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Anno edizione: 2011
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Mi ha deluso, un grande sfoggio di luoghi comuni sulla chiesa per criticare un Papa che ha sicuramente problemi di comunicazione, ma mantiene intatta una coerenza e profondità ormai rimasta a pochissimi. Il solito libro-scandalo che cerca la polemica per fare vendite.
Grazie..... un saggio di grande interesse che ci fa vedere che la Chiesa non è soltanto quella che appare oggi alla tv o suo giornali, ma anche e soprattutto quella che vive nel nascondimento, nelle parrocchie, nel volontariato, nelle periferie più degradate.... che sentono disagio difronte alle ultime prese di posizione dei "vertici"... Grazie Direttore Chiaberge!
Recensioni
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Riportiamo qui di seguito un commento al libro del giornalista e scrittore Arrigo Levi:
«Riccardo Chiaberge, per anni responsabile dello splendido supplemento culturale del "Sole" domenicale, è un laico dichiarato, che da tempo ama ingerirsi, come dice lui stesso, "di faccende che non lo dovrebbero riguardare". Ossia, di Chiesa e religione. Due anni fa ci offrì un saggio su scienza e Chiesa intitolato "La variabile Dio". A chiusura degli Anni Zero, ci ha ora proposto (ha un certo gusto per i titoli ad effetto), con i tipi di Longanesi, un testo battagliero sulla condizione attuale della Chiesa cattolica, dal titolo provocatorio: "Lo scisma Cattolici senza Papa". Ha intervistato, e provocato con domande garbate ma scomode, una ventina di autorevoli personalità cattoliche collocate più o meno ai confini, o appena un passo al di là dei confini, della Chiesa romana. Dichiara di essere andato alla ricerca, in questo itinerario personale, di "un'altra Chiesa", di "cattolici adulti" che non la pensano spesso come Roma: eremiti cistercensi, suore missionarie, preti di periferia, ricercatrici e ricercatori cattolici che operano nell'incerto confine fra il lecito e il proibito dalla dottrina cattolica, e ancora filosofi, intellettuali, medici pellegrini a Lourdes, e semplici fedeli. Il lettore troverà il suo viaggio affascinante. Non ha voluto scrivere "un libro devoto" (direi proprio di no) ma nemmeno un "pamphlet anticlericale". Ha scritto "una dichiarazione d'amore di un laico battezzato e cresimato per la religione dei suoi padri, per la straordinaria ricchezza e multiformità del mondo cattolico, inesauribile riserva di anime e intelligenze, di talenti e ideali." Ha lodato "la creatività cristiana". Ma è stato assai duro con il potere papale, con le gerarchie ecclesiastiche. E alla fine ha ritenuto di avere scoperto l'esistenza di un cristianesimo moderno, creativo, insoddisfatto della Chiesa com'è, nonostante il Concilio Vaticano II, ed è giunto a una conclusione esplosiva: "Forse (sono le ultime parole del libro) tutto questo è già scisma". E se non lo è, forse lo annuncia. Non so se lo stesso Chiaberge sia davvero convinto di questa conclusione, che ci propone in modo abbastanza problematico, e che contraddice la "ricchezza e multiformità", i "talenti e gli ideali" della galleria dei suoi interlocutori, che, nella quasi totalità, rimangono nella e della Chiesa: magari dicendo provocatoriamente: "Chiesa siamo noi". Anche perché alcuni dei "referenti ecclesiastici" di questa schiera di cattolici innovatori (il che vuol dire, ovviamente, cattolici che vogliono tornare alle origini del pensiero cristiano, rivivere nella propria scelta di vita la parola e l'etica di Gesù di Nazareth), sono autorevolissimi cardinali di Santa Madre Chiesa: a cominciare dall'attuale arcivescovo di Milano Mons. Tettamanzi, e dal suo predecessore Carlo Maria Martini¨. Chiaberge li giudica esponenti di una corrente di pensiero che si colloca pur sempre ai vertici della Chiesa, ma che, esplicitamente o allusivamente, tende a proporre innovazioni significative in materie sensibili come l'uso dei contraccettivi, come il celibato dei preti, o come l'assistenza ai malati terminali (a un laico non è sempre facile decidere dove si collochi la sottile linea divisoria fra la categorica condanna, da parte dello stesso Catechismo, dell'"accanimento terapeutico", e l'altrettanto categorica condanna dell'eutanasia (che talvolta equivale a una imposizione di un accanimento assistenziale doloroso e inutile). Il caso vuole, provvidenzialmente, che sullo stato della Chiesa si sia pronunciato, giorni addietro, nella sua intensa pubblica corrispondenza con i fedeli, lo stesso Cardinale Martini, rispondendo a lettere che, con maggiore o minore veemenza, denunciavano la "decadenza della Chiesa", o addirittura sostenevano che "la Chiesa sta morendo". Questo non è proprio il pensiero del grande Cardinale, anche se più volte è stato anch'egli critico di questo o quell'aspetto del pensiero e dell'opera della Chiesa. Cito le sue parole: "Sono dell'avviso che la storia ci mostri come la Chiesa nel suo insieme non sia mai stata così fiorente come è ora", "unita e compatta nonostante le inevitabili tensioni interne"; dovendosi intendere che non è Chiesa soltanto la gerarchia ecclesiale, ma la comunità di tutti coloro che credono in Gesù e che "si comportano col prossimo come con Gesù stesso". Chi ha ragione? Il laico che, criticando duramente la Chiesa, e soprattutto il Papa, riconosce però "la straordinaria ricchezza e multiformità del mondo cattolico", o il grande Cardinale che parla di una Chiesa più che mai "fiorente"? O forse descrivono, anche se da angolazioni diverse, la stessa complessa realtà, una realtà in continua evoluzione, che a volte sembra fare un passo indietro solo per fare all'indomani un passo in avanti? Come laico non credente, e per di più ebreo, ho ancor meno titoli del mio amico Chiaberge per proporre un giudizio definitivo. Penso, caro Riccardo, che, magari senza volerlo, ti sia uscita dalla penna quella che è insieme una condanna e un'esaltazione della Chiesa qual' è oggi, continuamente obbligata dalla vitalità di una cultura laica dominante a porsi difficili scelte, e quindi a proporre verità intrise - cito una parola del Cardinale Martini - di "relativismo cristiano". (Ma confesso: di tendenze scismatiche non vedo traccia).»
Arrigo Levi
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