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La tagliola del disamore - Jolanda Insana - copertina
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La tagliola del disamore - Jolanda Insana - copertina
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Descrizione


"Il linguaggio di Jolanda Insana è aggressivo, provocatorio, gioco d'irrisione e d'ironia amara contro la 'bassezza' dei tempi" (Nuova Antologia). "Ha la straziata impotenza di un poema fatto a brandelli. E, soprattutto, l'anticontemporanea, stupenda grinta di credere in se stessa e nella parola umana" (Emilio Zucchi, Poesia). Jolanda Insana ha vinto il premio Viareggio per la poesia nel 2002.
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Dettagli

2005
19 maggio 2005
140 p., Rilegato
9788811632054

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Leonardo
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Grande libro. Continua nella strada intrapresa con "La Stortura" portando ulteriormente all'estremo tutto il carattere di eversività, forza e follia del suo dettato (ormai diventato quasi un marchio di fabbrica). Si tratta di versi talmente caratterizzati e unici da far sì che questa sia una delle opere poetiche più belle di quest'anno (assieme a Tema dell'addio di Milo De Angelis: tutt'altra cosa, ovviamente; ma allo stesso modo un'opera non allineata, un corpo estraneo). Poesie, queste di Jolanda Insana, che da un lato, parafrasando Silvia Ballestra, fanno piagne' e incazza', fanno male e da un altro commuovono e straziano.

