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Chi ha voglia di leggere una biografia? Pochi. Ma quanti storie non sono biografia? Nessuna. Cristina Portolano ci racconta una storia. Anzi, ci racconta storie. Ci racconta della nascita della cugina prima ancora della sua, per, poi, crescere fino agli anni della pubertà, quando da bambina diventa quasi signorina. Ci racconta di Napoli e del mondo, della famiglia e di ritualità ai più familiari. Portolano racconta di una bimba che è sempre voluto essere qualcosa di più di quello che era con i toni di una bimba che vuole essere qualcosa di più di quello che è. E tra una conversazione con Maradona e una lettera a Barbie, arriva il giorno del menarca e non si è più bambini. Quegli scarabocchi sono ora disegni. Benvenuti nel mondo degli adulti, spero siate pronti e carichi per la prossima sfida. Cristina Portolano lo è di sicuro.
Recensioni
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Più che un romanzo di formazione, Quasi signorina è un delicato memoir sugli anni dell'infanzia e sulle ordinarie vicende che portano la protagonista (cioè Cristina Portolano stessa) alle soglie dell'adolescenza e quindi a “diventare signorina”: un percorso che è assieme condanna, destino ineluttabile e mistero, e che implicitamente trasforma il libro anche (principalmente?) in una riflessione sulle tante piccole imposizioni che plasmano gli stereotipi di genere finanche nella cosiddetta “età dell'innocenza”.
La storia si ambienta nella Napoli a cavallo tra anni 80 e 90 e fornisce alla Portolano anche lo spunto per una serie di ritratti familiari si direbbe molto italiani: ci sono nonni e nonne, zii e zie, fratelli e cugini, e ovviamente mamma e papà. E poi c'è la vita di quartiere, le passeggiate in città, le vacanze al mare, i piccoli riti di una quotidianità fatta – per la piccola Cristina – di lettere alla Barbie, disavventure prescolari, vestitini fastidiosi, rimproveri da parte degli adulti, e maldestri tentativi di decifrare un ruolo che non comprende e che perenne aleggia nei tanti subdoli particolari che arrivano come calati dall'alto. Sullo sfondo il Napoli di Maradona, il disastro di Chernobyl, il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. E tra le righe, la scoperta di un mondo – quello del disegno – che sa al tempo stesso di fantasia ed emancipazione.
Recensione di Valerio Mattioli
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