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Anno edizione: 2005
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Un grande romanzo popolare, una straordinaria saga che Amado immagina di aver raccolto qua e là dalla bocca della gente che ha veramente conosciuto la ragazza Teresa, simbolo della forza misteriosa che appartiene solo alle donne.
Vita e miracoli di Teresa Batista venduta tredicenne dai parenti a un turpe orco stupratore, giustiziera del suo tiranno, prostituta capace di ridiventar vergine a ogni nuovo amore, sambista inarrivabile, irriducibile debellatrice del diavolo nero, indomita sindacalista dei bordelli, generosa animatrice di ogni rivolta contro l'ingiustizia terrena; santa, probabilmente figlia della divinità guerriera Iansã, o addirittura, Iansã stessa, eternata con divertimento e golosità inesauribili dal piú popolare narratore brasiliano.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Romanzo epico e, a mio personale avviso, addirittura monumentale. Crudo quanto intenso, realistico e allo stesso tempo ricco di speranze. Mai banale. In assoluto una delle migliori opere di Amado.
Eccessivo in tutto: troppo crudo nelle scene e nel linguaggio, lungo all’inverosimile (una fatica a finirlo). Bocciato
Teresa selvaggia, Teresa è pura fin dentro l'essenza, Teresa incontaminata che decontamina lo sporco della vita. Teresa molestata dalla vita, eppure grata all'esistenza, Teresa tormentata dalla morte ma lava ramata in continuo fermento. Teresa ingannata dal mondo ma mai disincantata, illusa nel cuore, innocenza e felicità strappata, ma sempre grata, mai arresa. Teresa bistrattata, desiderata, amata. Teresa infuriata contro le ingiustizie del mondo, leonessa impavida, furiosa sirena. Condoreira, Teresa: la Terra, Teresa, nell'abisso del mare. Teresa che ama dal profondo di un amore dolce come il miele, Teresa, il popolo brasiliano, Teresa, tutte le donne. Jorge Amado mescola lirica a onniscienza magistralmente. I suoi personaggi sono figli tratteggiati a tutto tondo. La sua sagace ironia è un tratto distintivo della sua latinoamericanità. Le ricette, i colori, le usanze del suo Brasile sono un caleidoscopio di meravigliose e colorate contraddizioni. Questo libro è un viaggio. Grazie di cuore, Teresa.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
(…) Scritto nel 1972, Teresa Batista stanca di guerra è la storia di una ragazza venduta a quindici anni al Capitano Duarte, di cui diventa schiava d’amore e di tortura. Ma non sarà la morte del suo padrone a renderle la vita facile. La violenza verbale e fisica che subisce è lo strumento vile per “sfemminizzare” Teresa, indomita fanciulla dall’imperdonabile bellezza, per renderla invisibile alla sua stessa vita. Bambina, schiava, puttana, amante, innamorata, pasionaria, ballerina, femmina. Teresa “Non è facile alle lacrime, non piange: ma gli occhi asciutti le bruciano”. Per lei il dolore e l’amore si muovono tra le luci e le ombre, i lamenti e i suoni di un Brasile avvolgente e crudele.
Un romanzo storico, per alcuni etnico. Un romanzo che assomiglia a un poema cavalleresco in cui il cavaliere è una donna (“bocca di miele”) scritto come eseguendo una danza che fa avanti e indietro al ritmo del samba. Una storia un po’ magica. Di quelle che fanno sembrare ancora tutto possibile nella vita, nel bene e nel male. Una lettura che va fatta a occhi bassi, dentro una luce che si accende e si spegne tra i barocchismi strutturali (analessi e flashback, cambi di voce) e le descrizioni violentemente a crudo. Lo stile di Amado minimizza nei punti più alti e massimizza nei momenti più distensivi (le scene al cabaret o nei bordelli). Se potessimo rinominare questo romanzo, che nonostante l’anno di pubblicazione resta un classico universale, in cui il sadismo di De Sade abbraccia l’umanità della narrazione postribolare sudamericana allora potremmo definirlo una sorta di “Antigattopardo” brasiliano: tutto cambia perché tutto si rinnova. La passione secondo Amado non ha niente a che vedere con il tormento borghese o gli psicodrammi d’appartamento. Il dolore qui è un sentimento sporco che alla pietas letteraria preferisce un umorismo a tratti sconcio.
(…)
Recensione di Alessandra Minervini
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