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Il tesoro dei vinti. Il mistero dell'oro di Dongo
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Il tesoro dei vinti. Il mistero dell'oro di Dongo - Gianni Oliva - copertina
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tesoro dei vinti. Il mistero dell'oro di Dongo

Descrizione


Dongo, 27 aprile 1945, è una mattina livida e piovosa, quando Mussolini e i gerarchi in fuga vengono fermati dai partigiani della 52' brigata Garibaldi, sulla litoranea del lago di Como. Nella lunga autocolonna che accompagna il Duce e gli epigoni del fascismo di Salò viene trovata un'ingente quantità di beni preziosi, banconote di ogni taglio, oro, gioielli, titoli di Stato, valuta straniera, in gran parte provenienti dai fondi segreti dei ministeri della Repubblica sociale. Un ricco bottino che da quel giorno tutti conosceranno come il "tesoro di Dongo". Chi si è impossessato di quell'oro, destinato alle autorità del nuovo Stato italiano? Chi lo ha trasferito alla federazione comunista di Como? Chi se n'è impadronito in seguito? E chi ha fatto scomparire il "capitano Neri" e la partigiana "Gianna", combattenti garibaldini che ne avevano compilato l'inventario? Nella primavera del 1957 ha finalmente inizio, presso la Corte d'assise di Padova, il processo che dovrebbe fare luce su questi interrogativi. Un procedimento che suscita tante attese, ma che viene rinviato dopo quarantatré udienze per il suicidio di un giudice popolare e che non verrà mai più ripreso, perché "scomodo". Dalle carte disponibili emergono infatti con chiarezza le responsabilità politiche degli eventi che si sono consumati in quei lontani giorni del 1945.
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Dettagli

2015
14 aprile 2015
232 p., Rilegato
9788804650812
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Indice


Un mistero tra i drammi della guerra civile

I preziosi documenti di un processo incompiuto
- La corte entra in aula
- Processo al Partito comunista?
- Tra magistratura militare e magistratura ordinaria
- Il processo approda a Padova

Parte prima, IL LAGO DEI DESTINI INCROCIATI

I. 27 aprile, un'alba di pioggia sul Lario
- Antica Strada Regina
- I partigiani garibaldini dell'Alto Lario
- Presìdi fascisti e posti di blocco partigiani
- Il Duce a Menaggio
- La riunione all'Arcivescovado di Milano
- Le strategie del Duce per la crisi finale
- La fuga o la «bella morte»?
- La partenza per Como
- Pavolini arringa gli irriducibili
- La scelta di Mussolini
- Orfani del Duce
- Una giornata di inutili attese
- Pavolini senza le camicie nere
- Si riparte verso l'alto lago

II. Il posto di blocco partigiano di Musso
- La trattativa con i militari germanici
- La tensione sull'auto-blinda
- L'arresto del Duce
- Scambio di fucilate al posto di blocco
- Un prigioniero scomodo
- L'identificazione di Claretta Petacci e dei gerarchi
- Verso l'ultima dimora
- La cascina di Giacomo e Lia De Maria

III. Le esecuzioni di Giulino di Mezzegra e di Dongo
- Chi vuole la morte di Mussolini?
- La violenza della guerra civile
- Chi decide l'esecuzione del Duce?
- Aldo Lampredi e Walter Audisio verso Dongo
- L'epilogo a Giulino di Mezzegra
- Le fucilazioni di Dongo

Parte seconda, SCOMPARE IL TESORO, SCOMPAIONO I TESTIMONI SCOMODI

V. Le perquisizioni a Musso e a Dongo
- Il tesoro di Stato
- I beni dei privati
- A quanto ammonta il tesoro?
- Un'autocolonna piena di misteriosi bagagli
- L'indagine dell'ispettore Ciro Verdiani

VI. Gioielli, rottami d'oro, sterline, franchi svizzeri
- Oggetti d'oro nel fiume Mera
- I documenti segreti dell'archivio riservato del Duce
- L'inventario del tesoro

VII. Il «capitano Neri» e la «Gianna»
- Giuseppina Tuissi «Gianna»
- Luigi Canali «capitano Neri»
- L'arresto e la fuga dalle brigate nere
- Una vendetta sottile

VIII. Una condanna di partito, una decisione politica
- Tra sospetti e ricerca di chiarimenti
- La relazione di «Fabio» e la condanna a morte
- Due mesi di nascondigli e inerzia
- La decisione sull'oro di Dongo
- Un trasferimento in due viaggi
- Tra dubbi e certezze

IX. I regolamenti di conti comunisti
- L'epurazione interna al Partito comunista
- La scomparsa del «capitano Neri»
- L'ultimo viaggio della «Gianna»
- La morte di Anna Maria Bianchi

Epilogo
Note

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cecilia ferretti
Recensioni: 2/5

Sintetica ricostruzione dei fatti storici legati alla vicenda dell'oro di Dongo. Spiace però osservare che il precedente e importante lavoro di Franco Giannantoni (Gianna e Neri: vita e morte di due partigiani comunisti. Storia di un "tradimento" tra la fucilazione di Mussolini e l'oro di Dongo, 1992) non sia citato e nemmeno menzionato nella bibliografia.

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Renzo Montagnoli
Recensioni: 4/5

Scappavano, fuggivano di fronte agli alleati portandosi dietro parte del tesoro nazionale, oltre a ricchezze personali, più o meno lecitamente accumulate; la colonna di auto al seguito di Mussolini fermata a Dongo era quella dei gerarchi e compromessi con il regime in marcia verso un’improbabile salvezza. La storia poi ci racconta dell’esecuzione di cui furono vittime il Duce e la sua amante e separatamente ministri, sottosegretari, federali della Repubblica di Salò e del partito nazionale fascista. Tuttavia questo racconto non è detto che sia l’assoluta verità, perché nel trascorrere del tempo emergono fatti nuovi e versioni differenti che se nulla cambia circa la fine di questi personaggi, quelle che vengono modificate sono invece le circostanze e le modalità. La verità, quella senza se e senza ma, senza incertezze, non è mai facile da trovare e ancor più difficile lo è quando ci sono di mezzo delle ricchezze, in special modo se sono tante. E, benché non si abbia certezza sull’esatta entità, già alcuni dati che appaiono nel complesso possibili parlano di circa 8 miliardi di lire dell’epoca, di un’ingente quantità di oro, di preziosi vari, insomma quello che non a caso si può definire un tesoro. Tanti l’hanno visto, è passato per non poche mani, ma si è inspiegabilmente perso e tutto lascia supporre che in larga parte sia finito nelle casse del Partito Comunista Italiano, disposto a difendere questa appropriazione indebita con tutti i mezzi, non esclusa forse anche l’uccisione di chi sapeva e probabilmente voleva parlare. Ci furono indagini, si trovarono anche dei presunti colpevoli, tutti dell’area comunista, ma il processo fu continuamente rinviato, tanto che approdò alla Corte di Assise di Padova ben dodici anni dopo i fatti e li si arenò, con il colpo di grazia dato dalla morte improvvisa di uno dei giurati che mandò all’aria tutto il procedimento che evidentemente non s’aveva da fare.

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