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Incredibile raccolta di contributi degli studiosi per un tema trasversale la storia del Cristianesimo e la storia medievale: rigore espositivo e spunti ulteriori per la ricerca.
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Con il contributo di studiosi già molto conosciuti nei rispettivi ambiti (Scorza Barcellona, Le origini ; Boesch Gajano, La strutturazione della cristianità occidentale ; Benvenuti, La civiltà urbana ; Zarri, L'età rinascimentale ; Ditchfield, Il mondo della Riforma e della Controriforma ; Rusconi, Una Chiesa a confronto con la società ), il volume viene a colmare una lacuna nella bibliografia. In effetti, se prescindiamo dal breve profilo pubblicato da Boesch Gajano ( La santità , Laterza, 1999), erano disponibili fino a questo momento poche presentazioni generali, che affrontano inoltre l'argomento da un'angolazione prevalentemente letteraria e teologica: sto pensando all'ancor utile manuale di René Aigrain del 1953 di recente ristampato con ampissima bibliografia ( L'Hagiographie. Ses Sources, ses méthodes, son Histoire , Bruxelles 2000) e a quello di Réginald Grégoire ( Manuale di agiologia , Fabriano, 1996). La premessa, scritta collettivamente, richiama i principi ispiratori della raccolta: si tratta di una storia della santità cristiana, in quanto solamente in tale religione essa ha raggiunto un rilievo tale da investire la teologia, la liturgia, il diritto e tutte le forme di comunicazione. La scelta di limitarsi all'ambito occidentale è dettata dalla progressiva differenziazione, dopo il VI secolo, fra Oriente e Occidente che renderebbe impossibile una storia della santità. Sono stati privilegiati alcuni temi in particolare: il nesso fra santità e società, il mutamento dei quadri geografici e cronologici, la santità femminile, il culto mariano.
Va subito notato che il risultato rispecchia fedelmente il progetto iniziale anche nell'apparire al lettore come libro unitario. Fra i numerosi fili che compongono l'ordito finale e che sono seguiti, nei diversi contributi, con coerenza, il rapporto fra santità e potere è quello che si impone come vera e propria struttura di riferimento su cui merita soffermarsi.
Nell'età tardoantica la straordinaria espansione del culto dei martiri fu un fattore decisivo dell'appropriazione e della reinvenzione dello spazio e del tempo, processo non solo assecondato, ma incentivato e promosso dai vescovi, nei cui ranghi già dal IV secolo, e in maggior misura nel V e VI, erano largamente presenti le classi aristocratiche che già in epoca precostantiniana concentravano nelle loro mani il controllo del territorio e del tempo. Nei secoli successivi, fino al XII, il culto dei santi continua a sostenere l'espansione del cristianesimo, sia guadagnando a esso nuovi territori, sia con un migliore radicamento nelle zone di più antica cristianizzazione; a "costruire" la santità sono le chiese vescovili e i monasteri, che così rafforzano le loro tradizioni e istituzioni all'interno di un'articolazione dei poteri che comprende ora monarchi e imperatori; si pensi ad esempio alla canonizzazione di Carlo Magno voluta da Federico Barbarossa o al riconoscimento ecclesiale di culti di santi o sante appartenenti alle varie dinastie assecondati da strategie ecclesiastiche che favoriscono sovrani che contribuivano alla cristianizzazione o alla formazione di chiese territoriali.
Altro snodo importante è il XII secolo; da un lato, cominciano a essere messe in atto e organizzate quelle procedure di controllo centralizzato della santità che arriveranno a compimento durante la riforma cattolica, dall'altro, lo sviluppo delle città trova nel culto del santo protettore - ora sostenuto dalle magistrature laiche - un volano importante per rafforzare l'identità cittadina talvolta "centripeta" rispetto al progetto centralizzatore di Roma. L'effervescenza della spiritualità laicale attratta dal mito della semplicità e della povertà della chiesa primitiva, la creazione degli ordini mendicanti, la crisi del papato nel basso medioevo recano rilevanti novità nella santità vissuta e riconosciuta: accanto a una santità pauperistica e mistica, sovente in difficile equilibrio sulla stretta soglia che separava l'ortodossia dall'eresia e il cui riconoscimento ufficiale fu tardivo e sovente interrotto, si fa strada una santità funzionale alla costruzione dell'identità spirituale dei nuovi ordini e un culto dei fondatori promosso dal papato in un'ottica universalistica tesa a superare i particolarismi agiografici.
