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Anno edizione: 2014
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Romanzo di esordio di Julie Otsuka, pubblicato nel 2003 e che le valse anche alcuni premi e la borsa di studio Guggenheim. L’autrice ha attinto dall’esperienza della deportazione vissuta da sua madre, i suoi zii e i suoi nonni, e lo fa con immagini intense e nette, ci mostra il carattere e la personalità dei protagonisti – una famiglia composta da madre e due figli piccoli - tramite i loro gesti, i loro ricordi, ne descrive l'annichilimento progressivo, il ripiegamento su sè stessi in una attesa orientata ad un unico desiderio: La fine della guerra, per tornare alla propria vita. E questa attesa è l'unico argine alla perdita di sè stessi, l'unica difesa dall'ingiustizia subita. Ma, anche una volta tornati alla loro casa depredata di tutto, nel loro vecchio quartiere adesso popolato di gente indifferente o ostile, scopriranno che lo "stigma del nemico" e le sue conseguenze continueranno per lungo tempo a marchiare le loro esistenze.
Mi ero già cimentato con la letteratura giapponese, avendone la sensazione del contatto con un mondo lontano ma molto raffinato. Otsuka a dire la verità scrive in inglese, anche se i temi sono quelli della cultura giapponese e direi anche lo stile, con le frasi corte quasi spezzate, e di conseguenza il ritmo e l'atmosfera; anche l'argomento sarebbe interessante e cioè i campi di internamento per stranieri in America durante la seconda guerra mondiale, storie certo non fra le più conosciute. Ma la storia non prende mai quota, non amplia mai il respiro, sempre in attesa di qualcosa che non si sviluppa, fino alla fine quando la chiusura è talmente umana da risultare scontata e quasi banale.
E' un racconto lontano, troppo velato. Questa mamma giapponese, americana di adozione che per ordine del governo statunitense si ritrova sola e a partire per una meta sconosciuta. I suoi figli con se, piccoli e del tutto privi di conoscenza verso la vera situazione attuale. Suo marito in carcere con l'accusa di essere una spia a favore del governo giapponese. Passano così diversi anni lontani dalla loro casa. Quando hanno la possibilità di poter tornare, non sono nessuno e devono ancora una volta ripartire da zero. Il libro è ben scritto, ma non ha certo lo stile sciolte e scorrevole, anzi quasi si avverte la pesantezza di ciò che i protagonisti sono costretti a vivere. A tratti è anche un po' noioso, perché narra narra ma non si sa dove vuole andare a parare. Poi tutto si evolve con uno scoppio di bolla di sapone.
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