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Tutte le liriche. Testo tedesco a fronte - Friedrich Hölderlin - copertina
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Tutte le liriche. Testo tedesco a fronte - Friedrich Hölderlin - copertina

Descrizione


"Il mio primo incontro con Hölderlin è avvenuto nel momento in cui stavo entrando all'università, avevo diciassette anni e iniziavo le frequenze a Padova. Un amico mi fece avere una vecchia edizione di Hölderlin in caratteri gotici, assicurandomi che avrei riconosciuto senza alcun dubbio un grande poeta, e io cominciai, col poco tedesco che avevo, a decifrarlo." dDall'introduzione di Andrea Zanzotto)
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Dettagli

2001
2 ottobre 2001
LXVII-1967 p.
9788804474074

Voce della critica

Luigi Reitani ha appena pubblicato una sua edizione, traduzione e commento delle liriche di Hölderlin. La sua impresa merita grandi lodi. I pregi principali sono i seguenti: la divisione tra poesie pubblicate dall'autore e poesie postume; il raggruppamento delle prime secondo l'anno e la sede della loro pubblicazione (riviste e almanacchi), e delle altre rispettandone la collocazione nei quaderni o altre sedi di elaborazione; l'eleganza e semplicità della grafica destinata a far rilevare le varie fasi del lavoro alle poesie pervenute manoscritte; l'ampiezza del commento; la traduzione, solitamente chiara, e anche con soluzioni eleganti.

Il primo punto è il più importante. Reitani porta alle loro conseguenze ultime esperienze che si erano già avute in Germania, anche in misura molto ampia, non però integrale. L'idea di separare globalmente e integralmente le pubblicazioni a stampa da tutto quanto è rimasto manoscritto è semplice e decisiva: essa ci dice che cosa e in quale forma Hölderlin voleva comunicare al pubblico. Ciò ha conseguenze filologiche di alto impatto. Si è generalmente obiettato che sulle poesie a stampa intervenivano i redattori e che pertanto esse non rispetterebbero la volontà del poeta. Ma c'è da replicare, con Reitani, che Hölderlin ha esplicitamente accettato quegli interventi e che dunque essi hanno sanzione autoriale. Inoltre una tale prassi era diffusa: ricordo che anche Goethe chiese e accettò correzioni alle sue Elegie romane. Aggiungo infine che (a parte un caso, legato al complesso rapporto personale e culturale di Hölderlin con Schiller) il confronto con i manoscritti, quando è possibile, induce a ridimensionare molto quell'obiezione. In casi non suffragati dai manoscritti Reitani argomenta le sue lezioni da vero filologo (si veda, come esempio, la discussione sul verso 6 di Ganymed). Dunque una pubblicazione topografica quale quella di Reitani è non solamente giustificata ma meritoria. Essa ha anche il vantaggio di superare un'edizione per generi (giambi, odi, elegie, inni) che confonde sia la topografia sia la cronologia sia la ciclicità. Inoltre - e questa è la conseguenza più notevole -mette in rilievo gli intenti comunicativi di Hölderlin: il poeta scriveva per comunicare a un pubblico, in forme per lo più inaudite ma che esteriormente sarebbero dovute risultare accettabili; quindi mirava a poesie compiute. Quel che non era compiuto restava nel cassetto, in attesa di compiutezza. Detto chiaramente: Hölderlin poneva una netta gerarchia tra quel che veniva scrivendo e mirava a una forma compiuta; il concetto romantico di frammento non era il suo. L'editore deve tenerne conto: è vero che ogni frammento è prezioso e il frammento può piacere anche più del compiuto; resta però il fatto che il complesso dei testi è gerarchizzato. Vedremo più in là che cosa significa tutto questo: intanto significa limitare la prassi editoriale decostruzionista.

