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Storia della narrativa neorealista - Bruno Falcetto - copertina
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Dettagli

1992
1 gennaio 1992
232 p.
9788842513148

Voce della critica


recensione di Spampinato, G., L'Indice 1993, n. 8

L'etichetta non è mai piaciuta troppo; lo stesso Bo, che nel 1951 si era fatto promotore dell'"Inchiesta sul neorealismo", valutando l'estrema eterogeneità del movimento che l'ambiguo termine pretenderebbe di definire, giungeva a considerarlo una "fede d'occasione", una non-organizzata scuola di pensiero che tuttavia avvicinava scrittori tra loro diversissimi, del tutto privi di un omogeneo "codice dell'invenzione neorealistica". Detto questo, però, il critico si preoccupava di ricostruire, sia pure a partire dalle differenze, sia la "fede" sia l'"occasione" comuni, cioè, in termini più laici, sia la pratica ideologica sottesa a ciascuno stile, sia la concreta configurazione socio-storica che di autori (e valori letterari) tanto diversi poteva considerarsi la matrice.
Il libro di Falcetto parte ancora da qui, assumendo il carattere sfuggente di quella che definisce una "nebulosa" (di opere, di linguaggi e di figure, non solo letterari, tra i più disparati) quale stimolo per uno sforzo di sistematizzazione il più possibile lontano da sedimentati stereotipi. L'autore è infatti ben consapevole dell'implicita forzatura che il solo uso del termine "neorealismo" comporta, e di quanto l'abuso "politico" dell'etichetta abbia pesato, anche in tempi relativamente recenti, sulla possibilità stessa di una riflessione critica. Ma il suo interesse è nutrito di solide basi storiche, supportate da un ampio inventario di testi non sempre "canonici": tra i pregi del saggio si impone in primo luogo la godibilissima e ben costruita rete delle citazioni, un inventario ricco e variegato da cui emergono i contorni del progetto "neorealista", del disegno, cioè, consumato sotto l'urgenza drammatica dei fatti legati alla guerra e al dopoguerra, di un ammodernamento democratico del nostro sistema letterario. In questo senso la ricostruzione di Falcetto offre interessanti indicazioni di percorso, proponendosi come strumento interdisciplinare di grande utilità, in una didattica impostata sul versante del problema aperto e non del giudizio d'archivio, dell'analisi del testo e non di una convenzionale e mal definibile "poetica". Il lavoro è infatti il risultato di un ben preciso metodo di lettura e raffronto storiografico di alcune opere narrative tra le più frequentate nelle pratiche della "scuoletta" (anzi ad essa ormai da tempo abbandonate), come il "Garofano rosso" di Vittorini o "Le ragazze di San Frediano" di Pratolini e di molti non scontati documenti: lo spaccato che ne deriva non si limita però a una ricomposizione da manuale di storiografia letteraria, ma assicura due esiti complementari, uno sociologico, l'altro narratologico.
Falcetto esclude che la stagione narrativa degli anni trenta possa essere considerata una prima manifestazione del neorealismo, mancandovi i presupposti necessari dell'impegno sociale in una concreta prospettiva democratica. D'altra parte, esamina in questa prospettiva il programma europeistico di "Solaria", innestato su una nuova coscienza della tradizione letteraria. Attraverso dichiarazioni programmatiche come l'articolo di Leo Ferrero datato 1929, l'autore ricostruisce i temi destinati a pesare sulla coscienza democratica ventura: la formula di Ferrero "non siamo più europei perché non siamo più italiani", rifiutando le facili inflessioni di un superficiale cosmopolitismo, riflette già il senso più profondo della letteratura neorealista. "Letteratura europea" è appunto quella che "dipinge il proprio paese, sottintendendo gli altri". Qui sembra di scorgere l'interesse più autentico che muove il saggio: "dipingere" la "vita" del proprio paese vuol dire trovare uno spazio espressivo "aperto" e partecipe all'esperienza di tutti, pensato in una lingua che possa accogliere l'immaginario collettivo di una comunità intesa nel senso più ampio possibile. Nella prosa degli anni trenta e dei primi quaranta vengono seguite le tracce di una nuova attenzione estetica ai "luoghi", agli spazi sociali: ne emerge non un realismo di scuola, di stile codificato, ma una varietà di atteggiamenti e rapporti messi in gioco da un "destinatario elettivo", o lettore ideale, pensato come scelta e creazione preventiva dell'autore, presupposto vivo, quasi materialmente presente, dell'opera stessa. L'antifascismo "culturale" di quegli anni - seguo sempre da vicino il discorso di Falcetto - si esercitava appunto, al di là del moralismo di stampo idealistico, su questo terreno, che è quello di un accostamento alla realtà a partire dal potere della parola. È un apprendistato retorico che il Comitato di Liberazione Nazionale metterà a frutto nei suoi fogli, improntati a una ben concreta esigenza comunicativa, alla drammatica necessità di un riconoscimento da parte del lettore: "siamo delle persone come voi, che viviamo la vita di tutti", grida un volantino, con anacoluto non propriamente manzoniano. Dare ragione dell'intensità di questo raccordo sociale, gettato al crocevia di esperienze e risultati disparatissimi, è, nell'economia del saggio, molto più di un necessario inquadramento preliminare: si tratta invece di un punto forte che oggi, "in un clima culturale all'insegna della crisi delle ideologie e dell'appiattimento sull'esistente, nei tempi di una letteratura che non predilige un confronto troppo diretto con il reale", suona come una coraggiosa indicazione di valore, spesa non solo e non tanto in difesa di un movimento di pensiero e di una corrente letteraria ormai profondamente "inattuali".
Al di là delle valutazioni di gusto si tratta infatti - come promesso dal titolo - di ridare spessore storico alla vicenda neorealista, di accordare qualcosa di più che un frettoloso giudizio "politico" a un episodio tutt'altro che marginale del nostro faticoso e sempre incerto apprendistato democratico. Il quarto capitolo, dedicato all'analisi narratologica, permette, quasi come una controprova, di verificare nel corpo di un congruo gruppo di testi le istanze sollevate nella prima parte. L'analisi del doppio ruolo - inteso in senso forte - dell'"io" protagonista e narratore degli eventi riportati, conduce a risultati cospicui sul piano critico. Per esempio, libri ormai messi da parte come "Il mio granello di sabbia" di Luciano Bolis, o il tesissimo "Se questo è un uomo" di Primo Levi, che decenni di maldestre pratiche scolastiche hanno indubbiamente maltrattato, guadagnano tutta la carica del loro "espressionismo della realtà", mentre documento e artificio narrativo si scompongono e ricompongono senza forzature. Per il racconto d'invenzione si segue invece un procedimento di tipo comparativo, guardando al variegato insieme di una produzione anche quantitativamente notevole "senza cercare di riportare a unità ciò che in effetti è diviso e articolato". La ricerca di un ragguaglio stilistico, di un orientamento sulla base di moduli narrativi ricorrenti, approda infatti all'enucleazione di una molteplicità di "realismi" di matrici diverse, da Verga a Manzoni. Né manuale n‚ semplice monografia storiografica, il lavoro di Falcetto, "libro di testo" a valenza aperta, dagli studi secondari all'università, oltre a una stagione letteraria ricostruisce e propone un metodo critico: ha dunque, in primo luogo, un posto di diritto nelle biblioteche scolastiche.

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