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Storia dell'editoria letteraria in Italia. 1945-2003
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Storia dell'editoria letteraria in Italia. 1945-2003 - Gian Carlo Ferretti - copertina
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Storia dell'editoria letteraria in Italia. 1945-2003

Descrizione


Le vicende clamorose e segrete di editori, autori, libri: le fedeltà e i conflitti, i retroscena dei contratti e delle censure, il funzionamento della macchina editoriale, i successi e gli insuccessi di mercato, i casi letterari dal Gattopardo a Eco, dalla Tamaro a Camilleri, il ruolo dell'informazione e della critica, i mille volti del lettore, e ancora le crisi finanziarie, i passaggi di proprietà, i rapporti con il potere ecomonico e politico. Gian Carlo Ferretti ripercorre la storia dell'editoria letteraria in Italia analizzando i vari aspetti culturali, sociali, economici, politici.
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Dettagli

2004
20 aprile 2004
Libro universitario
XIV-517 p., Brossura
9788806157364

Valutazioni e recensioni

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Giuseppe
Recensioni: 5/5

Un libro consigliabile che offre un quadro contemporaneamente sintetico e dettagliato della storia dell'editoria.

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Alessia
Recensioni: 4/5

Dettagliato e preciso. Consigliatissimo per chi vuole intraprendere studi sull'editoria

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David Pacifici
Recensioni: 5/5

Un libro fondamentale e non solo per chi lavora nel settore editoriale. Lo stile è assolutamente brillante e Ferretti ha trovato il perfetto equilibrio tra sintesi e narrazione. Attraverso le pagine del libro viene fuori la storia dell'Italia dal dopoguerra ad oggi. Preciso, puntuale, mai noioso, l'aneddotica non sfonda mai nel pettegolezzo, l'opinione del cronista non è mai faziosa. Finalmente colmato un vuoto editoriale/culturale. Un libro incredibile da acquistare senza ombra di dubbio David Pacifici

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Voce della critica

È uno studio ampio e generoso quello che Gian Carlo Ferretti indirizza ai bibliologi, ai letterati sensibili alla dimensione concreta del loro fare, ai frequentatori di master e corsi universitari specialistici. Uno studio che si offre come sintesi di un cinquantennio di editoria italiana e insieme come ausilio per chi intenda ricostruire il profilo di singoli marchi e professionisti del settore. Vale sia in funzione di repertorio, sia come manuale storico, in cui la mole davvero ingente di notizie rischia forse di sovrastare gli snodi concettuali più delicati, dando al lettore il senso del troppo pieno, della mappatura totale, ma assicurandogli per altro verso il conforto di uno strumento di consultazione sempre attendibile e a portata di mano.

A scandirne le pagine è una cronologia emblematica e persuasiva: 1945-1958 (anno del Gattopardo), 1958-1971 (morte di Arnoldo Mondadori); 1971-1983 (tracollo di casa Einaudi), 1983-2003. Altrettante tappe utili a rappresentare, in ordine, la transizione verso forme più strutturate di mercato, il boom economico nazionale e i suoi riflessi sul mondo del libro, il declino dello storicismo enciclopedico coltivato dai torinesi a favore di una nuova mistica aprogettuale di latitudine adelphiana, il costituirsi di un'industria dei contenuti che veicola la produzione a stampa nel grande mare della multimedialità. Ferretti è molto attento a non indurre visioni catastrofiche, più volte cerca di rinsaldare costruttivamente le fila del suo discorso, e tuttavia la parabola che ci viene indicando suscita un senso di snaturamento e di lutto. La scena secondonovecentesca si apre e si chiude all'insegna di una triade di fatti interconnessi: il tramonto dell'editore protagonista insieme con i suoi consiglieri più preziosi, i letterati editori, ossia i Calvino, i Sereni, i Debenedetti; l'emergere in loro vece del funzionario o editore incaricato, "manager di carriera extraeditoriale (e culturale)", poco propenso al carattere spassionato del fare librario e più attento al conto economico; la perdita di identità, infine, a cui la maggioranza dei marchi va incontro una volta collocate le proprie strategie nel campo dell'impresa competitiva.

