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La ragazza con la Leica - Helena Janeczek - copertina
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ragazza con la Leica

Descrizione


Vincitore del Premio Strega 2018
Vincitore del Premio Bagutta 2018
Finalista al Premio Campiello 2018


Questo libro racconta la vita di questa ragazza ribelle, l'amore con Robert Capa, l'avventura di fotografare e la gioia di vivere nella Parigi degli anni Trenta.

Il 1° agosto 1937 una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno avrebbe compiuto ventisette anni. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti tutti e due per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa: Ruth Cerf, l’amica di Lipsia, con cui ha vissuto i tempi più duri a Parigi dopo la fuga dalla Germania; Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l’irresistibile ragazza gli ha preferito Georg Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si sentono per tutt’altro motivo, a dare l’avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l’ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.
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Dettagli

19
2017
320 p., ill. , Brossura
9788823518353

Valutazioni e recensioni

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Mensola di carta
Recensioni: 2/5
Gerda fatalona

Sono felice di aver letto questo libro perché non conoscevo bene Gerda Taro e perché ho avuto modo di rispolverare o scoprire episodi della Guerra di Spagna e della seconda guerra mondiale dimenticati. Ma...la.scrittura è davvero pesante, ripetitiva e così fitta di riferimenti a fatti storici da risultare aneddotica e confusionaria. I passaggi temporali tra passato e presente sono caotici e poco utili alla narrazione, sembrano servire soltanto a calcare il ritratto indimenticabile (di per sé già avvilente) di una Gerda fatalona, sfuggevole, superficiale e scontata.

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Federica
Recensioni: 3/5

Spinta dalla mia passione verso la fotografia e dal fatto che ha vinto il premio Strega nel 2018, ho iniziato entusiasta questa lettura, ma purtroppo il mio entusiasmo si è spento pagina dopo pagina. Non sono solita abbandonare un libro a metà, infatti l'ho continuato, ma ho dovuto leggerlo a voce alta (metodo che utilizzo quando ho bisogno di stare concentrata...) per arrivare alla fine. La difficoltà principale l'ho riscontrata soprattutto nei termini non tradotti (non ci sono note a fine pagina), e nel tipo di scrittura, a mio parere, per nulla scorrevole. Dall'altra parte ho apprezzato i racconti riferiti al carattere della protagonista, scoprendo così una fotoreporter forte e determinata pronta a tutto, persino alla morte.

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sarah
Recensioni: 2/5
una delusione

Da subito tentata di abbandonare la lettura anche per colpa delle tante parole in lingua straniera che avrebbero tanto bisogno di una traduzione

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Voce della critica

I vincitori del concorso "Caccia allo Strega 18"


Elisabetta - Recensione stregata scelta da Helena Janeczek


Sullo sfondo di un’Europa nera si muovono i personaggi del romanzo, colorati con le tonalità decise dei singoli caratteri. La protagonista del romanzo non è Gerda Taro, ma il gruppo che Gerda Taro unisce e di cui muove i fili da brava strega. I suoi amici si muovono nel loro presente e, piccoli gesti quotidiani, li riportano sempre a lei, a Gerda e agli anni d’oro del suo sorriso e della sua Leica. Non è un caso che gli episodi passati siano più avvincenti delle vite che vivono adesso: vecchi amori, un sorriso, lei che appare da lontano. Tutto porta calore ed emozione. Mettendo insieme i riflessi degli specchi umani a cui Gerda Taro ha donato la sua immagine, si ricostruisce la lei che, armata di sorriso e di una Leica, voleva cambiare il mondo e pensava che “un mondo guarito dalla disuguaglianza avrebbe dovuto realizzare anche il diritto universale al superfluo”.


