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Una raccolta di lettere scritte da Rimbaud. In alcune di esse l'autore delinea la sua poetica. Belle e curate le note. Lettura interessante per approfondire la figura di questo poeta maledetto e il suo rapporto con Verlaine.
Poco più che adolescente, lettore onnivoro e dissacrante di tutta la tradizione poetica francese, incrollabilmente sicuro del suo talento e deciso a conquistare il Parnaso della letteratura, Rimbaud scrisse molte lettere (sfrontate, scorbutiche, presuntuose, imploranti) a diversi poeti e scrittori a lui contemporanei, chiedendo con insistenza attenzione per i suoi versi, reclamando il diritto ad essere letto e pubblicato, dichiarandosi “veggente” della poesia. Questa sorta di invasamento totale, questa ubriacatura dei sensi attraverso la visione e la parola poetica viene ribadita in tutte le undici lettere qui pubblicate. Due di esse sono indirizzate all’amante Paul Verlaine, definito l’unico vero poeta tra “milioni di scheletri che, da tempo infinito, hanno accatastato i prodotti del loro guercio intelletto” in pagine tronfie e inutili. Il grido disperato e rabbioso del giovane Rimbaud non riguardava tuttavia solamente l’esperienza amorosa: era diretto principalmente contro l’immobilismo culturale della società a lui contemporanea, contro la borghesia ottusa e convenzionale, i familiari meschini e ignoranti, e la sua cittadina nelle Ardenne da cui bramava fuggire a qualsiasi costo. Sarcasticamente commentava la produzione letteraria di molti scrittori di successo, (“mestieranti più morti dei fossili”), disprezzati in quanto troppo integrati in un ambiente sociale ammorbato dall’apparenza e dalla falsità; rivendicava il ruolo illuminato di chi scrive versi (“il poeta è un ladro di fuoco”), con il dovere di dare forma all’informe, facendosi carico dell’umanità intera: dei reietti, delle donne, “degli animali addirittura”. E se per arrivare a farsi possedere dall’arte suprema avesse dovuto dissociarsi da se stesso (“Io è un altro”), ubriacarsi di assenzio, mendicare, bestemmiare Dio, fuggire da qualsiasi paese e rifiutare ogni occupazione, ebbene Rimbaud in queste lettere si dichiarava prontissimo a farlo, con l’arroganza esaltata della giovinezza.
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