Ferretti sa bene che il cosiddetto editore protagonista, di cui oggi si avvertirebbe la mancanza, reca un carattere quantomeno duplice. Se in taluni casi ha sì promosso e organizzato l'alta cultura, fornendo al pubblico italiano opere preziose e durevoli, d'altra parte ha edificato grandi complessi industriali, che hanno contribuito largamente all'uniformazione e risegmentazione dei gusti di lettura. Personalità marcate e idee distinte di libro ebbero senz'altro Valentino Bompiani, Giulio Einaudi, Livio Garzanti, Giangiacomo Feltrinelli, e ora Roberto Calasso, Elvira Sellerio. Ma non meno riconoscibili sono magnati come Arnoldo Mondadori o Angelo Rizzoli o Edilio Rusconi; mentre una posizione intermedia fra ricerca qualitativa e fiuto commerciale vengono assumendo figure certamente spiccate come Leo Longanesi o Mario Spagnol. Tutto ciò Ferretti lo sa bene, anzi ce lo spiega; sicché alla sua analisi sarebbe difficile imputare una cecità insofferente rispetto alle dinamiche del mercato librario.

Va piuttosto osservato che a derivarne è un ragionamento in qualche misura rigorista, manicheo, in forza del quale o il mercato lo si domina, lo si plasma, con piglio talentuoso da grande timoniere, oppure se ne resta travolti, finendo per deporre sull'altare del fatturato e delle quote qualsiasi ambizione progettuale. E ancora: difficile negare a Ferretti l'onestà civile con cui ci informa delle insufficienze manageriali anche gravi che hanno travagliato l'insieme dell'editoria nostrana. Anche qui tuttavia non si sfugge alla sensazione di un doppio atteggiarsi dello studioso, per cui le crisi finanziarie, i fallimenti, le estromissioni dolorose dalle cariche e finanche gli arresti per falso in bilancio parrebbero un dato di natura, circostanze imponderabili nel mondo del libro come in ogni altro comparto produttivo, mentre l'imporsi di un'editoria a vasto raggio e più aperta alle pratiche di marketing diventa un dato di cultura, o meglio di incultura, tecnocratica e omologante.

Il dispiegarsi d'altronde di un sistema editoriale modernamente attrezzato e di massa risulta in certa misura postdatato nel volume di Ferretti, spostato in là di alcuni decenni rispetto al suo incidere effettivo. L'intervento del capitale finanziario, l'individuazione di nuovi generi e sottogeneri atti a catturare i gusti di un pubblico trasversale, il rinforzo alla lettura fornito dalle trasposizioni filmiche, sono tutti fenomeni insediatisi nel paese a partire dagli anni venti e trenta del Novecento: il ricorso alle banche da parte della Treves, di Mondadori, Bemporad, Zanichelli, la nascita dei gialli, dei romanzi rosa, la nozione di libro-evento, la vulgata biografico-romanzesca, il collegamento con la programmazione hollywoodiana nella collana "Sidera" di Rizzoli, nell'immediato dopoguerra.

Con ciò non si sta imputando all'autore una carenza informativa o il mancato tratteggio di politiche librarie che restano fuori dai margini temporali stabiliti; andrebbe notato nondimeno che il trasferimento in avanti dei fenomeni di massificazione e inclusività editoriale tipici del primo Novecento viene poi a gravare sulla stessa idea ferrettiana di "apparato", in quanto strapotere esercitato da manager in tutto o in parte estranei alla cultura del libro. Ebbene - meglio dirlo con chiarezza - non è "l'apparato", non sono i Ferrauto, i Buzzi, i Jesurum, i Polillo a pilotare il nostro complesso editoriale nell'industria dei contenuti e nella multimedialità; è piuttosto lo svolgersi pluridecennale di una civiltà di massa che vede l'imprenditore librario al bivio tra ammodernamento produttivo e rientro nell'artigianato. Nessuno intende occultare le distorsioni, i pressapochismi e le anomalie italiane di vario tipo che hanno concorso alla costituzione di un quadro certo non esaltante come l'attuale, ma questo è il dato: moderna editoria industriale o suo ridimensionamento strategico in senso neoartigianale e magari mecenatesco e assistito; e a questo medesimo dato vanno poi riferiti i processi di concentrazione orizzontale e oligopolistica manifestatisi nel paese a partire dagli anni settanta.