Aurora

È una scrittrice sempre raffinata e originale, Helena Janeczek. Prendiamo quest’ultimo suo lavoro, per esempio. A darci così un’occhiata potrebbe sembrare, molto semplicemente, una biografia su Gerda Taro, il che già di per sé sarebbe comunque un ottimo motivo per prenderlo, dato che una biografia su questa fotografa è stata sì già scritta, ma come spesso succede con moltissimi bei libri il volume in questione è, perlomeno qui in Italia, fuori edizione (se qualcuno lo trovasse, a proposito, non se lo lasci scappare: si intitola “Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola” e l’autrice è Irme Schaber). Ma della Taro la Janeczek non fa, in realtà, una biografia. Proprio no. Perché “La ragazza con la Leica” ha la struttura e l’impostazione di un vero romanzo in cui l’energia prorompente di Gerda, la sua intelligenza, la sua spregiudicatezza e la sua vitalità assurgono, nella memoria di chi la racconta, quasi a simbolo di tutta un’epoca e della vita stessa degli esuli ebrei nella Parigi degli anni trenta. Quella sua incredibile e meravigliosa “gioia di vivere”. Quell’attivismo politico passionale, militante, inscindibile dalla vita e dal lavoro. Quel suo rapporto unico, a un tempo artistico e sentimentale, con André Friedmann, per il quale sarà proprio lei a inventare un diverso nome e un diverso passato: non più ungherese, ma americano. Non più Friedmann, bensì Robert Capa. E infine la morte, tragica e fin troppo precoce, a Brunete, durante la Guerra civile di Spagna. “Aveva dedicato la sua vita a un degno compito, a una giusta causa persa”, è il commento dell’autrice, che oltre ad aver vinto il Premio Bagutta adesso è candidata, proprio con questo libro, sia al Premio Strega che al Premio Campiello 2018. Forse ricordare la vita di Gerda e di tanti altri giovani della sua generazione potrebbe aiutare anche molte persone di adesso a dedicarsi a una causa. Sperando due cose: che sia una causa giusta. E che non sia, possibilmente, persa.


Stefano Mannucci

Una giovane miliziana repubblicana si addestrava a sparare sulla spiaggia di Barcellona. Il ginocchio poggiato sulla sabbia e la pistola puntata dritta davanti a sé. L'eleganza nella composizione di quella fotografia mi incuriosì sin da subito per capire chi fosse stato a scattarla. Fu così che diversi anni fa conobbi il nome di Gerda Taro. La fotografia campeggiava sul catalogo di una mostra in corso a lei dedicata. Da allora mi appassionai alla sua storia ed alle sue fotografie leggendo la biografia pubblicata all’epoca. E quando Guanda ha edito il libro di Helena Janeczek "La ragazza con la Leica” non ho potuto fare a meno di leggerlo e sono rimasto positivamente colpito dallo stile di scrittura dell'autrice. Come il liquore Strega - al cui prestigioso premio il libro in questione è candidato - scorre lungo la gola per attraversare il corpo del bevitore, così il libro di Helena Janeczek scorre nella mente e nella fantasia del lettore facendogli conoscere - attraverso un flusso di ricordi, in un continuo viaggio nella memoria storica e privata – Gerda Taro durante gli anni di Parigi e quelli della guerra civile spagnola, la sua passione per la fotografia e la sua gioia di vivere, il suo amore con Robert Capa ed il suo amore per la libertà.


Umbazar

Gerda era elegante, di un fascino da attrice del cinema. Amava farsi ammirare, ma non aveva bisogno di fare nulla di particolare per attirare a sé tutti gli sguardi. In lei l’aspetto magnifico si univa alla capacità, sembrava portata per tutto. Agiva sempre di testa propria – si era, per esempio, scelta il lavoro e uno pseudonimo – da una donna così minuta tanto carattere non te lo saresti aspettato. E invece, malgrado l’alone di leggerezza dovuto al suo perennemente splendido umore, faceva sempre sul serio, portando avanti le proprie convinzioni con un’irrefrenabile volontà. Anche nella sua tendenza a esporsi ai pericoli con temerarietà era cocciuta, nessuno schema, nessun piano avrebbe potuto anche solo in parte ridimensionare la dedizione alle battaglie per cui sentiva la necessità di spendersi. In alcuni frangenti sembrava un essere soprannaturale, una sorta di strega buona con poteri eccezionali che utilizzava per scuotere chi la incrociava nel proprio cammino. Anni e anni dopo la sua prematura dipartita – Gerda, la gioia di vivere fatta persona, venuta a mancare in un incidente così “stupido” – tre delle persone a lei più vicine prima dell’incontro con Capa, tornano in contatto e, inevitabilmente, in loro riaffiorano i ricordi della giovinezza e del segno indelebile che la Taro ha impresso in ognuno di loro. Una ricostruzione approfondita, a metà strada tra una biografia e un romanzo storico, le cui pagine rappresentano una sorta di omaggio postumo a una donna che, seppur inevitabilmente idealizzata nel ricordo, per temperamento e presenza non merita di essere celebrata esclusivamente quale mera spalla – negli affetti e nella professione – di Robert Capa.