L'eleganza della grafica va sottolineata. Reitani usa pochissimi mezzi, tutti assai chiari: un Simoncini Garamond per il testo base, un Futura light per indicare un determinato tipo di varianti, un Garamond su fondo grigio per indicare fasi di elaborazione superate, e pochi altri segni diacritici. Tale semplificazione è dovuta alla non piccola riduzione del materiale presentato; quest'ultima è a sua volta giustificabile perché Reitani non offre un'edizione critica (anche se il suo apporto filologico è sicuro, come già detto) e non presenta tutti i manoscritti. Per il lettore italiano che voglia avvicinarsi a Hölderlin senza esserne spaventato, ma contando tuttavia su un'amplissima offerta informativa, questo è solo un vantaggio.

Sul commento c'è da dire che Reitani è al corrente della bibliografia pressoché sterminata e, da posizioni proprie, la ripropone e seleziona con linguaggio chiaro. Come esempio di eleganza di traduzione c'è da citare almeno quella del Winkel von Hahrdt. Completa il tutto una finissima prefazione di Andrea Zanzotto, che ho letto con trasporto. Qualcuno vorrà un giorno studiare la parte che ha svolto Hölderlin nella lirica italiana?

Desidero ora esprimere qualche desiderio di miglioramento in vista della prossima edizione (che non potrà mancare, visto il favore con cui viene accolta l'attuale).

In qualche caso Reitani non replica il testo di una poesia poiché le varianti tra le versioni sono minime (mancano poi per intero alcuni manoscritti, occasionalmente segnalati). Ciò può essere accettabile, dato il carattere di questa edizione; ma una tale dichiarazione non va confinata nell'apparato: basterebbe una pagina nel testo, tutta bianca tranne che per il titolo e la motivazione della mancata riproposizione, in modo da salvaguardare il rispetto della topografia.

Il secondo desiderio è più ambizioso. Personalmente ho sentito la mancanza di determinati ausili grafici. Di non poche poesie sono infatti tramandate più redazioni, a volte anche quattro o cinque. Per rintracciarle, occorre rifarsi all'indice alfabetico, da cui si viene rinviati alle pagine. Questi rinvii li avrei preferiti dentro il testo; lo scartabellare qua e là, infatti, stanca presto, per di più in un libro come questo, che resta complicato nonostante tutte le semplificazioni. Non so quanti lettori avranno la pazienza di star dietro a tutto. Meglio ancora sarebbe un supporto elettronico, che renderebbe unica questa edizione, non essendone accompagnata nessuna delle attuali edizioni tedesche. Col sistema FolioViews (già applicato da Eibl con ottimi risultati al suo Der junge Goethe in seiner Zeit, Insel 1998) le varie versioni potrebbero venire accostate e magari sarebbe il caso di evidenziare sullo schermo i versi o le strofe variate, senza lasciare ciò all'esercizio e alla pazienza del lettore.

Terza proposta: forse sarebbe il caso di dividere le poesie non in due ma in tre sezioni. Infatti, oltre a quelle edite esistono anche poesie ufficialmente comunicate e rimaste inedite non certo per volontà dell'autore. Tali sono Friedensfeier, le poesie comunicate a Schiller e qualche altra. Secondo me queste hanno uno statuto proprio, diverso sia da quelle edite a stampa, sia da quelle rimaste nei quaderni di lavoro.

Ultima proposta: abolire l'uso dei riquadri. Per isolare dal corpo di una poesia determinate glosse, da lui giudicate non pertinenti, Reitani usa dei riquadri. Ma il loro uso non è giustificato da un confronto con i manoscritti; e sullo stato delle glosse (se appunti preparatori oppure commenti o altro) il commento non dà informazioni sufficienti per la buona ragione che se ne sa troppo poco. E in definitiva dei riquadri si può fare a meno, perfino giovando all'eleganza.

Al di là di tutto ciò il lavoro di Reitani, essendo quasi una summa degli studi finora avutisi, merita che si avvii una discussione. Ritengo che questo sia il modo migliore per prenderlo sul serio. Tre sono i punti che propongo: uno concerne la costituzione del testo delle poesie postume, un altro il nesso tra questa e il commento, il terzo riguarda solo il commento.

