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Per merito della leggendaria figura di Ibn Saud, dal 1932 lo stato moderno saudita si distinse per la capacità di creare un regno stabile e duraturo che riuscì ad assoggettare Hijaz, Asir e Hasa, oltre alla provincia centrale del Naid. Questo stato fu dunque capace di riunire, sotto la propria sovranità, popolazioni diverse e grandi territori, riuscendo in un'impresa che, per varie ragioni, era in passato fallita. Sebbene si possa considerare la Gran Bretagna un fattore chiave nella formazione statuale saudita, il consolidamento fu il prodotto di molteplici fattori. Se si eccettua una consistente minoranza sciita, la maggioranza dei sauditi è musulmano-sunnita. Le divisioni tribali e regionali costituivano un ostacolo all'unità dello stato, ma mentre gli stati del Medio Oriente furono disegnati da Francia e Gran Bretagna, le quattro regioni che formarono l'Arabia Saudita furono unificate in seguito alla conquista da parte di un sovrano indigeno. Non senza la ratifica di una potenza coloniale. L'unificazione richiese trent'anni, dal 1902 al 1932, il tempo necessario a Ibn Saud per sconfiggere i rivali. Nel 1938, poi, la Chevron scoprì in Arabia Saudita ricchi giacimenti petroliferi. Già nel 1960 l'80 per cento di tutte le entrate governative proveniva dal petrolio. L'embargo voluto da Re Faisal nel 1973 aumentò il prezzo del petrolio di quattro volte e l'Arabia Saudita divenne una potenza mondiale. La nuova ricchezza aumentava la vulnerabilità del potere e spinse i governanti a cercare l'appoggio americano. La contraddizione tra dogma religioso, su cui si fonda lo stato, e sfarzo dei regnanti è stata infine tra le cause delle tensioni che hanno attraversato il paese e che lo rendono un epicentro della più grande crisi mondiale dalla fine della guerra fredda.
Paolo Di Motoli
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