Forse su un punto, ingrato, decisivo, varrebbe la pena di discutere e di intendersi meglio. Ferretti considera il cinquantennio editoriale appena trascorso nel segno di una dialettica inesausta tra inclusione dei gusti di lettura e riframmentazione funzionale delle scelte; tra confluenza del pubblico verso un medesimo habitus e controspinta di indole idiosincratica, settoriale. Senonché giudica il secondo fenomeno come mero "risvolto" del primo: ci si divide - sembra intendere - giusto perché privi di una vera gerarchia di valori, giusto perché deboli, eterodiretti. Mentre è proprio un'altra scena quella che si apre, inassimilabile alla precedente, ottocentesca, romantico-positivista, fondata sull'opposizione di alta cultura aristocratico/borghese e cultura, anche libraria, per i ceti subalterni. Ora il bacino editoriale è uno, non per riduzione o disseccamento delle diversità, ma perché sono stati ricondotti a sintonia di gusto i particolarismi e i retaggi marginali, moltiplicando contemporaneamente le tipologie di offerta. Se non si coglie il fatto in sé, se non lo si accetta nella sua storicità cogente, resta poi difficile approntare strumenti di analisi che non indulgano al pessimismo.

Basti vedere l'immagine di pubblico librario che l'autore ci consegna a fine volume: "un pubblico estremamente variegato, incerto, indistinto, mutevole, stravagante, influenzabile volta a volta dalle mode, dalla cronaca, dalla pubblicità, dai mass media". L'acquirente comune, il soggetto sociologico che dà da vivere a una "grande" editoria industriale è esattamente questo, è lui, sputato, noi tutti in varie forme e sensibilità ne facciamo parte, e non può essere inteso come degenerazione patologica di chissà quale Eden gutenberghiano.

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“Come e perché viene pubblicato un libro, in quella casa editrice e non in un'altra, con una scelta editoriale e intellettuale insieme. Come e perché viene prodotto in quella veste e in quella collana, in quella tiratura e con quel prezzo. Come e perché viene lanciato sul mercato in quel momento e in quel modo, tra pubblicità e servizio stampa. Come e perché ottiene quei risultati di stampa, di critica e di vendita. Sulla base poi di queste fasi e modalità decisionali, produttive e promozional-distributive, come e perché uno scrittore einaudiano può essere o non essere (apparire o non apparire) diverso da uno scrittore mondadoriano o rizzoliano o altro, e viceversa. Contribuendo o non contribuendo tutto questo alla elaborazione e realizzazione di una politica e di una immagine editoriale.”

Fin dalle prime righe dell’introduzione appare chiaro l’approccio usato da Gian Carlo Ferretti per costruire la sua Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945-2003: un approccio “aperto”, che consideri i vari aspetti dell’ideazione, produzione, distribuzione e promozione di un libro, di una collana, di un catalogo; e che, al tempo stesso, sappia mettere in relazione questi aspetti con le tendenze della società e degli altri settori dell’industria culturale, ma anche con la fortuna riscontrata tra il pubblico dei lettori.

La storia di un’identità
Il problema di fondo, continua l’autore, è “quello della presenza o meno (e della presenza più o meno forte) di una coerente identità editorial-letteraria, che nasca dal rapporto consapevole tra l’editore, il suo progetto, i suoi funzionari e consulenti, i suoi redattori, la sua macchina, e che si realizzi nella sua politica d’autore, di collana e di prodotto”.
Ricostruire la storia dell’editoria italiana contemporanea significa quindi ricostruire la storia di “quell’identità, della sua piena affermazione e del suo progressivo declino”.

Con una prosa fluida ma mai scontata, che non esita a riprodurre la complessità dei fenomeni illustrati, Ferretti conduce il lettore in un viaggio attraverso il Novecento. Ecco dunque l’epoca degli editori-protagonisti, Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Einaudi, Longanesi, titani dalla forte personalità (e dalle grandi contraddizioni), caratterizzati spesso da gusto per il libro ben fatto, senso pratico e grande fiuto; la progressiva affermazione di Milano come punto nevralgico dell’editoria italiana e il venir meno della leadership fiorentina; il crescente successo del romanzo, nelle sue diverse declinazioni; le due parentesi che nell’immediato dopoguerra e poi nell’età della contestazione hanno visto il proliferare della saggistica; i casi letterari più celebri, Pasolini, Tomasi di Lampedusa, passando per Eco, Tamaro, Camilleri, fino alla Melissa P. di 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire; la nascita delle collane popolari, “Bur” e “Universale del Canguro”, la rivoluzione degli “Oscar”, fino al fenomeno “Millelire” e alla sua rivisitazione e reinterpretazione nei “Miti Mondadori”; il periodo del boom; la nascita di una cultura di massa; la fortuna del “giornalismo rilegato” che percorre buona parte del secondo Novecento e l’inizio del nuovo secolo; il ruolo dei letterati-editori (da Vittorini a Calvino, a Sereni a Eco); l’esperienza di imprenditoria militante di Feltrinelli, la progressiva trasformazione nell’attuale gruppo editorial-distributivo; la crisi delle ideologie, in particolare di sinistra, e la parallela ascesa di case editrici, come Adelphi, programmaticamente “inattuali”. Per arrivare all’epoca che stiamo vivendo (per sua stessa ammissione poco amata dall’autore): l’età delle grandi concentrazioni e dei grandi gruppi, dell’intervento massiccio del capitale extraeditoriale, dei legami strettissimi tra i vari ambiti dell’universo multimediale, dell’inseguimento al lettore occasionale; l’età del prevalere di una politica di titolo su una politica di collana, della rincorsa al romanzo di successo immediato e della conseguente crisi di identità delle sigle, della sostanziale intercambiabilità tra autori, collane, editori, dell’informazione letteraria poco indipendente, poco critica e ancor meno militante. Ma anche l’epoca di iniziative lodevoli (un solo esempio, il Festival di Mantova), di case editrici dal progetto rinnovato e vitale, come Einaudi o Feltrinelli, di altre, piccole e medie, impegnate nell’esplorazione di nuovi territori letterari.

