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Una profonda riflessione sui limiti di ciò che è lecito fare, sulla macchia che quasi sempre accompagna la volontà di evitare il male peggiore, e soprattutto sulla difficoltà di determinare quale sarà quel male.
«I romanzi di Marías scorrono impetuosi come fiumi in piena e tutto accade perché deve accadere sotto gli occhi attenti e partecipi di noi lettori. Dove ci porterà Nevinson?» - Paolo Mauri, Robinson
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608 pagine di una noia mortale; riflessioni che si ripetono in continuazione, prolisso. Un agente segreto di 45 anni è convinto che si possa fermare il terrorismo basco dell' Eta e quello irlandese dell'Ira uccidendo una terrorista. E se c'è un attentato che provoca la morte di alcune decine di innocenti, l'agente segreto si sente in colpa, in quanto non è ancora riuscito ad uccidere Inés, la presunta terrorista. Che poi non è tanto chiaro che Inés sia veramente una terrorista dell' Eta collegata all'Ira. Ho invece molto apprezzato "Un cuore così bianco" dello stesso autore.
Appena un gradino sotto Berta Isla. Rispetto al precedente, più orientato verso la spy story del giallo, ma non mancano-anzi !- gli aspetti psicologici profondi e intensi. Un altro gioiello di Marias, peccato sia l'ultimo, purtroppo Voto 9 e mezzo
“Nessuno viene lasciato andare del tutto se può ancora prestare il suo servizio al paese, alla causa, se può contribuire alla difesa del Regno. Nessuno può ritirarsi, sono loro a tenersi in contatto, poco o molto, come serve a loro”. Sono queste le parole con cui Tomas Nevinson, spia a riposo, viene richiamato per un incarico particolare: individuare e uccidere, tra tre possibili scelte, una donna che in passato ha partecipato ad attentati dell’Eta. Tomas è il marito di Berta Isla, l’indimenticabile protagonista del romanzo nel quale lui era un agente in piena attività ma completamente assente dalla vita di lei. Ma tanto è stata appassionata e perturbante la lettura di quel libro quanto piuttosto annoiata e faticosa questa volta. Tomas deve svolgere la sua missione in una città che non lo attrae (“Ruan mi aveva narcotizzato e mi aveva reso pigro, o forse timoroso del mondo esterno”), e per di più si sente scarico, demotivato (“non avevo la minima fiducia in me stesso, nelle mie capacità arrugginite, se non scomparse”). Inoltre il rapporto con Berta sembra viaggiare sul binario della reciproca incomprensione, e sulle cose non dette piuttosto che sulla complicità. Tant’è, il romanzo è tutto qui, senza scosse, senza brividi, senza quell’aura di mistero che invece permeava il precedente. Un romanzo tanto atteso e tanto deludente. Voto 2,5.
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