Giacomo

"La ragazza con la Leica", ultima fatica di Helena Janeczek, potrebbe essere erroneamente considerata una semplice biografia della fotografa idealista Gerda Taro, amante del più noto Robert Capa, morta ventisettenne durante la guerra civile spagnola mentre scattava le sue fotografie. Tutto ciò sarebbe un torto sia nei confronti del lavoro dell'autrice, sia verso la vita della stessa Gerda. Siamo di fronte, infatti, a un romanzo documentario (sulla scia, sebbene con intenti diversi, di alcuni pamphlet sciasciani come "La scomparsa di Majorana" o "L'affaire Moro"), basato sì su dati biografici effettivi, da unire però anche a espedienti tipicamente romanzeschi, come la soggettività dei fatti e l'invenzione letteraria. Spia di queste ultime due componenti è l'impianto cronologico del testo: non una successione temporale lineare, ma il ricordo di tre diversi personaggi-narratori che, conosciuta intimamente Gerda in vita, si ritrovano, a distanza di anni, a tesserne ciascuno il personale ritratto secondo la propria ottica, enfatizzando o criticando gli elementi che più interessano loro. Dunque è un romanzo memoriale, soggettivo e selezionato dall'autrice: non si dà infatti una voce diretta a Robert Capa e questo, al di là di ogni altra considerazione, non può non essere visto come la volontà da parte della Janeczek di salvaguardare la propria eroina dalla banalizzante identificazione come "la compagna di Capa", riconsegnandole così una forza e una vitalità propria. Già candidata al Premio Strega insieme, tra gli altri, al ritratto di un'altra grande donna quale Natalia Ginzburg, "La ragazza con la Leica" ha recentemente ottenuto l'ulteriore privilegio di entrare nella cinquina finalista del Premio Campiello, a testimonianza della rilevanza che l'opera di Helena Janeczek ha e avrà all'interno del panorama letterario contemporaneo.



La motivazione di Benedetta Tobagi per la candidatura al Premio Strega

«Il romanzo dal vero (non fiction novel) si è imposto da anni nel panorama internazionale come uno dei più interessanti vivai creativi. Con quest'opera Janeczek, si conferma una delle voci più originali del genere, in ambito italiano. La costruzione narrativa è magistrale. La figura della protagonista Gerda Taro, militante antifascista e fotografa di guerra (la cui fama è stata oscurata da quella del celeberrimo compagno di vita e di lavoro Robert Capa) è costruita giocando con prospettive eccentriche, attraverso la voce (sempre credibile) di tre personaggi che hanno variamente sfiorato, amato, ammirato questa giovane donna affascinante, contraddittoria, talvolta insopportabile, «spensierata per natura, speranzosa per principio», che ritorna a loro come un rimpianto e un pungolo. E lo stesso diventa per noi lettori di oggi. Avvincente, tenero, dissacrante, La ragazza con la Leica è anche una riflessione antiretorica, oggi quanto mai attuale e necessaria, sull'antifascismo e sulle scelte di militanza di una generazione di ragazzi pieni di talento e affamati di vita. Attraverso Gerda, i suoi amici, Janeczek fa molto riflettere sul deserto presente.»