Successi, declini e storiche assenze
Ma se la storia dell’editoria italiana è fatta di successi e di progetti realizzati, è anche una storia di declini, primo fra tutti quello delle riviste letterarie; di rifiuti clamorosi, dal Primo Levi di Se questo è un uomo, rifiutato da Einaudi, fino a Wilbur Smith e Stephen King, rifiutati da Mondadori; di assenze storiche, come quella di un “scrittori professionali liberi da ambizioni o sussieghi di casta, da pregiudizi o complessi aristocratici, e capaci di produrre con una certa continuità romanzi ben fatti”; di crisi economico-finanziarie, come quelle che hanno investito nel tempo Vallecchi, Einaudi, Feltrinelli, Laterza, Rizzoli e altri.

Il mercato delle lettere
Il libro è il frutto – aggiornatissimo – dei lunghi studi compiuti dall’autore sull’editoria libraria e i suoi rapporti con il mercato, solo in parte anticipati nelle sue opere precedenti: per citare solo qualche titolo, l’illuminante “Il mercato delle lettere”, pubblicato in prima edizione nel 1979, o “Il best seller all’italiana”, o ancora, i saggi monografici su scrittori che hanno ricoperto ruoli di primo piano nella storia editoriale italiana, come Elio Vittorini, Italo Calvino, Vittorio Sereni.

Un romanzo da consultare
Una storia da leggere come un grande romanzo, dall’inizio alla fine, gustando gli aneddoti, i particolari curiosi ma sempre significativi che svelano la psicologia e le scelte di un grande editore o di un autore illustre, ma anche un libro da studiare, sistematico, che in un grande sforzo d’analisi rintraccia nella storia dell’editoria italiana linee di sviluppo e cambiamento, ma anche costanti e tratti comuni. Ma anche, perché no, un libro da prendere (e riprendere) in mano per seguire di volta in volta percorsi diversi, affidandosi agli utilissimi indici posti in fondo al volume, saltando da una pagina all’altra per ripercorrere la nascita e l’affermazione (o la crisi) di una singola casa editrice, anche piccolissima, quella di una collana particolarmente amata o la vicenda personale-professionale di un direttore letterario o, ancora, la storia editoriale di un autore.

Un libro quindi che si rivolge non solo allo studioso e allo studente, ma che dovrebbe interessare tutti coloro che lavorano o ambiscono a lavorare (in ogni ruolo) nel settore editoriale, e soprattutto a quanti si rendono conto che la storia del nostro Paese non può prescindere dalla storia della nostra cultura e della nostra industria culturale.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Gian Carlo Ferretti

1930, Pisa

Gian Carlo Ferretti è stato un critico italiano, definito il massimo studioso dell'editoria italiana contemporanea. Nei suoi saggi ha affrontato i problemi del rapporto fra scrittore e società, dell’industria culturale e del mercato editoriale. tra i suoi titoli ricordiamo, Letteratura e ideologia (1964), La letteratura del rifiuto (1968), Autocritica dell’intellettuale (1971), Introduzione al neorealismo (1974), Il mercato delle lettere (1979), Il best seller all’italiana (1982), L’editore Vittorini (1992), L’infelicità della ragione nella vita e nell’opera di Vitaliano Brancati (1998), Storia dell’editoria letteraria in Italia, 1945-2003 (2004).Gian Carlo Ferretti si è spento a Milano, dove si era trasferito...

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