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Radio città perduta - Daniel Alarcón - copertina
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Radio città perduta

Descrizione


Rey è stato sulla Luna. Strano posto per un botanico innamorato della magia della giungla, un uomo mite, un intellettuale. Eppure c'è stato, cosi come l'hanno visitata centinaia di suoi concittadini: anche se nessuno di loro è un astronauta. La "Luna" è come chiamano il campo di detenzione e tortura in cui il governo manda i dissidenti. Poi un giorno, poco prima della fine della guerra, Rey scompare nel nulla, lasciando Norma nella disperazione di chi non può nemmeno conoscere il destino del proprio marito. Sono passati dieci anni e oggi Norma è una delle voci più amate del paese perché conduce un programma nell'unica radio rimasta nella capitale, un programma cosi semplice eppure di tale forza da essere rivoluzionario: durante la trasmissione legge i nomi delle persone scomparse, presumibilmente rapite o uccise dal governo. Un giorno alla porta della radio bussa Victor, un bambino proveniente dal villaggio 1797, la stessa zona della giungla in cui si recava cosi spesso Rey per motivi scientifici... Il paese in cui è ambientato il primo romanzo di Daniel Alarcón non ha nome: cosi come non hanno più nome i villaggi e le città, sostituiti dal governo con dei numeri, cosi come non hanno più nome i dissidenti fatti scomparire nelle prigioni e nei campi. Una dittatura dell'oblio in cui si può leggere in filigrana la storia più o meno recente del Sudamerica, ma anche quella di ogni luogo del mondo in cui ancora c'è qualcuno che, ostinatamente, tenta di dare voce a chi voce non ha più.
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Dettagli

2011
309 p., Rilegato
9788806208653

Valutazioni e recensioni

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Benedetto
Recensioni: 3/5

Di per sé lo sfondo costruito da Alarcón sarebbe complessivamente realistico, corrispondendo a quello di un Paese sudamericano non individuato, amministrato da un potere corrotto e tirannico, percorso dalla guerra civile, traumatizzato dalla brutalità delle epurazioni e delle esecuzioni. Tuttavia lʼautore si sforza di oggettivare mimeticamente nel testo, anche attraverso la propria tecnica narrativa, unʼatmosfera di disorientamento, inquietudine e mistero che finisce col risultare quasi onirica, offuscando volutamente il realismo relativamente limpido dello sfondo: così, non solo tutti i singoli personaggi hanno un angolo di visuale estremamente ridotto, sentendosi dominati da un insopportabile senso di precarietà («formavano una strana progenie di uomini in disperata attesa di una pesante delusione»), ma anche lo stesso «regista» che li descrive e racconta sembra essere al corrente soltanto di frammenti della loro storia, benché conosca la Storia con la S maiuscola. In altri termini, nonostante si faccia ricorso a frequentissime anacronie che, talvolta persino allʼinterno delle microsequenze, spostano continuamente il lettore da un capo allʼaltro della linea del tempo, secondo un «modus operandi» che solitamente è tipico del narratore onnisciente — bisogna tra lʼaltro ammettere che questo incessante «montaggio alternato» imbastito dallʼautore risulta un poʼ troppo frenetico — si rimane pur sempre allʼinterno del raggio dʼazione e di conoscenze dei personaggi, esseri che dubitano anche di sé stessi e per i quali diviene sempre più labile la linea di confine tra la colpa e lʼinnocenza o tra lʼaccettabile e lʼinaccettabile. Ed anche la voce di Norma, che ogni domenica esce dalle antenne trasmittenti di «Radio città perduta» ed annuncia i nomi dei dispersi, è una sottile linea di confine: un miracoloso rigagnolo di insensata speranza che divide asimmetricamente il sempre più ridotto terreno del senso dellʼesistenza dallo sconfinato deserto dellʼinsignificanza.

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Mami53
Recensioni: 4/5

Vietato ai minori. Vietato a persone troppo sensibili. "Radio città perduta" è un romanzo in cui i personaggi vivono sotto un cielo senza luce, in un paese senza speranza. Una dittatura prolungata porta alla superficie la parte peggiore di ognuno: non ci sono aguzzini né eroi, ma individui meschini, ambigui, avidi, vigliacchi. La mancanza di futuro rende questo romanzo angosciante. Si è impotenti di fronte al male. Una volta finito, si sente bisogno d'aria. Bisogno di andarsi a rileggere qualcos'altro, ad esempio "La strada" di McCarthy o il Diario di Etty Hillesum, libri drammatici ma intrisi d'amore. In "Radio città perduta" la scrittura è serrata, essenziale, coerente. Un continuo passaggio fra presente e passato, e fra passati diversi, in un gioco di alternanze che impedisce al lettore di andare avanti nella storia, alla ricerca di una speranza che non arriva mai. Gran bel romanzo, lo ammetto, ma la notte dell'umanità che rappresenta è troppo buia, troppo nera, troppo.

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Daniel Alarcón

1977, Lima

Daniel Alarcón vive negli Stati Uniti da quando aveva tre anni. Suoi racconti, saggi e reportage sono apparsi su “Granta”, “Harper’s” e sul “New Yorker”, che recentemente lo ha inserito tra i venti migliori scrittori americani under 40.La raccolta di racconti Guerra a lume di candela (Terre di mezzo, 2006), è stato finalista al premio PEN/Hemingway del 2006, mentre Radio città perduta (Einaudi 2011) ha vinto il PEN USA Novel Prize del 2008. Nel 2007 ha ricevuto una Guggenheim Fellowship. Attualmente vive a Oakland, in California, dove è ricercatore ospite presso il Centro Studi Latino Americani della University of California, a Berkeley.

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