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“Mente e memoria sono una cosa unica, l’integrità della memoria fonda l’integrità di ogni essere umano, anche tra i nomadi (e lui non era forse un nomade?), non è una prerogativa dell’interiorità borghese custodire i ricordi. Ciascuno ricorda ciò che gli serve, quel che lo aiuta a mantenersi in sella. E il dottor Kuritzkes vuole solo tenersi la «sua Gerda», anche se sa che non esiste. Gerda la temeraria, l’imprevedibile, la volpe rubia, che non rinuncerebbe a qualsiasi morso di felicità si possa rubare al presente.”

Helena Janeczek, già vincitrice del premio Bagutta opera prima con il romanzo Lezioni di tenebra (Guanda 2011), riceve nuovamente il prestigioso premio nel 2018 con La ragazza con la Leica, biografia romanzata sui generis, che tratteggia la straordinaria figura di Gerda Taro, nata Gerta Pohorylle, fotoreporter e compagna di Robert Capa, morta prematuramente sul campo durante la guerra civile spagnola all’età di 26 anni.

Dopo un preambolo che prende spunto da alcune foto scattate da Gerda e Capa durante la guerra di Spagna, il romanzo inizia cedendo la parola a tre personaggi che, a distanza di anni, restituiscono un’immagine di Gerda sfuggente e inafferrabile, tratteggiata esclusivamente tramite un mosaico di memorie soggettive, trasformata in un simbolo di una nostalgia e un rimpianto di una generazione che ha visto andare in fumo tutte le sue speranze.

La telefonata intercontinentale tra Willy Chardack e Georg Kuritzkes, amici e amanti più o meno importanti di Gerda, è lo spunto per scatenare una serie di ricordi che hanno come filo conduttore la magnetica e ribelle ragazza con la Leica, la cui fisionomia si va delineando tramite la memoria di Willy, per poi passare attraverso il filtro dei ricordi di Ruth Cerf – la grande amica con cui Gerda aveva condiviso una dura vita di stenti a Parigi dopo la fuga dalla Germania –, giungendo infine a Georg.
Così si ricostruisce la sua breve e intensa vita; la sua storia con Capa, con cui aveva un forte legame affettivo e professionale; il suo coraggio ai limiti dell’incoscienza, che l’ha portata a morire in un tragico incidente. In un certo senso non è Gerda la protagonista del libro, ma la memoria a tratti eterea, a tratti vivida, di una donna forte, vitale, che ha consacrato la sua vita a quello in cui credeva. Uno spirito libero e indipendente, che ha lasciato un segno indelebile in quanti l’hanno conosciuta, sullo sfondo, non meno importante, di un’epoca: la Parigi degli anni trenta, dove i giovani ebrei di sinistra, esuli dalla Germania, avevano trovato rifugio, e la guerra di Spagna, simbolo della lotta internazionale contro il fascismo.

Helena Janeczek riesce sapientemente a restituire con il suo linguaggio, che può risultare a tratti ostico, l’andamento frammentato del racconto, fatto di istantanee tenute insieme dalla presenza impalpabile di Gerda. Lo stile incalzante si pone a metà strada tra un reportage serrato e un flusso di coscienza, in cui si alternano lunghe descrizioni a dialoghi in media res che emergono dalla corrente dei ricordi, per poi arrivare a una lucida riflessione della scrittrice, che fa sentire forte la sua voce al di sopra delle soggettività dei personaggi.

Recensione di Flavia Scotti

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Helena Janeczek

1964, Monaco di Baviera

Helena Janeczek, nata a Monaco di Baviera da una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da oltre trent’anni. Poetessa e scrittrice, ha esordito con la raccolta di poesie in lingua tedesca Ins Freie (Suhrkamp, 1989), mentre ha scritto in italiano il suo primo romanzo, Lezioni di tenebra (Guanda 2011, Premio Bagutta Opera Prima), che racconta del viaggio compiuto ad Auschwitz insieme alla madre, che lì era stata prigioniera con il marito. È inoltre autrice dei romanzi Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), finalista al Premio Comisso e vincitore del Premio Napoli, del Premio Sandro Onofri e del Premio Pisa. Nel 2017 esce per Guanda La ragazza con la Leica, romanzo incentrato sulla fotografa Gerda Taro e vincitore del Premio Strega 2018.Nel...

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