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L' ultima famiglia felice - Simone Giorgi - copertina
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ultima famiglia felice

Descrizione


Matteo Stella è un padre che crede nel dialogo anziché nell'imposizione di regole. È un uomo mite e un padre indulgente, convinto di avere costruito una famiglia felice. Anche se Stefano, il figlio tredicenne, irride i suoi metodi educativi con una ribellione cieca, alzando di volta in volta il livello della sfida. Anche se Eleonora, la figlia maggiore, sembra aver perso pian piano il rispetto per lui. Anche se Anna, la moglie, si sente oppressa invece che liberata dall'infinita capacità che ha il marito di perdonarla. Poi, d'improvviso, ogni illusione crolla, rivelando la vulnerabilità e le contraddizioni che covano sotto la cenere in ogni famiglia.
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Dettagli

2016
26 gennaio 2016
240 p., Brossura
9788806224479

Valutazioni e recensioni

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Fiorenza
Recensioni: 1/5

Bello il tema! L'adolescenza, il rapporto di coppia, il ruolo ribaltato della posizione di lavoro piu' remunerata. Bello che accade tutto in un giorno! Ma non scorrevole, sara' per via dell'esordio.... Vorra' farne un seguito? La fine lascia l'amaro in bocca...

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cinzia
Recensioni: 5/5

un libro che si legge di un fiato, che rende semplici (nell'accezione positiva del termine) le relazioni complesse della famglia odierna. Lo specchio di un nucleo alle prese con i mutamenti dei ruoli genitoriali e di coppia, con le incertezze adolescenzaili dei figli acuite dalla mancanza di un punto forte di riferimento. E il giovane scrittore, al suo esordio, ben riesce a descrivere la fragilità dei personaggi entrando con occhio quasi clinico ma senza "perdere la tenerezza" in ognuno di essi guidando il lettore nel processo identificativo. Fino alla conclusione che rimane quasi sospesa e alla quale è possibile dare significati diversi. Un bel romanzo, intimo e sociale al contempo che ci lascia in attesa della seconda prova

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susanna
Recensioni: 2/5

una noia infinita. Bello l'inizio, l'idea molto carina ma non si concretizza.

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Recensioni

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La recensione di IBS


Menzione speciale al Premio Calvino 2014.

Stefano lo odiava, suo padre. Per come ti può odiare un ragazzino di tredici anni: con tutta la rabbia del mondo. Aveva passato buona parte della notte a sbattere una pallina da tennis contro il muro che lo separava proprio dalla stanza di Matteo e Anna. Colpo, silenzio, colpo, silenzio, colpo, silenzio. Lo aveva fatto per portare Matteo all’esasperazione, stanarlo, obbligarlo ad aprire senza permesso la porta su cui c’era un cartello scritto a mano: papà qui non può entrare.

Le famiglie felici non esistono. Non esiste la domenica, il copri sedia immacolato, l'asse da stiro piegato in un angolo. Esistono però le luci rotte dell’albero di Natale, a intermittenza etilica, e le foto delle vacanze in montagna che ti guardano, polverose, dall’alto della loro presunzione e ti esigono quella esatta felicità stampata sulla faccia, ogni giorno della tua vita. Non è solo per affermare la nostra esistenza biologica che abbiamo la necessità di sentirci pienamente realizzati al caldo di casa nostra. È per quello che vediamo la mattina allo specchio che ne abbiamo bisogno, per avere una via di fuga dal lavoro, per sentire la sicurezza effimera di un benessere fatto di sugo al basilico, perché il nostro riflesso possa combaciare perfettamente con quello che vediamo alla televisione, e tirare un sospiro: tutto sta andando dove dovrebbe andare.
Matteo Stella è un uomo buono, mite e teneramente ingenuo. Matteo non giudica, non addita nessuno, comprende, capisce, vive senza fare rumore, non ha bisogno di controllare l’innocente bontà del mondo che lo circonda. Sul suo volto sono stampati i segni dell’orgoglio e del compiacimento per la famiglia che ha costruito. Una famiglia felice. Pulita, composta. A questo sono servite le pratiche educative smaglianti, tutte tirate fuori dal cilindro di papà: senza il bisogno di una spigolosa autorità, Matteo è riuscito a ottenere raggianti sorrisi dai suoi ragazzi e da sua moglie. Nessun urlo – si parla tutti insieme e si ragiona, nessuna occhiataccia – il confronto è la risoluzione di ogni conflitto, nessun divieto – mitigare ogni scelta è sempre il modo migliore per ottenere attenzione. Siamo esseri parlanti e pensanti: perché non usare al meglio queste armi per arginare e prevenire qualunque dramma familiare?

