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Quer pasticciaccio brutto de via Merulana - Carlo Emilio Gadda - copertina
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Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
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Descrizione


Una prima versione del romanzo, incompleta, apparve su rivista nel 1946, una seconda, riscritta e ampliata ma pur sempre inconclusa, nel 1957. Grazie alle carte d'autore è tuttavia possibile oggi chiarire in gran parte l'enigma finale. Con una nota al testo, che ricostruisce anche la filologia del romanzo, di Giorgio Pinatti, Adelphi torna a pubblicare uno dei capolavori della letteratura italiana.

«Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi».

Nel giro di pochi giorni, nel marzo del 1927, un furto di denaro e gioielli ai danni di una svaporata e fantasiosa vedova, la contessa Menegazzi, e poi l'omicidio della ricca, splendida e malinconica Liliana Balducci, sgozzata con ferocia inaudita, incrinano la decorosa quiete di un grigio palazzo abitato da pescecani, in via Merulana, come se una «vampa calda, vorace, avventatasi fuori dall'inferno» l'avesse d'improvviso investito - una vampa di cupidigia e brutale passione. Indaga su entrambi i casi, forse collegati, Francesco Ingravallo, perspicace commissario-filosofo e segreto ammiratore di Liliana: ma la sua livida, rabbiosa determinazione, il suo prodigioso intuito per il «quanto di erotia» che ogni delitto nasconde e le pressioni di chi pretende a ogni costo un colpevole da dare in pasto alla «moltitudine pazza» non basteranno ad aver ragione del disordine e del Male. L'inchiesta sui torbidi misteri del «palazzo dell'Oro» gli concederà, al più, la medesima, lacerante cognizione del dolore di Gonzalo Pirobutirro. Giallo abnorme, temerario, enigmatico, frutto della irresistibile attrazione che su Gadda esercitavano il romanzo e i crimini tenebrosi ma insieme di una tensione conoscitiva che finisce per travolgere ogni possibile plot, il Pasticciaccio è anche il ritratto di una città e di una nazione degradate dalla follia narcisistica del Tiranno, dove si riversa a ondate tumultuose una realtà perturbata e molteplice - e dove, a rappresentarla, sono convocate, in uno sforzo immane, tutte le risorse della nostra lingua, dei dialetti, delle scienze e delle tecniche.
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Dettagli

2018
13 novembre 2018
380 p., Brossura
9788845933066

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GD
Recensioni: 5/5

L'indagine poliziesca è congeniale all'arte di Gadda perchè consente di inoltrarsi, fin quasi a sperdersi, nei mille rivoli delle possibilità, di acquisire le "rivelazioni" della realtà che si offre. nei suoi cattivi odori, suoni dissonanti, pensieri flebili e comunque perfidi o osceni, azioni a simulare una pantomima grottesca. Tutto maldestramente apparecchiato; non c'è davvero bisogno di grande sagacia di indagine: la realtà si offre, occorre solo addentratrsi nella sua pluralità. Dietro alla finzione fantasmagorica c'è solo il male al palesarsi del quale finisce la rincorsa; non a caso tanto il "Paticciaccio" che la "Cognizione" terminano al capezzale di un moribondo. Oltre, non c'è più da indagare e sapere: la messinscena finisce, il feroce ed osceno darsi addosso di ladri, lenoni e meretrici, fascisti, assassini si ricolloca nel nulla cui appartiene. La realtà, grottesco ed inestricabile pullulare, arriva sfibrata all' ultima scena, dopo la quale nulla resta da aggiungere: le parole sono come cartucce sparate. Che questo di Gadda sia un capolavoro della letteratura globale, non occorre certo che lo dica io; che sia una lettura difficile da portare a compimento è ugualmente pacifico. Serve la disposizione di Ingravallo, il quale sotto i modi da questurino conserva la coscienza che la bestialità del reale non risparmia nessuno.

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Flavia
Recensioni: 4/5
Capolavoro

Gran libro, imperdibile lettura.

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Q.Z
Recensioni: 3/5
Grottesco e ...

Lo sperimentalismo linguistici di Gadda si compiace di se stesso, sembra che lo scrittore nell'innescare polemiche grottesche, servendosi di un idioma maccheronico, dialettalmente distorto e composito, non avesse in mente altro che mettere in scena un nuovo strumento espressivo: senza fini, senza capo né coda. Difatti: cosa resta del ''pasticciaccio'' così inconcludente, rabbiosamente vendicativo e avanguardista, se non una lessicalità propria e affaticante? Una risposta, forse, avrebbe potuto fornirla Rabelais. O, anche, D'Arrigo.

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Conosci l'autore

Carlo Emilio Gadda

1893, Milano

Carlo Emilio Gadda è stato uno scrittore italiano. Fece tutti i suoi studi a Milano, fino a quelli di ingegneria. Combattente nella prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e trasse da queste esperienze un Giornale di guerra e di prigionia, pubblicato più tardi (1955). Negli anni Venti svolse la professione di ingegnere, in Italia e all’estero, collaborando nel frattempo alla rivista fiorentina «Solaria», nelle cui edizioni pubblicò gran parte delle sue prime opere narrative: La Madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934). Da Milano, dov’era tornato a stabilirsi, si trasferì nel 1940 a Firenze, e qui risiedette quasi ininterrottamente fino al 1950. Visse da allora a Roma, dove lavorò per il terzo programma radiofonico...

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