Hölderlin voleva pubblicare poesie compiute secondo forme o già accettate da altri o da lui proposte e teorizzate; in ogni caso, poesie compiute e non frammenti. Alcune sue dichiarazioni e determinate sue pubblicazioni permettono di concludere che in più di un caso completò le poesie quando fu concretamente in vista della pubblicazione; in tali circostanze ripercorreva quel che aveva scritto, ricavandone quel che doveva. Il caso della sua più celebre poesia (una delle più belle della letteratura europea in generale), Hälfte des Lebens, è istruttivo. Essa sviluppa e associa due grumi compositivi: quello che appare essere cronologicamente il primo (e che darà luogo alla seconda strofa) nasce all'interno dell'inno Wie wenn am Feiertage, che resterà incompiuto: l'altro compare negli appunti senza riferimenti evidenti. Al momento opportuno, magari all'ultimo momento, Hölderlin li associa nel risultato che sappiamo. Ora è evidente che nessuno può sostituirsi al poeta per fare i montaggi che lui non ha fatto. Ma a me pare altrettanto evidente che nessuno può e deve ignorare i collegamenti esistenti fra una poesia (o parte di essa) e l'altra. Varie cose formano una costellazione, preziosa per capire i singoli frammenti che conosciamo. Insomma quel che c'è di inedito va presentato nel suo aprirsi alle varie connessioni, senza però che qualcuno possa arrogarsi di fare dei montaggi come se lo spirito di Hölderlin si fosse reincarnato in lui. A questo fine mi pare indispensabile un supporto elettronico, associato a chiari rinvii grafici nello stampato.

Quasi in contemporanea col lavoro di Reitani sono usciti due volumi di Gesänge a cura di Dietrich E. Sattler (Stroemfeld Verlag, 2000); Reitani non ha potuto tenerne conto, ma la discussione non può prescinderne. Sattler si prova in ricostruzioni di larga portata; e così poesie finora conosciute per pochi versi sconnessi si trovano a essere offerte come poesie lunghe, coerenti e perfino in doppie redazioni. Così possiamo leggere un Tinian di ben 156 versi, Die Titanen di 150, Heimath di 110, Griechenland una volta di 90, l'altra di 105 versi; e via dicendo. Quel che più pesa è che, secondo Sattler, le composizioni citate, così costituite, appaiono inglobare versi che finora erano stati sempre considerati frammenti sciolti. Ma forse preme a Sattler ancora di più mostrare che una volta completatosi un testo, esso si manifesta pronto a riscomporsi per dar luogo a una qualche altra fluidificazione delle sue componenti. Dunque da una parte grandi testi compiuti, che integrano tanti frammenti, dall'altra instabilità delle costruzioni. Il tutto in una prospettiva che fa apparire Hölderlin come scrittore di un inno continuo, ramificatosi in molte varianti e concrezioni. Sarà doveroso verificare puntigliosamente questo lavoro; ma anche se esso dovesse risultare non condivisibile (cosa che al momento, per quel che mi riguarda, non sono in grado di decidere) l'idea della costellazione va mantenuta, sviluppata ed eventualmente depurata da interventi inopportuni. Nessuno ha il diritto di comporre (sia pure per assemblaggio) un testo al posto di Hölderlin, ma il lettore ha il dovere di considerare i richiami interni. E per la comprensione dell'opera del poeta essi sono preziosi; è probabile che occorrerà ripensare di sana pianta Andenken.

Secondo punto. Casi clamorosi hanno rappresentato a suo tempo le costituzioni di testo che Sattler fece di Brod und Wein, Stutgard e Heimkunft. Per la prima di queste tre elegie (rimasta inedita tranne che per la prima strofe, mentre le altre due elegie furono pubblicate da Hölderlin stesso) Reitani ha scelto di presentare "una sinossi (disposta in verticale per ragioni di spazio), in cui il primo strato testuale (trascrizione in pulito) è affiancato" da versi scritti molto più tardi negli spazi interlineari. Ciò perché "è possibile leggere le varianti come una sorta di commento ai versi precedenti". In altro luogo Reitani nota che "certe rielaborazioni" hanno "il carattere di autoconfutazione". Nessuno più di me può essere d'accordo, poiché già in questo modo, e proprio con questa motivazione, pubblicai otto anni fa Brod und Wein. A questo punto si tratterebbe però di andare oltre: illustrando nell'apparato in quale modo Hölderlin si commenti e si confuti. Ciò vale per questa elegia come per numerose altre composizioni. Tutto può essere pacifico (ma nel caso di Hölderlin non si sa mai) in un caso come il seguente: nel testo di base (a sinistra nell'edizione) leggo che Bacco (indicato con una perifrasi) "giunge agitando la fiaccola", nell'apporto interlineare (a sinistra) leggo che "quasi ne è riarso"; ne deduco che la seconda dizione non può sostituire la prima perché anzi senza la prima non si capisce. Ma altri casi sono ben più complessi e ci vuole un commento che guidi al loro riconoscimento.