Matteo Stella non era solo semplice, ragionevole, affettuoso. Matteo Stella voleva essere semplice, ragionevole, affettuoso. La gente pensa che essere miti sia una fortuna, beato lui, non si arrabbia mai. La gente non capisce nulla. Essere miti è uno sforzo senza pari.

La famiglia Stella è stata una famiglia felice, fino alla notte in cui è straripata come una fiumana di fango, spezzando gli argini di sicurezza di Matteo. La notte in cui una pallina è arrivata dritta al centro del vetro, e la crepa ha iniziato a lavorare. Velocemente. Sono bastate ventiquattro ore per strozzare le risate cristalline della famiglia Stella. In superficie, sopra il brodo caldo che riempie la casa di conforto, si è formata una fragile ragnatela, quella che solo i rapporti familiari possono tessere con tanta minuzia ed evanescenza.
È bastata solo una pallina. E la rabbia di un figlio adolescente.
Matteo è un uomo buono, mite e teneramente ingenuo. Matteo è un uomo felice: la moglie Anna, avvenente donna in carriera, porta con sè una patina di quegli ideali anticonformisti che l'avevano animata ai tempi dell’università. Oggi è scesa a necessari compromessi col mondo del lavoro: ha aperto un’agenzia pubblicitaria per vendere fumo negli occhi al mondo, credendo però di saperlo fare con l’antico giudizio rivoluzionario che l'aveva trascinata in piazza con una kefiah al collo. Ma i soldi, il centro commerciale, la casa di proprietà, la famiglia perfetta da middle class italiana hanno fatto tutto il resto. L’amante è arrivato così, come l’imborghesimento, se ne stavano dietro l’angolo pronti a farla inciampare.
Ma Matteo non giudica. Non accusa.
Eleonora era così piccola quando Matteo la portava a letto, addormenta, davanti ai cartoni della Disney. Oggi invece, dall’alto dei suoi diciassette anni, è troppo presa dal saggio di greco, dai quiz della patente e dagli ormoni che la assillano per poter ricordarsi di ubbidire in tutto al suo papà. Ma Matteo è sempre lì, pronto a parlare. Non critica quell’amore di figlia. E poi c’è Stefano, tredici anni e un odio recondito verso quel padre troppo presente, troppo irresoluto. Il suo bisogno di autorità è tanto forte quanto il suo bisogno di crescere, di tracciare i confini tangibili del suo essere ragazzo, in un mondo fatto di calci al pallone, bullismo e scurrilità. La cintura di Orione, che Stefano ama tanto studiare e che il padre gli ha insegnato a osservare, ora può aspettare; c'è qualcos'altro che ha più urgenza di farsi spazio: la lotta con Matteo, lo scontro, il bisogno di vedere tutta quella autorità che ritrova negli altri padri. Negli altri uomini. Perchè non ha un padre a cui basta uno sguardo torvo per ottenere il consenso?
Ma Matteo sta fermo lì a indugiare davanti a una porta chiusa con su scritto “Qui papà non può entrare”. Lui non snocciola come l'allenatore di calcio il glossario fallico che gli farebbe affermare davanti al mondo il suo testosterone. Matteo Stella si aggrappa al suo inesorabile destino e, continuando a mettere un fiore in ogni cannone, si ritrova di fronte alla disfatta della sua vita. Una disfatta sentimentale e morale: l’infelicità della sua famiglia. Ed è bastata quella notte, e una pallina contro il vetro.
Simone Giorgi si svela così al suo primo romanzo, racchiudendo ne L’ultima famiglia felice tutto il fragore del nostro presente, dei nostri figli, delle nostre famiglie. È lo scrittore di una nuova generazione a parlare, quella troppo piccola per sentirsi del tutto adulta, quella troppo adulta per pretendere ancora vitto e alloggio da mamma e papà. La sua scrupolosa osservazione dell’attuale società italiana ha permesso di raccogliere un intrigo di rapporti familiari in cui è impossibile non ritrovarsi. Scavando nei dialoghi e nei silenzi, racconta quel non detto che crea l’assenza, i divari scoscesi che franano intorno alle persone. E lo fa con la linearità dei pensieri di Matteo, con l’incastro cinematografico dei drammi di casa, con il colore acrilico di un’educazione perfetta che si scioglie sotto il bisogno di un’atroce autorità. Lo fa con una pallina: «colpo. Silenzio. Colpo. Silenzio. Colpo Silenzio.»

A cura di Wuz.it

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