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Voce della critica

"Realismo" è il "sostantivo esigente" che Giovanni Raboni nel 2002 usò per definire la poesia di Jolanda Insana. A distanza di pochi anni, La tagliola del disamore spinge a ripetere il termine obbligando a qualche precisazione. Dalle prime prove di Sciarra amara (1977) a quest'ultima raccolta, il realismo sui generis di Insana si precisa sempre meglio come atto di resistenza. In nulla somigliante a un programma di osservante fedeltà riproduttiva, muove piuttosto dall'attitudine etica e biologica a reggere l'urto e il peso del reale (così in Fendenti fonici del 1982: "Ho spalle forti per portare la realtà che pesa"). Non occhio che osserva e registra, ma corpo che si prova e sostiene, il realismo di Jolanda Insana è tutto nella volontà di rendere in poesia non semplicemente la realtà, ma gli effetti del suo carico.
La lingua dei suoi versi è conseguenza di questa pressione. La "semplice parola" della poesia (nella Stortura del 2002: "Non c'è altra parola che la semplice parola") è quella che, letteralmente, si sottopone alla realtà, ma restando a testa alta. Di qui i procedimenti di ibridazione lessicale che mescolano dialettismi tratti dalle parlate di nascita e d'adozione, messinese e romanesco ( ranci'i ciumi , incucchiare , fondachello , pittirro , baludda , baccalara , storcinate , imbriaca , intorcinata , biancomangiare ) alle neoformazioni ( inserpenta , svertigino , sconfuse , allegrate , incavalla , insogno , ballamento , sminchiato , ombelicosi , scainato , svetrinamento , angiolaio , sconchiglia , incarcera , inclausura ), le peculiarità del parlato ( bacibaci , piscio , incazzandosi ) e i termini tecnici ( nasturzio , dieffenbàchia , glucosio , cianotica , serotonina , precordi , iperstenia ) agli aulicismi ( donzella , nutrice , venefici , blandizie , gaudioso , istorio , velami , ardore , lavacri , dìtta , nemmanco ). Parallelamente l'ordine sintattico fonde e scambia focalizzazioni e dislocazioni delle varietà regionali e del parlato con iperbati e anastrofi della più alta tradizione. La materia fonica dura e ripetuta che diventa contundente nelle sfilze di rime preferibilmente grammaticali ( lavato - sgusciato-ingoiato-sopportato-rifiutato-dispiegato-raddrizzato ; emozione-comunicazione-contaminazione-derivazione ) e i versi ad altissima densità di accenti organizzati in lasse e queste perpetrate in composizioni lunghe esasperano il nobile meticcio linguistico rendendo esattamente l'impressione di una dizione "sotto sforzo".
Nella Tagliola del disamore l'onere è l'assenza. Le varianti sono il lutto per la madre e il sottrarsi ripetuto della persona amata, temi della raccolta. Lo spirito di realtà che guida i versi di Insana impone il paradosso: vivere la perdita in termini di immanenza. Estranea all'imbalsamazione del ricordo, questa poesia vuole dell'assente la fisicità della mancanza, esponendosi al dolore, sdegnando la consolazione che offrono i fantasmi.
Quando il proposito è dire la presenza di chi manca, la scrittura si fa strumento di richiamo, avanza per procedimenti di materializzazione. Vocativi ("anima mia sfiorami / non vedo / anima mia chiavicona sconciata"), allocuzioni ("vieni vieni"; "dove dove sei"), interrogative iterate ("dove gira con la testa? / che percorsi incrociati fa?"; "saprà mutare il transito in dimora / e spezzare il pane / quando cala la sera? / o si rimpinza di McChicken / per scolarsi intera una bonarda vera?"), anafora della negazione ("più non riderà a bocca chiusa / [...] più non scenderà le scale [...] / e più non mi soppeserà compunta / [...] e più non darà consigli / e non mi dirà di fare la baccalara"), l'alternarsi dei tempi verbali in funzione attualizzante ("li vede passare / anzi non li vede passare / li vede / [...] aveva giorni giovani in testa / [...] non capisco cos'è successo / [...] tutto sommato le andò bene"), le cataste di oggetti ("è proprio stronza / conserva tutto / le carni secche / le stecche di balena / la lingua salmistrata / la minestra di fagioli / i fiori finti / le lampadine fulminate / la stampa inglese del primo fidanzato / la fede del marito / lo smeraldo della nonna / la Madonna di Viggiano sotto la campana di vetro") sono mezzi per impedirsi la fuga nelle immagini e il loro facile conforto perché "non basta desiderare il vero / bisogna inchiodarlo alla sua propria parola".
In questo votarsi al vero per passione di realtà, Jolanda Insana onora l'impegno di vivere. I versi nascono da uno "scavare, scavare senza paraocchi, sempre più a fondo, nell'esperienza sensibile, nella spazzatura che ammorba impuzzolisce e acceca il mondo, togliendogli pane e parola. Non si va dall'astrazione all'esperienza, il percorso è all'inverso: andando dall'esperienza all'astrazione si esperiscono gli strumenti di conoscenza e di intervento vero sulla bella lavagna della vita, lordata e scheggiata. Non si parte dal virtuale per arrivare al reale" (così dice in un'intervista).
"Potenza della morte/oppongo fuoco vivo / pur sapendo che muoio": così La tagliola del disamore mostra perfettamente che la poesia non è degli indenni ma di chi dalla vita non si vuole salvare.

Raffaella Scarpa

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Conosci l'autore

Jolanda Insana

1937, Messina

Jolanda Insana è stata una poetessa italiana. Si è laureata a Messina con una tesi su La Conocchia di Erinna, ma ha lavorato a Roma dal 1968. È nota per aver pubblicato raccolte di poesie: Sciarra amara (1977), Fendenti fonici (1982), Il collettame (1985), La clausura (1987), Medicina carnale (1994), L'occhio dormiente (1997), La stortura ( 2002), La tagliola del disamore ( 2005), Tutte le poesie 1977-2006 ( 2007). Jolanda Insana venne scoperta da Giovanni Raboni nel 1977, anno in cui pubblicò nella collana da lui diretta Quaderno collettivo della Fenice n.26 (Guanda) la raccolta poetica Sciarra amara. Nel 2002 vince il Premio Viareggio poesia con La stortura. Nel 2007 viene pubblicato ne Gli elefanti poesia della Garzanti l'intera opera di Jolanda Insana, con l'aggiunta...

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