaj Maslov

XII. Nove cronache per una rivista italiana

XIII. Morte nello Sri Lanka

XIV. Stanza 304, Hotel du Midi a Pont-Évêque, Isère

XV. Epepe, di Ferenc Karinthy

XVI. L'invisibile

XVII. Capote, Romand e io

XVIII. La speranza della Russia è Marina Litvinovic?

XIX. L'ultimo dei demoni

XX. Come ho completamente cannato la mia intervista con Catherine Deneuve

XXI. Progetto per un film russo

XXII. Sospetto e silenzio, di Orlando Figes

XXIII. La voce di Déon

XXIV. «Idiota! Warren è morto!»

XXV. TDM

XXVI. La vita di Julie

XXVII. Lettera a Renaud Camus

XXVIII. Quattro giorni a Davos

XXIX. Generazione Bolotnaja

XXX. In punto di morte

XXXI. The Journalist and the Murderer, di Janet Malcolm

XXXII. La somiglianza

XXXIII. Alla ricerca dell'uomo dei dadi

Fonti

Valutazioni e recensioni

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Vittorio
Recensioni: 5/5

Da tempo, Carrere è stabilmente tra i miei preferiti. Eppure qualcosa qui non mi persuadeva. Una serie di articoli scritti in tempi diversi, su vari argomenti, raccolti insieme senza un filo conduttore, legati solo dalla medesima paternità? Mah… mi sembrava una furbata, un’operazione editoriale. Eppure, qui non solo ho ritrovato il Carrere di sempre, ma una delle sue espressioni più folgoranti. Lucido, caustico, chirurgico, affabulatorio come non mai. Insomma Carrere all’ennesima potenza. O meglio, tutto Carrere in tanti piccoli pezzi. Ancora, un Carrere caleidoscopico. Tra queste pagine gli embrioni di alcuni dei suoi romanzi, le idee e gli accadimenti che li hanno generati e quelli che, invece, hanno interrotto la nascita di nuovi, rimanendone solo gli spunti narrativi. Tra le schegge affilate di questo Carrere multitasking, segnalo “Nove cronache per una rivista italiana”. Nove brevi articoli che avrebbero dovuto fornire al lettore, almeno nelle intenzioni dell’editore, uno sguardo sul mondo femminile, “diciamo sui rapporti fra uomo e donna, ma scritto da un uomo e letto, in teoria, soprattutto da donne” (cit). Figuriamoci. Per lui, Carrere, uno spasso. Un bambino che sguazza libero e felice in una pozza. Per noi altri lettori, una delizia, una giostra che vortica sospesa, sempre più pericolosamente, tra amore e innamoramento, erotismo e pornografia il cui centro gravitazionale, ovviamente, è sempre lui, il più adorabile dei mascalzoni letterari. Del resto già la copertina è o no, una inequivocabile dichiarazione d’intenti.? Chi altri, se non lui, avrebbe avuto la sfrontatezza di stamparci sopra un proprio ritratto?Inutile nasconderlo, questo è certamente il più egoriferito tra i suoi libri, perciò se siete tra quelli cui, proprio per questo, non piace Carrere, qui non troverete argomenti che vi faranno cambiare idea ed anzi ne avrete di ulteriori per rinsaldare il vostro giudizio. Dispiace, per voi. Per tutti gli altri, vale esattamente l’opposto.

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Titti
Recensioni: 5/5

Un serie di scritti, articoli et similia che non fa altro che confermare il mio sconfinato amore per questo grandissimo, unico autore. Molti si lamentano della sua "autoreferenzialità", che è proprio ciò che mi piace più del suo stile, se così non fosse non sarebbe Carrère, o lo si ama o lo si odia. Consigliato a tutti quelli che come me hanno letto e amato anche altro dello stesso autore, troverete tantissimi riferimenti, e da sempre un certo piacere sentirsi scovarli e comprenderli.

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Alberta
Recensioni: 3/5

Troppo autoreferenziale questo Carrère, troppo compiaciuto della sua intelligenza, della sua bravura, della sua cultura. Sì, bravo, sì, intelligente, sì colto. Ma ora raccontaci qualcosa che non sia incentrato su di te!

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Recensioni

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Voce della critica

“L’obiettività non è granché”, dice Carrére. Una premessa del genere, per uno scrittore avvezzo alle biografie e ai reportage, sa di provocazione bella e buona. Eppure, a ben vedere, c’è un fondo di verità in una affermazione tanto radicale. Il francese infatti sostiene che fondare un racconto biografico su un approccio soggettivo sia un atto di modestia. Allo scrittore è concesso un solo sguardo, il proprio. Chi si reputa super partes pecca in realtà di presunzione. Non esiste evento capace di essere reso da un occhio obiettivo. Comunicare con il “vero” non è infatti prerogativa umana.

Lo sguardo dell’autore de “Il Regno” proietta un effetto distorcente, forse capace di alterare la realtà, ma è indiscutibilmente unico, perché nei paraggi non vi è nessun altro in grado di scrivere reportage e biografie tanto personali quanto quelle di Carrére. “Biografia personale” suona paradossale, o almeno una contraddizione in termini, eppure non vi è altro termine capace di sintetizzare i lavori del francese.

