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Il centro del nucleo familiare è il padre padrone Nicola, eroe di vitalistica e rassegnata energia, che disprezza il figlio Tancredi per la sua passiva remissività mentre ammira il nipote Masino, già pregiudicato e abile nel riscuotere il pizzo,- Nicola, la cui vita ha come unico splendore il nero lucente di una Volvo,e che trova la morte proprio all'incrocio delle tre coordinate che delimitano il suo relazionarsi con il mondo: la Volvo,Tancredi,Masino. L'antagonista è Tancredi,"il figlio",schiacciato dal suo senso di inadeguatezza, che lo ritrae a volte in un'assenza dolcemente autistica. Tancredi, che viene sacrificato alle esigenze della famiglia,Tancredi,di cui si può parlare come se non fosse presente,protagonista riluttante di una storia che non è la sua.Il titolo del romanzo "E'stato il figlio" lo individua nella sua condizione di figlio,e l'asserzione che lo concerne è intrisa di paradossale ironia.Gli viene attribuita un'azione di potere,a lui che non solo "non è stato",ma quasi "non è", a lui che si connota per ciò che non fa, per ciò che subisce.E in filigrana nelle pagine del romanzo è la presenza-assenza di Serenella, vittima innocente di un dramma che innesca altri drammi,commovente e tenera nel capitolo che descrive il giorno della gita conclusa tragicamente,e dove l'autore rivolge uno sguardo di incantata dolcezza sul mondo dell'infanzia,fino alla scena di cinematografica evidenza del quieto morire della bimba sul marciapiedi,la mente ricolma della grande emozione vissuta,con l'unico rammarico di aver macchiato il vestito.Se l'elemento visibile che fa da filo conduttore al libro è la macchina maledetta,nera e insanguinata, che sembra uscita dalle pagine di King,in realtà la pietra angolare del romanzo è la mostruosa, incomprensibile decisione di comprare un'auto da 80 milioni col risarcimento ottenuto per la morte della bambina[...]. (2-cont.)
Palermo, quartiere Kalsa. A due passi da noi esiste un mondo che offre stranezze e stravaganze da testo di etnologia;un mondo dove vigono codici di comportamento e comunicazione che appaiono ostici e incomprensibili,un mondo che si basa su convinzioni e presupposti "altri", quando non addirittura sul capovolgimento dei valori etici e umani,sul più spiazzante "non senso".E questo mondo Alajmo indaga con l'attenzione e la curiositas del giornalista, ma anche con empatia, con sguardo amorevole e consapevole. Il romanzo ha la struttura del giallo e apparentemente è meno cupo di "Cuore di madre"- c'è un interno familiare normale,che celebra i suoi piccoli riti,i gesti della vita di ogni giorno,le chiacchiere con gli amici,le manifestazioni di protesta,la gita alla spiaggia. Un interno familiare con le sue prepotenze,le sue prevaricazioni,le sue ingiustizie, ma dove degli affetti sono comunque presenti. E tuttavia in questo appartamento lindo che si distingue dallo squallore circostante,in questo piccolo avamposto dove le donne lottano a loro modo,pulendo e tenendo in ordine,contro il caos dell'esistenza,in questa dimora di umili dove non viene mai a bussare la storia,c'è qualcosa di inesplicabilmente triste, di innocente e corrotto insieme. Gli affetti finiscono con l'essere esteriori e convenzionali...Tutto è precario, dal lavoro alla presenza delle persone,dalle convinzioni ai sentimenti. Una sola cosa sfugge alla precarietà:l'istinto di sopravvivenza, la caparbia volontà di strappare qualche occasione alla vita.(1-continua)
è il primo libro di Alajmo che leggo. Non capisco l'acredine di alcune recensioni. Ritengo sia un libro molto scorrevole e leggibile, forse ha l'effetto "catena": regalo-consiglio-prestito. ma credo che se letto per caso sia piacevole
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