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Leggerò questo libro, di cui conosco e stimo l'autore (RIP), appena avrò finito quello che sto leggendo attualmente. Cosa mi ha dato la spallata a comprare questo libro? Sostanzialmente leggere commenti di persone come il Bacchi, figli di un sistema scolastico troppo sbilanciato sulla cultura umanistica e giuridica, spesso superficiale e parolaia, in cui si pensa che infarcire un testo (un commento) con citazioni (tra l'altro quasi sempre "ad minchiam") dia valore allo stesso, dove il fare i conti con la realtà fisica e immanente delle cose sia superfluo. Sapere a memoria la divina commedia ti mette di fronte ai tuoi limiti, conoscere il calcolo differenziale ti da i mezzi per provare a superare i limiti!
Da tempo voci autorevoli come quelle dello storico della scienza(prematuramente scomparso) Enrico Bellone o di Piero Angela, esortano a riflettere sul ruolo che scienza e tecnologia rivestono nelle nostre società in termini di qualità della vita, ricchezza e possibilità di sviluppo. Queste problematiche sono sovente affrontate in termini quantitativi, citando percentuali del PIL destinate alla ricerca, numero di ricercatori ogni mille abitanti, ecc., con il fine di dimostrare l'inadeguatezza di questi parametri nel nostro Paese, rispetto agli altri Paesi industrializzati o emergenti. Bellone in questo libro cerca di andare oltre tale impostazione, risalendo alle motivazioni profonde di queste problematiche. Motivazioni che vanno ricercate nella filosofia, tanto in quella del passato (i filosofi del '500 che tanto infastidivano Galileo con la loro ricerca della verità nei testi degli antichi a discapito dell'osservazione del reale) quanto nel dibattito accademico più recente che ha visto svilupparsi correnti di pensiero fortemente prevenute nei confronti della scienza e della tecnologia, spesso disprezzate a prescindere senza però una reale comprensione dei contenuti essenziali oggetto di critica da parte di pensatori indotti a ricercare nelle teorie scientifiche (soprattutto quelle più rivoluzionarie di Einstein o Newton) significati "profondi" del tutto fuori luogo. Fino a che punto un dibattito accademico possa, tuttavia, influenzare le scelte di politici ed imprenditori è un quesito che non trova risposta ma certo è che tali impostazioni della "cultura alta" hanno contribuito al proliferare di immagini negative della scienza e della razionalità, così generando timori infondati riguardanti i supposti pericoli derivanti dalla natura stessa della conoscenza scientifica e sovente trovando riscontro nelle simpatie popolari, complici uno scarso livello educativo nelle scuole e, per lungo tempo, una carente propensione alla divulgalzione da parte degli scienziati.
Lo scienziato di professione non ha una idea chiara della "Ragione" concetto filosofico che Parrini nei suoi scritti identifica (e chi se non Lui?) con un ideale regolativo utile allo scrimine fra il vero e il falso, il giusto e lo sbagliato. Più prosaico nel suo commento su L'Indice il prof. Boniolo che, pur estraneo al lessico filosofico puro di Parrini, assiomatizza la Ragione come idea che distingue le "monate" dalle verità. Le "monate" sono le fesserie che, puntualmente il volume di Bellone esamina e liquida come prove infami di una cultura fatalmente deviata dal carattere mistico religioso del fondo antropologico di una civiltà mediterranea in ritardo scientifico causa la sua vocazione letteraria. Manca al curriculum di Bellone una sufficiente cultura giuridica per aver nozione che la causa specifica del ritardo intellettuale italiano si iscrive nella radice archetipica della sua cultura giuridica. La "sua" cultura, perchè il mediterraneo archetipo culturale italiano è romano e quindi nel mito di Roma e nella sua cultura che fu solo giuridica (un popolo che contava con le aste e privo di algebra)ha declinato coi suoi autori più importanti il verso di una ideologia che dovette ricorrere alla kultur sia per la formazione di categorie giuridiche astratte incognite alla romanità, sia e a fortiori per farsi una idea non rurale della astrazione della Ragione, patrimonio della metafisica tedesca. Liquidare Marcuse come dicitore di "monate" è facile per Bellone; meno facile è capire quale sia la "ratio" del suo "re nudo" e cioè della regula rationis con la quale ride di certe teorie. Il mestiere di censore del mito e di teorico della ragione è mestiere da filosofi, non da scienziati: Bellone quindi potrebbe essere censurato in funzione della stessa "idea regolativa" con la quale censura le sue vittime senza aver nozione della origine e del significato della regula censoria impiegata nella scepsi dei teorici del mito che deride senza averne reale nozione epistemica.
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