Infine, Hölderlin era un uomo del suo tempo; ciò, fra le altre cose, vuol dire che leggeva quel che si leggeva allora e che di queste letture si trovano tracce nelle sue opere. Chi mise decisamente l'accento su tale dimensione fu Ulrich Gaier con un gran bel libro del 1993. E nemmeno in Reitani tale dimensione resta secondaria (vi ha anche contribuito con articoli appositi). Meno studiata è stata l'attenzione di Hölderlin agli eventi politici, che nella bibliografia sono ridotti sostanzialmente a uno, alla pace di Lunéville (febbraio 1801). Hölderlin però ebbe a dichiarare di voler comporre non una sola poesia ma tutta una serie di poesie dedicate "alla patria e all'epoca". La cosa è ultranota, ma le conseguenze si vedono poco. E così avviene che una poesia come Die Wanderung, che si riferisce concretamente e inequivocabilmente alla migrazione di svevi verso il Banato, venga commentata parlando sensatamente di teologia o di storia della cultura, ma senza riferimenti storici precisi. Hölderlin era svevo, quella migrazione era di qualche decennio prima ed era rimasta memorabile; sarà opportuno chiedersi che cosa abbia significato quel ricordo per la riflessione del poeta. Questo caso, di un aggancio storico-politico concreto come spunto per costruzioni più generali, non è certo l'unico. Ci sono stati giusti motivi per sospendere una sua politicizzazione (e non è certo questa che si richiede), visto prima l'abuso fattone dal nazismo, poi più recenti fantasie. Ma sarebbe ora di uscire da tutto ciò e dare a espressioni come "giardini francesi", Francoforte come "ombelico del mondo" e via dicendo, tutto il valore che hanno e che può indurre a ripensare varie cose. Faccio ancora un esempio: in considerazione degli studi fatti sui concetti di patria, nazioni e altri affini tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, in particolare di quelli di Conrad Wiedemann, la necessità di recuperi in campo hölderliniano è notevole. Grandissimo poeta, Hölderlin, d'accordo; e ricostruirne la filosofia è doveroso. Ma è bene dire a chiare note che non tutto quel che gli usciva dalla penna era oro colato. Quel che ci interessa era il modo in cui lui viveva il suo pensiero; e questa è un'altra cosa. Se poi lo si vuole (e per me: lo si deve) sottrarre allo stato di occupazione cui l'ha ridotto Heidegger, non basta qualche deferente riserva nei confronti di quest'ultimo ma occorre un coscienzioso smontaggio e rimontaggio filologico.

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(Lauffen sul Neckar, Württemberg, 1770 - Tubinga 1843) poeta tedesco.La vita Orfano di padre, fu presto separato dalla madre e compì studi severi in seminario, maturando un profondo risentimento contro la violenza dei pedanti e la religiosità ufficiale. A Tubinga, nel collegio teologico dello Stift, si legò di amicizia con Schelling e Hegel, suoi condiscepoli. Studiò Kant, Spinoza, Rousseau. Nel 1793 fu abilitato all’ufficio di pastore, che tuttavia non volle mai esercitare. A quell’anno risale l’entusiastica adesione agli ideali di libertà della rivoluzione francese. Trasferitosi a Jena, seguì le lezioni di Fichte e frequentò Schiller. A Weimar si incontrò con Goethe e Herder. Nel 1796 entrò come precettore dei figli nella casa del banchiere Gontard, a Francoforte, e si innamorò della coetanea...

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