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A volte le biografie contengono delle bugie (e vi ho fatto pure la rima!), come quando parlano di romanzo di esordio e invece leggendo viene fuori una storia profonda e una scrittura importante. È il caso de "Le quattro del mattino" (ExCogita) che narra la storia di un ragazzo alto e ossuto, senza nome, senza memoria, vittima di un evento traumatico che lo porta a cercare un se stesso che non conosce, cui non appartiene più. Fino a quando... Pagina dopo pagina il suo peregrinare lo porta - e ci porta - a incontrare altri personaggi dalla storia forte: un ex detenuto, una figlia in conflitto con il padre, un nonno preziosissimo, un'amica vera. Personaggi che intrigano, tessere di un mosaico che poi si ricompone, lentamente lentamente ma in un crescendo letterario armonico e realistico. Perché il suo autore, Aldo Germani, è uno che sa quello che scrive (e sul fatto che sia un mero esordiente ho qualche dubbio) e non fa sconti. Nemmeno a se stesso, alla sua penna o tastiera che sia.
Un uomo si sveglia su un treno rendendosi conto di non sapere chi sia e perchè si trovi lì. Senza documenti addosso e con qualche spicciolo in tasca, arraffa uno zaino e scende nella stazione di Pistoia. Nello zaino vi è un libro che reca l'indirizzo di un casale poco distante, decide di andarvi per cercare di trovare il suo passato. Leandro è un uomo che vive per la sua vigna, forte e burbero, temprato da anni di carcere, vive aggrappato al rimorso di non essere stato presente per sua figlia. Sofia, giovane irriverente, viaggia per il mondo scappando da qualsiasi relazione stabile a causa dell'odio che prova per il padre. Uno smemorato, un padre ed una figlia in conflitto da anni, il tiro con l'arco e le vigne, sono solo alcuni degli ingrediendi di questo romanzo in cui i rapporti umani si rimettono in gioco grazie all'imprevedilità dell'incontro e dell'apertura all'altro. "Le quattro del mattino" è una metafora della speranza. E' una storia di passati difficili, di sofferenza, di persone immobilizzate in un equilibrio precario fatto di viaggi fugaci e routine della campagna, nelle quali nascondere il proprio dolore. Quando tutto sembra essere destinato a rimanere stabile in questa sofferente condizione, un uomo irrompe in questo schema con tutta la sua fragilità. In punta di piedi e chiedendo il permesso gioca il ruolo della farfalla che sbattendo le ali provoca un terremoto interiore, che ridà gioia e speranza a chi più non credeva di poterne trovare. L'autore dimostra una grande padronanza della lingua, le sue descrizioni sono precise, puntuali, elaborate ma ben fruibili. L'uso moderno e informale della lingua italiana, rende il romanzo attuale senza intaccarne lo stile ricercato. La storia è piacevole, a tratti intricata ma intrigante, costellata di colpi di scena e densa di significato. Alcune scelte editoriali sono discutibili e rischiano di disturbarne la lettura, ma nulla tolgono da una storia che non smette di stupire sino all'ultima pagina.
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