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La Perrotta è certamente un'ottima pianista:tecnica impeccabile (si noti come risolve i passaggi più concitati del primo mov. della 111);una varia gamma di colori (primo mov. della 109).Ma è qualcosa in più:un'ottima interprete:ha una "visione",portata avanti con coerenza.Tra chi professa una aderenza estrema al testo e chi predilige una "rilettura" personale,"dove si colloca" Perrotta?Per capirlo ho confrontato questo disco con esecuzioni di Schnabel (cultore dell'aderenza al testo) e Richter (un interprete spesso molto "personale"):concludo che Perrotta sta nel giusto mezzo;è "personale",ma segue un'ottica per certi versi più corretta che Richter.Nei poderosi accordi del primo mov. della 109 Richter ha degli "eccessi" non presenti in Perrotta; qui Richter "proietta" Beethoven in un'estetica più russa che da Vienna di inizio ottocento.L'interpretazione della Perrotta è più "romantica";Richter nella 110 non mostra quegli indugi,il respiro di certe frasi, quell'uso del rubato che in Perrotta incantano.Così, paradossalmente,Richter colloca Beethoven un po' nella piena "classicità" e un po' in un immaginario novecento russo.La Perrotta non è "impersonale":fa una scelta,che a sua volta discende da quella "visione" interpretativa di cui parlavo prima:collocare l'ultimo Beethoven agli albori del romanticismo.E persegue costantemente questa visione,senza deviazioni.Nella seconda variazione dell'ultimo mov. della 109 introduce un "pizzico di alone" in più rispetto a Richter che è più aderente al testo (lo deduco dall'ascolto di Schnabel),ma Perrotta vuole essere coerente con una visione di un Beethoven proto-romantico:più spesso troviamo tempi più distesi per far "cantare" la melodia,un più accentuato "sfasamento" tra mano destra e sinistra ecc.Richter e Perrotta sono due pianisti che "interpretano",ma mentre Richter mette se stesso nella musica,la Perrotta "pensa" il compositore in una certa ottica,e poi ci "spiega" quella ottica, riuscendo nel frattempo a commuovere
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