Immancabilmente nel raccontare le vite altrui Carrére racconta sé stesso al momento dell’indagine. La biografia, che sia quella di un celebre scrittore di fantascienza, di un controverso poeta russo o di un infanticida, si trasforma in auto-biografia. Sembra un segno di incurabile narcisismo e di autoreferenzialità, e forse in fondo lo è, ma nel procedere in tal modo Carrére ci restituisce per intero il rapporto dialettico tra scrittore e oggetto di indagine. Un approccio che l’autore non ha certamente inventato. Basti pensare a Capote e al suo seminale “A sangue freddo”, in quest’opera omaggiato del capitolo migliore, forse il più esegetico, termino tanto caro a Dick, altro eroe di Carrére.

“Propizio è avere ove recarsi” alla fine è una raccolta dei reportage giornalistici che hanno reso celebre Carrére negli ultimi venticinque anni, eppure, terminato il libro, la sensazione di aver letto altro ti rimane appiccicata addosso ed è difficile da esprimere. Non dubitiamo che sia l’autore stesso ad aver pianificato un eventuale smarrimento del lettore. Del resto è chiaro che avere dove andare è propizio soprattutto per chi non sa dove sbattere la testa.

Recensione di Matteo Rucco

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La cosa più semplice e vera da dire su Propizio è avere ove recarsi di Emmanuel Carrère (Adelphi, trad. Francesco Bergamasco) è che è magnifico.

Prima di comprarlo ho letto una recensione, con occhio molto rapido − le recensioni spoilerano e mi annoiano −, cercando LA frase (ogni recensione ha UNA frase, e di solito corrisponde a quello che vuoi sentirti dire). Se anche voi cercate qui LA frase − mi rendo conto non sia granché − la trovate proprio all’inizio, e ve la ripeto: P. è meraviglioso, leggetelo. È una raccolta di saggi (più che altro una raccolta di storie), e questo rende plausibile la similitudine con un album: è come quei rari dischi dove tutte le tracce sono la canzone che ascolteresti sempre, e non ci sono pezzi riempitivi.

Questo ci porta a un altro punto: l’ordine di lettura. Le tre persone là fuori a cui piacciono i saggi (io non sono tra queste) in genere ne apprezzano la versatilità: skippano, si fermano, riprendono, tornano indietro. In breve: si creano il proprio percorso di navigazione tra i capitoli, libertà che il romanzo non concede. P. sembra permettere questo tipo di “zapping”: tutti i (singoli) pezzi sono stati a loro tempo pubblicati su quotidiani o riviste, e in più sono molto corti (20 facciate max.); potenzialmente siamo di fronte a un vero libro a buffet. Eppure, sarà una banalità, la disposizione data dei brani crea un bilanciamento perfetto tra gli ingredienti: ci sono dei filoni tematici che non si accalcano ma punteggiano tutto il libro, scompaiono e poi tornano, e quando uno è sul punto di averne abbastanza della Russia post-comunista, ecco che la Russia post-comunista fa posto alla cronaca giudiziaria, e torneremo a leggere di Russia solo quando ci mancherà. (Ci sono anche cose come introduzioni di libri, lettere ad amici o ex amici, idee per film mai realizzati, teorie sulla non-fiction). P. prosegue come un romanzo che presenta i suoi protagonisti uno a uno e vi torna periodicamente, ma il tutto è condito con un nuovo tipo di libertà-da-raccolta-di-saggi che vedremo tra poco.

LA frase della recensione che ho letto prima di comprare P. era più significativa della mia (la riporto come la ricordo): è un ottimo libro da cui partire se non si conosce Carrère, perché ricorrono − in germe − parecchie delle fissazioni che sono poi diventate i suoi libri. Un bigino di Carrère, insomma: molto bene, era quello che volevo sentirmi dire. (Calma: secondo una stima a spanne, il 90% del materiale risulterà nuovo anche a chi si è letto tutta la bibliografia; quel 10% consideratelo back-stage). (…)

Chiudo con un brano, naturalmente. Qui Carrère parla dello scrittore di non-fiction, che deve sempre sostenere un rapporto umano con il protagonista del suo libro (cioè il tizio, reale e vivente, di cui scrive la storia). Sta gentilmente criticando chi crede che la natura di questo rapporto debba essere per forza disonesta, del tipo: conosci il tizio, gli fai credere che può fidarsi di te, gli freghi la storia, fuggi:

Personalmente ritengo che esista un limite, e che questo limite non marchi, come a taluni piace credere, la differenza tra lo status di giornalista − frettoloso, superficiale, privo di scrupoli − e quello di scrittore − nobile, profondo, tormentato dagli scrupoli morali −,  ma tra gli autori che credono di essere al di sopra di ciò che raccontano e quelli che  accettano la scomoda idea di esserne parte in causa.

Recensione di Alessandro Lusitani

 

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Emmanuel Carrère

1957, Parigi

Emmanuel Carrère è scrittore, regista e sceneggiatore francese.Laureato all'Istituto di Studi Politici di Parigi, è figlio di Louis Carrère e della sovietologa e accademica Hélène Carrère d'Encausse figlia di immigrati georgiani che fuggirono la Rivoluzione russa.I suoi esordi sono stati nella critica cineatografica, per «Positif» e «Télérama». Il suo primo libro, Werner Herzog, un saggio, è stato pubblicato nel 1982. Il suo esordio come romanziere risale invece al 1983: è L'amico del giaguaro, pubblicato da Flammarion. Il successivo Bravura (1984, in Italia pubblicato nel 1991 da Marcos y Marcos), invece, è stato pubblicato da POL, editore con il quale da allora non ha più interrotto...

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