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Qui sotto si disquisisce sul presunto antisemitismo e filonazismo di Chesterton mettendo 1. Probabile che i due a mettere il votino siano la stessa persona. Ci vuole del coraggio enorme a far passare Chesterton per antisemita accanito quando magari si ha sul comodino l'ultima copia letta fino allo spasimo di Celine. Ma tralasciamo queste stupidaggini. Chesterton era un argutissimo polemista, uno scrittore dalla penna raffinata, intelligente e precisa. Chi lo nega è in malafede. Persino sulla mancanza di conoscenza dell'animo umano non spargerei certezze come hanno fatto i due tipi più giù: come se tutti i romanzieri dovessero avere il patentino della profondità angosciosa alla Dostoevskij, che non a caso, a lungo andare, diventava leggermente ridicolo (concordo con Nabokov). Bando alle ciance: i racconti di padre Brown sono letteratura di alto livello, squisiti e calibrati. Gialli classici dal sapore intrigante dove contano temi profondamente cattolici: qualcuno però non ha capito che non si deve essere per forza cattolico (vedi Borges, vedi Sciascia) per apprezzare e addirittura amare Chesterton. Così come non si deve essere fortemente antisemiti per apprezzare Celine. Chesterton non era un santo, si sarebbe spaventato e avrebbe reagito con arguzia a chi glielo faceva notare. Noi possiamo dire, a ragion veduta, che neanche il carattere del mostro cattivo o demonio gli sta tanto bene. Umano, con tutti i difetti dell'uomo... e nel suo caso grandissime virtù.
Terrificante. C'è chi ha il coraggio di negare l'antisemitismo di Chesterton. Per il lettore meno informato che rischia di farsi fuorviare dai commenti sottostanti cito, come già in altra sede: "è anche vero che gli ebrei hanno tessuto su tutte queste nazioni una rete internazionale, che è anche del tutto antinazionale. Per quanto possa essere inumana la loro usura e la loro oppressione dei poveri, non sono mai così inumani come quando diventano degli umanitari idealisti". I protocolli dei Savi di Sion? No, il racconto "La torre del tradimento" nell'antologia "L'uomo che sapeva troppo" di Chesterton. Oppure ecco qui un altra perla del medesimo volume e del medesimo tenore: "E' già troppo brutto che una banda di maledetti finanzieri ebrei ci abbia spediti qui, dove non c'è nessun interesse inglese da servire (...)". Ma non basta, di antisemitismo trasuda anche il libroqui recensito, si vedano i perfidi commenti sull'"affaire Dreyfuss" che Chesterton inserisce nel racconto "Il duello del dottor Hirsh". Altro che San Gilbert! Ed è inutile farsi paladini della Verità se non la si racconta quando non fa comodo.
"Per me il primo e fondamentale principio e' che il fine di una storia del mistero, cosi' come di ogni altra storia e di ogni altro mistero, non sono le tenebre ma la luce". Basterebbero queste righe scritte da Chesterton sul suo "G.K.'s Weekly" per offrirci una chiave di lettura per "La saggezza di Padre Brown". Questi racconti, giocati sul paradosso e su una penetrante intuizione, mettono in scena precisamente un duello, quello fra la luce e le tenebre. Duello che ha luogo nel cuore dell'uomo, che viene mille volte vinto e perso nelle sue azioni. Perche', ben al di la' di una visione sentimentale, "la vita e' una lotta, pericolosa e sorprendente". Il duello si decide infine per la vita quando viene rischiarato da quella luce che si chiama "grazia". Ne e' portatore il nostro sacerdote-investigatore, che arriva alla verita' proprio perche' ha il coraggio di uno sguardo totale sulla realta'. E se questo sguardo puo' sembrare banale, o ingenuo, forse e' perche', come scrive Chesterton, "la verita' e' qualcosa di evidente, per quanto i materialisti escano pazzi a furia di cercarla". Se non abbiamo un frammento di questo sguardo, un po' di questa leggerezza, un pizzico della sua ironia, forse non ci resta che impararla.
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