Tra XV e XVIII secolo, l'acquisizione anche in campo agiografico della filologia umanistica e la critica della Riforma al culto dei santi hanno rilevanti conseguenze: da una parte, imprese di grande impegno storiografico come gli Annales Ecclesiastici , il Martirologio Romano , gli Acta Sanctorum costituirono leve robuste per il rilancio del culto dei santi su basi culturalmente e liturgicamente più solide, dall'altra, nuovi o rinnovati organi della curia pontificia, quali la Congregazione dei riti e il Santo uffizio, presero saldamente in mano il processo di canonizzazione, sorvegliandone l'ortodossia, il controllo pontificio in ogni sua fase, la rispondenza con i canoni stabiliti di santità ora collegata, oltre che al miracolo, al concetto di virtù eroica. Da un lato, attraverso la riforma dei procedimenti si rendeva universale il culto particolare, dall'altro, un personale ecclesiastico in grado di sfruttare a fondo tutti i mezzi espressivi: la parola, l'immagine, l'architettura, la musica, il teatro, riusciva a filtrare e imporre l'universale nelle varie situazioni locali in un'area, dopo le conquiste d'oltremare, molto più vasta del "vecchio" mondo; nelle terre di missione il culto dei santi e di Maria divenne un formidabile vettore di cristianizzazione, dando luogo, in certe situazioni, a interessanti esperienze di sincretismo religioso.
Negli ultimi due secoli, preceduti dalla bufera riformistica e rivoluzionaria e caratterizzati, fatto ancor più gravido di conseguenze, dalla rottura dell'"alleanza fra trono e altare" e dal confronto con la modernità, la politica ecclesiale in fatto di santità oscilla fra critica radicale e tentativi di dialogo; appaiono modelli di santità nuovi legati all'apostolato sociale, o impersonati da laici e laiche di cui alcuni giovani, altri appena adolescenti, in qualche caso finalizzati a esprimere anche con questo mezzo la critica di una società secolarizzata. Caratteristica del Novecento è l'accentuazione sul martirio e sui martiri: sotto questo aspetto, decisivo è stato il lungo pontificato di Giovanni Paolo II che ha proclamato, anche in forma collettiva, mille martiri beati e ne ha canonizzati quattrocento. All'origine del flusso inarrestabile di canonizzazioni e beatificazioni di questo papa, c'è anche la trasformazione del processo di canonizzazione, snellito nelle procedure e sveltito nei tempi, e la sua rilocalizzazione con lo spazio dato al riconoscimento della santità extreuropea.
Se la funzione politica intraecclesiale ed extraecclesiale della santità è una struttura portante di questo volume, anche altri aspetti sono seguiti nelle loro trasformazioni nel corso di due millenni cristiani: la scrittura agiografica è uno di questi. Dal contributo di Scorza Barcellona, che contiene una presentazione equilibrata e aggiornata dei principali generi agiografici nei loro rapporti con i generi greco-romani, a quello di Boesch Gajano e di Benvenuti, che ne illustrano gli snodi principali con Gregorio Magno e le legendae novae , per lasciare il testimone, nei contributi successivi, non tanto alla storia della scrittura agiografica quanto, a partire dal XVI secolo, alla nascita della scienza agiografica, prima in ambito ecclesiastico e poi come settore molto vivace degli studi storici contemporanei. Altri temi sono il culto mariano, la santità femminile, la storia del miracolo. Per sfruttare a pieno questa ricchezza tematica sarebbe stato utile un indice dei personaggi storici e delle cose notevoli, preannunciato nella premessa, ma assente alla fine del volume, che però è corredato da preziose bibliografie ragionate che chiudono i singoli contributi.
Adele Monaci Castagno
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